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Nicola Amoruso: “Ho investito nell’immobiliare e nel padel. Ancelotti alla Juve era visto come un nemico”

Nicola Amoruso a Fanpage.it ha ripercorso la sua carriera, partendo dagli esordi con la Sampdoria fino al capolavoro del -15 con la Reggina e passando per l’esperienza alla Juventus.
A cura di Vito Lamorte
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Nicola Amoruso era un attaccante raffinato, dalle finte eleganti e dalla grande intelligenza in area di rigore. Per questo suo modo di giocare passava per uno con poca grinta ma non era affatto così. Era sempre al posto giusto e la sua rapidità di esecuzione era una qualità molto apprezzata dai suoi allenatori. In tanti lo ricordano alla Reggina e alla Juventus, ma Amoruso fece il suo esordio con la Sampdoria di Boskov e dopo poche uscite subito gli cucirono addosso l'etichetta del "predestinato".

Detiene un record molto particolare in condivisione con Marco Borriello: 113 i goal firmati in Serie A con 12 maglie diverse su un totale di 13 squadre rappresentate nel massimo campionato. Una roba da non crederci ma per un girovago del pallone come lui era pura formalità. Amoruso è l'attaccante italiano più prolifico fra quelli che non hanno mai giocato in Nazionale maggiore ma per lui non è un rimpianto: "Io facevo del mio meglio ma la rosa di attaccanti di quel periodo era imbarazzante: tu facevi 15 gol e loro ne facevano 25. A differenza di adesso, allora c’era grande abbondanza. In qualche caso forse avrei meritato la convocazione ma nulla di più. Nessun rimpianto".

A Fanpage.it Nicola Amoruso ha ripercorso la sua carriera, partendo dagli esordi con la Sampdoria fino al capolavoro del -15 con la Reggina e passando per l'esperienza alla Juventus.

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Cosa fa oggi Nicola Amoruso?
"Io ho investito molto nel settore immobiliare e in strutture sportive. Ho anche un centro padel".

A proposito di padel: come mai ha preso così piede tra gli ex calciatori?
"Io sono stato molto precoce in questo, perché lo faccio da molti anni: non è una moda ma piace a molti perché è uno sport bello, completo, divertente, socializzante e ti permette di stare in forma. Ha una serie di caratteristiche che si sposano con quelle del calcio, pur essendo solo in due si creano delle dinamiche carine nella coppia".

Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo avevi intrapreso la carriera da direttore sportivo, o sbaglio?
"Io ho fatto per due anni il responsabile del settore giovanile della Reggina e per qualche mese il direttore sportivo del Palermo. È stata un’esperienza breve ma intensa con il presidente Zamparini. Lì c’era anche Perinetti, quindi eravamo due quasi nello stesso ruolo: alcune scelte non le ho condivise e quindi le strade si sono separate".

A differenza di molti suoi ex compagni si è visto meno come l'opinionista in tv: come mai?
"È capitato qualche volta. Non mi dispiace ma non mi sono mai impegnato abbastanza. Ogni tanto capita di ricevere qualche proposta. Se capita, e ci sono le condizioni giuste, perché no. La critica, se fatta in maniera costruttiva, va bene: poi ci sono modi e modi chiaramente. C’è a chi piace una certa comunicazione e a chi piace una più diretta. È una questione di gusti".

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Non tutti lo ricordano, ma lei esordì in Serie A con la Sampdoria.
"Un periodo bellissimo, perché lì ho fatto tutto il settore giovanile e sono cresciuto nella società di Mantovani che aveva vinto lo Scudetto. L’anno dopo ho esordito in campionato e ho fatto anche gol in Coppa Italia, che quell’anno vincemmo. Io durante il mio percorso avevo il sogno di tornare alla Samp ma non è mai successo: ci sono andato vicino una volta, quando Mazzarri andò a Genova dopo la Reggina ma alla fine non se ne fece nulla. Era un desiderio che non si è mai realizzato quello di tornare a Genova ma chi mi è vicino lo ha sempre saputo. È lì che ho iniziato a sognare e mi sarebbe piaciuto".

Ad un certo punto si presentarono da lei Inter, Milan e Juventus ma scelse questi ultimi: perché?
"Io ero stato in prestito alla Fidelis Andria e speravo di restare a Genova ma quando tornai dal prestito mi ritrovai venduto al Padova. Grazie al mio rendimento arrivarono subito offerte importanti ma scelsi i bianconeri perché ho sempre tifato per la Juve e non era importante se era la società che mi offriva meno. Fu una scelta condivisa con la mia famiglia e fu una grande emozione. Quelli alla Juve furono anni indimenticabili e molti non se lo ricordano ma io e Vieri, l’anno che perdemmo la finale col Borussia, chiudemmo la Champions da capocannonieri con 7 gol. Peccato per quella finale. Quando diventai titolare, togliendo il posto ad Inzaghi, mi infortunai e il recupero si allungò moltissimo".

Con la Juve vinse la Coppa Intercontinentale a Tokyo contro il River Plate: è vero che la sera prima della partita c’è stato il terremoto?
"È vero. Io dormivo in camera con Bobo (Vieri, ndr) e dopo la scossa scendemmo di corsa come eravamo per paura. Tutti preoccupatissimi parlammo con il tipo della reception che si mise a ridere per questa nostra paura".

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Lei che conosce la Juve da dentro e per qualche mese ha vissuto l'era Ancelotti: cosa non ha funzionato con l’ambiente bianconero?
"Non fu ben accolto e veniva visto come un nemico, non c’era un bell’ambiente intorno a lui e alla squadra. Non c’è mai stato feeling fin dal primo momento".

La sua storia, ad un certo punto si intreccia con quella della Reggina e col capolavoro del -15.
"È stata una nuova giovinezza. Con la gente che si è creato subito un bel feeling e posso solo dirti che bene di tutto. Reggio e la Reggina rappresentano per me una tappa importantissima per la mia carriera. Sono stati lì tre anni ma ogni stagione è stata diversa dalle altre. Poi il -15 è stato come vincere lo Scudetto. Le emozioni legate a questa maglia sono tantissime e ancora oggi sento un legame bello e intenso. Per me è stato bellissimo far parte di quella storia".

Non ha mai giocato in Nazionale A ma ha vinto un Europeo con l’Under 21 nel 1996.
"Sì, corretto. Fu una bellissima esperienza. Eravamo molto forti ma nella finale contro la Spagna l’arbitro mi scambiò per Nesta e mi cacciò per un fallo a centrocampo che io non avevo mai fatto".

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Esistono ancora i ‘bomber di provincia' nel 2024?
"Oggi è un calcio completamente diverso, sotto tanti punti di vista. A mio parere si è perso molto dal punto di vista tecnico e sono cambiate anche tante dinamiche di mercato. Non credo ci siano più questo tipo di calciatori“.

Era più difficile fare l’attaccante qualche anno fa in Serie A?
"Adesso gli attaccanti sono avvantaggiati anche dalla tecnologia. Prima ti trattenevano anche in maniera vistosa e a volte non chiamavano nulla. Ora la vita dell’attaccante è più semplice rispetto qualche anno fa. Ai miei tempi c’erano calciatori di grandissima qualità anche nelle squadre medio-piccole e fare risultato non era semplice su quei campi. Ora mi sembra molto più facile perché il divario con le big è troppo ampio".

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