video suggerito
video suggerito

Nessun altro come Eto’o, il calciatore più grande nella storia della sua amata Africa

Samule Eto’o, che oggi compie 40 anni, è per vittorie personali e di squadra, il migliore calciatore africano di sempre. Con il Barcellona ha vinto tutto, ripetendosi poi con l’Inter di Mourinho, allenatore odiato e poi amato alla follia. Da calciatore ha sempre fatto sentire la sua voce nei riguardi dell’Africa, suo luogo del cuore e vero e proprio stato mentale che non bisogna mai abbandonare.
A cura di Jvan Sica
49 CONDIVISIONI
Immagine

Per una serie di circostanze a lui sfavorevoli (da un punto di vista dell’immaginario collettivo sia ben inteso, perché in quanto a stipendio e benessere il fatto di essere passato all’Anži Machačkala a soli 30 anni non gli ha fatto male), Samuel Eto’o sembra già un calciatore di cui abbiamo voltato tutte le pagine, fin quasi a dimenticarne la carriera e lo status fino a un decennio fa. Senza che nessuno possa criticare la prossima affermazione, Eto’o è invece il miglior calciatore africano della storia e a dirlo sono i successi personali (4 Palloni d’oro africani nell’epoca in cui c’erano anche i vari Drogba, Touré e Adebayor all’apice della forma), nelle squadre di club (3 Champions League, 4 campionati), ma forse in maniera determinante anche i successi con la Nazionale con cui ha vinto due Coppe d’Africa e l’oro olimpico a Sydney 2000.

Nessun calciatore proveniente dall’Africa poi ha pesato così tanto in una squadra di alto livello prima di lui. Il Barcellona prima e con Messi aveva Eto’o come riferimento fondamentale per l’attacco e stiamo parlando di una squadra che nei suoi anni aveva Ronaldinho, Messi appunto, Deco, Henry, Pedro. Era così determinante che a spendere parole per lui è stato Ronaldo il Fenomeno, che lo ha descritto con questa frase:

"Non c'è nessuno che ha vinto come Eto'o, nessuno che sa vincere le partite che contano come Eto'o".

Per capire il calciatore Eto’o e iniziare a parlare anche dell’uomo, una storia straordinaria che lo riguarda è stata vissuta in Italia. Mourinho che allenava il Chelsea ha affrontato diverse volte il Barcellona di Eto’o. I due sono arrivati a odiarsi, e in una partita a Stamford Bridge se le sono dette in faccia di santa ragione. Il camerunense disse che non avrebbe mai giocato in una squadra allenata da Mou.

Il caso o dio, come Eto’o ha definito Moratti una volta lasciato l’Inter, hanno voluto che i due si incontrassero nella stagione del riscatto totale per entrambi. Sarà per questa fame che li divorava e che volevano rivolgere soprattutto nei confronti della loro grande Madre, ovvero il Barcellona, che iniziarono molto presto a intendersi e rispettarsi, conoscendosi a vicenda. È lo stesso Eto’o che lo spiega perfettamente:

(Parlando di José Mourinho) "Le persone che lo conoscono sanno che è davvero speciale, non come lo dipingono gli altri. È uno dei più grandi allenatori, lo ringrazio perché mi ha dato la possibilità di discutere con lui delle questioni tecniche, senza filtri. È la cosa più bella che mi ha regalato".

Mourinho dovette prima acquistare questa enorme stima nei confronti dell’attaccante, perché quello che appena dopo gli chiese era davvero forte. Eto’o doveva lasciare l’area di rigore, anzi lasciare del tutto il centro dell’attacco, per fare un lavoro sfiancante fra centrocampo e attacco sulla zona destra di campo. Un principe come Eto’o non avrebbe mai accettato se non mosso da quella voglia di rivalsa e stima enorme nei confronti del suo nuovo allenatore. E l’Eto’o di quell’anno fu strepitoso, con la partita senza senso del Camp Nou a decretarne la grandezza.

Immagine

Un’altra cosa importante che abbiamo quasi completamente dimenticato riguardante Eto’o è il fatto che con la forza di un boato per la prima volta assordante ha messo sul piatto la sua più pura e rivendicata africanità e le difficoltà che questo spesso creava in Europa. Di se stesso, del suo essere africano e della sua voglia di non annacquare la sua identità per il piacere degli europei ci ha lasciato frasi su cui riflettere:

“Correrò come un negro per guadagnare come un bianco”.

Sottolineando come per arrivare a determinati risultati gli Eto’o del mondo devono correre il doppio. O anche:

“Io lavoro in Europa, ma sogno in Africa”.

Come a voler indicare radici profonde che nessun’altra cultura, per quanto inglobante e massificante sa estirpare. La sua idea di Africa non guarda per forza di cose all’Occidente per crescere. Ha spesso poi detto:

“L’Africa è uno stato mentale”.

E questo vuol dire che non ci si deve e forse non ci si può mai davvero allontanare dal luogo che ti ha fatto la persona che sei. Oggi, a più di un anno dal suo addio al calcio, Samuel Eto’o sembra ancora più nascosto e dimenticato. Probabile però che torni, magari con compiti dirigenziali di altissimo livello anche perché, tra tanti calciatori africani che oggi furoreggiano nei più importanti campionati europei, manca una voce che parli con passione e verità di Africa, come quella che per tanti anni ci ha fatto sentire Eto’o.

49 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views