Neymar, Ronaldinho e i calciatori brasiliani nei guai dopo la vittoria di Lula in Brasile
Il calcio, in Brasile, fa politica. Da sempre, da quando Getulio Vargas si impuntò per l'organizzazione del Mondiale dopo le due tappe europee del 1934 e 1938, finendo per legare la sua dittatura al Maracanazo del 1950. Poi c'è stato Socrates con la Democracia Corinthiana e da lì i calciatori hanno finito per fare politica in prima persona. L'ultimo di questi è Neymar, che nei giorni scorsi ha apertamente appoggiato il presidente Bolsonaro nella ricandidatura alla guida del paese.
Non è stato l'unico a farlo, ma nel suo caso, gli interessi personali sembrano aver avuto il sopravvento. Tra accuse e smentite, una cosa è certa: il numero 10 verdeoro, a poche settimane dal Mondiale, deve fare i conti con questioni fiscali che si protraggono da tempo e che negli ultimi anni sono state accantonate. Con la vittoria di Lula alle elezioni, si riapre la partita tra l'Agenzia delle entrate brasiliana e l'attaccante del Paris Saint-Germain.
Neymar, tra guai fiscali e slogan pro Bolsonaro
Le accuse risalgono ormai ad un decennio fa. Da quando, nel 2013, Neymar lasciò il Santos per approdare in Europa, al Barcellona, in un'operazione di mercato sulla quale ancora oggi si cerca di far luce. Sul fronte spagnolo, proprio in questi giorni i pubblici ministeri hanno ritirato ogni tipo di accusa nel procedimento avviato dal fondo d'investimento Dis, che vantava diritti sulla cessione del giocatore al club catalano.
In Brasile, invece, resta di attualità la presunta evasione fiscale, tirata in ballo proprio da Lula in piena campagna elettorale: «Penso che Neymar abbia paura che, se vinco le elezioni, verrà reso noto l'importo che Bolsonaro gli ha condonato per l'imposta sul reddito», è quanto dichiarato dall'ex sindacalista al podcast Flow, pochi giorni prima del ballottaggio che lo ha visto vincere col 50,9% dei voti. Sospetti rispediti al mittente dal padre di Neymar, che ha reso noto il verbale del Consiglio Amministrativo di Appello Tributario risalente al 2017, con cui «si è conclusa la questione».
Eppure, nell'aprile del 2019, si è tenuto un incontro tra Bolsonaro, il padre di Neymar, il ministro dell'economia Paulo Guedes e il segretario straordinario dell'agenzia delle entrate Marcos Cintra. Alla base di questo incontro, vi sarebbero proprio le questioni tra il fuoriclasse brasiliano e il fisco. Nel 2015, Neymar è stato multato per 188 milioni di reais, pari al cambio attuale a poco meno di 36 milioni di euro, con l'accusa di non aver dichiarato gli importi riconosciuti a tre società (NR Sports, N&N Consultoria Esportiva e Empresarial e la N&N Administração de Bens) tra il 2011 e il 2013, ovvero negli anni che hanno preceduto il suo trasferimento al Barcellona.
Nell'appello del 2017, citato dal padre di Neymar nei giorni scorsi, la sanzione è stata ridotta del 95% fino a poco più di 8,7 milioni di reais (oltre 1,6 milioni di euro al cambio attuale), ma la questione è proseguita in sede giudiziaria. Nel novembre 2019, il giudice Roberto da Silva Oliveira ha stabilito l'importo in circa 88,2 milioni di reais (16,7 milioni di euro al cambio attuale, circa 18 al cambio dell'epoca), sanzione poi sospesa nel maggio 2020. Neymar ha depositato la cifra richiesta a garanzia, ma di fatto il procedimento è ancora pendente.
Ronaldinho, Robinho e gli altri calciatori vicini a Bolsonaro
Che siano 16 o che siano 1,6 milioni di euro, la querelle tra Neymar e il fisco brasiliano è ancora in corso e nei festeggiamenti per la vittoria elettorale, alcuni sostenitori di Lula hanno intonato cori contro la stella verdeoro. Che però non è stata certo l'unica ad aver mostrato apprezzamenti per Bolsonaro nel corso della campagna elettorale.
Sui social, si sono schierati apertamente a favore della riconferma del presidente uscente sia Thiago Silva che Felipe Melo, tra i calciatori brasiliani in attività, mentre tra le stelle del passato spiccano i nomi di due Palloni d'Oro come Rivaldo e Ronaldinho. Nel caso di quest'ultimo, Bolsonaro ha disposto il segreto di stato per 100 anni sulle interlocuzioni diplomatiche col Paraguay per la scarcerazione dell'ex fuoriclasse di Barcellona, PSG e Milan, arrestato nel 2020 insieme al fratello per essere entrati nel paese con documenti falsi. I due sono poi stati anche accusati di riciclaggio, ma dopo 171 giorni sono tornati in libertà. Lula, da presidente, ha la facoltà di rimuovere il sigillo su questo e su altri 64 casi secretati.
Ultimo, ma non meno spinoso, l'endorsement di Robinho, altra vecchia conoscenza del calcio brasiliano, che in Italia ha giocato per quattro anni con la maglia del Milan, dal 2010 al 2014. Proprio in questo periodo, nel gennaio 2013, ha abusato di una ragazza albanese insieme ad altre persone, in un locale nel quale la giovane stava festeggiando il compleanno.
Negli scorsi mesi la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 9 anni di reclusione e a febbraio, la Procura di Milano ha fatto richiesta di estradizione con mandato di arresto internazionale. Qui però Bolsonaro c'entra fino a un certo punto: l'ormai ex presidente del Brasile non si è mai esposto sul caso, perché la stessa Costituzione non lo permette. «Nessun brasiliano sarà estradato, ad eccezione del naturalizzato, in caso di reato comune, commesso prima della naturalizzazione, o di comprovato coinvolgimento nel traffico illecito di stupefacenti e affini, a norma di legge». Anche con Lula al Governo, Robinho non dovrebbe essere consegnato alle autorità italiane.