Nella rissa tra Atletico Madrid e Manchester City spunta un italiano: è tra i più scalmanati
La Uefa ha acquisito tutti i filmati. Il turbolento post match di Champions giocato al Wanda Metropolitano avrà una coda disciplinare, quale sarà la gravità dei provvedimenti presi nei confronti di calciatori e altri tesserati – coinvolti in vario modo nella rissa – dipenderà dal metro di giudizio: se il criterio di fondo sarà "tolleranza zero" allora sarà altrettanto alto il rischio di vedere sanzioni pesanti quanto a multe e squalifiche; se le valutazioni terranno conto (anche) della trance agonistica e dell'adrenalina che in quei momenti oscura la ragione, è possibile che lo spettro delle attenuanti sia più ampio. Ma il fatto che i delegati della Federazione abbiano richiesto l'intervento degli agenti per riportare la calma lascia intendere già quale potrà essere il tenore del rapporto che arriverà sul tavolo della commissione.
A giudicare da quel che s'è visto, lo spettacolo offerto da Atletico Madrid e Manchester City è stato davvero deprimente. Gladiatorio, per il richiamo a "sangue e arena" che accende l'attenzione del pubblico, ma biasimevole per il brutto esempio in diretta tv. È successo di tutto in quei momenti in cui il sangue caldo, l'istinto e le reazioni d'impulso hanno preso il sopravvento.
Il terreno di gioco, l'imbocco del tunnel, la scalinata che conduce agli spogliatoi sono i tre set che hanno fato da sfondo a quella scena da saloon ripresa da ogni angolazione dalle telecamere fissate nei diversi punti dello stadio madrileno. Dal calcione di Felipe a Foden fino al faccia a faccia tra Savic e Grealish (preso di mira e strattonato per i capelli) compresi le scintille tra De Paul e Guardiola oppure il corpo a corpo solo sfiorato tra Carson e Vrsaljko. "Ti aspetto dopo, ci vediamo dentro", sembra dirgli l'inglese considerando i gesti e le occhiatacce rivolte all'ex calciatore del Sassuolo, trattenuto a fatica dai compagni.
Nella bagarre di mercoledì sera è accaduto anche dell'altro, tra i protagonisti di quegli attimi di tensione c'è stato anche un dirigente italiano. È Andrea Berta, sulla carta direttore sportivo dei colchoneros ma è una definizione più stretta rispetto alle capacità manageriali e all'influenza dell'uomo che a Madrid è arrivato nel 2013, lavorando fianco a fianco con Simeone e costruendo pezzo dopo pezzo la squadra che s'è fatta largo nella Liga come in Europa. La sua figura compare in un video circolato su Youtube che mostra immagini ravvicinate, registrate da un punto di osservazione perfetto per riprendere da vicino la scena.
Sono tre i fotogrammi chiave che riguardano Berta. Nel primo la sua sagoma (è l'uomo che indossa una giacca nera) si fa strada nel parapiglia per avvicinarsi al punto più caldo del "faccia a faccia" tra giocatori. Dice qualcosa a un membro dello staff del City poi resta ancora per qualche attimo nei paraggi e affronta un membro dello staff del Manchester: i due si mormorano qualcosa poi il dirigente dell'Atletico gli dà una manata sul viso. Vengono separati ma la questione non finisce lì. L'inglese reagisce e gli intima che avrebbero regolate le cose da un'altra parte.
Poco dopo, nei pressi del tunnel, c'è un nuovo contatto. Berta e il medico non arrivano mai muso a muso – a dividerli come si nota dalle foto e dalla sequenza videoclip ci sono steward, guardie e altri tesserati – ma (almeno a parole) se le danno di santa ragione. È finita? No. Mentre quel vespaio percorre le scale c'è il terzo atto di quella ridda di urla e spintoni. In mezzo ci capita ancora una volta Berta: è lui che interviene a difendere un calciatore dell'Atletico Madrid (Vrsaljko) e ad allontanare con decisione un addetto alla sicurezza, raccomandandogli di "stare calmo" (come si evince anche dai gesti). La dissolvenza lo porta fuori dal raggio d'azione degli obiettivi. Può bastare.
Chi è Andrea Berta, il dirigente italiano dell'Atletico Madrid
Bresciano, 50enne, ex calciatore ed ex bancario Andrea Berta è uno degli uomini chiave dell'Atletico, il manager che ha fatto grande il club sotto l'altra metà del cielo di Madrid. L'esperienza in Spagna rappresenta il culmine di una carriera iniziata da osservatore del Carpenedolo. La svolta, il primo salto di qualità arriva nel 2007 quando il Parma gli affida l'incarico di direttore sportivo. In Italia resterà ancora per qualche anno transitando anche per il Genoa di Preziosi poi dirà sì (2013) alla proposta dei colchoneros entrando in una nuova dimensione. Sarà prima direttore tecnico e poi diverrà direttore sportivo tessendo la trama di contatti, aggiungendo tutte le tessere dei mosaico alla squadra disegnata lavorando a stretto contatto con Simeone.
È sotto la sua gestione che sono ingaggiati giocatori del calibro di Oblak, Gimenez, Griezmann, Rodri, Angel Correa, Marcos Llorente e Joao Felix. I risultati del campo premiano la bontà del progetto (e del suo lavoro): 2 Liga, 3 Europa League, 3 Supercoppe europee, 1 Supercoppa spagnola e 1 Coppa del Re sono i trofei messi in bacheca. Non c'è la Champions ma non è andata male, anzi… i colchoneros hanno raggiunto la finale di Champions League per due, sia nel 2014 a Lisbona sia nel 2016 a Milano. Peccato che i migliori vadano sempre all'estero.