Nedo Sonetti: “Hubner si chiudeva in bagno, io bussavo: basta con quelle bombe. Oggi coltivo la lirica”
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Nedo Sonetti ha smesso di allenare 15 anni fa, nel 2010, chiudendo al Vicenza una carriera di allenatore lunghissima, durata più di 35 anni, dopo che da calciatore era stato un arcigno difensore. L'addio al calcio è stato definitivo nel 2015, dopo una breve parentesi da direttore sportivo del Pavia, e oggi a 84 anni appena compiuti il toscano di Piombino si gode una serena pensione: "Come passo le mie giornate? Vivo a Prato. Continuo a coltivare la mia passione, che è la lirica. Una volta andavo spesso alla Scala o all'Arena, sono un pucciniano. Con i miei due figli, che mi hanno regalato quattro nipotini, abbiamo aperto lo Sporting Club: calcetto, beachvolley, beach tennis. Volevo costruire un campo da padel ma il Comune non me lo fa fare. Non mi va giù".

Sonetti e Hubner chiuso in bagno a fumare nell'intervallo delle partite
Nedo ne ha visti tanti di fuoriclasse e di situazioni da ricordare, due giocatori gli sono rimasti impressi per ragioni diverse, Roberto Donadoni e Dario Hubner: "Il più talentuoso che ho allenato è stato Donadoni, fuoriclasse di livello mondiale. Mi sono divertito molto con Hubner. A Brescia, durante l'intervallo, si chiudeva in bagno a fumare. Io bussavo e gli dicevo: Darione, basta con quelle bombe". Il vizio del fumo del resto non è stato mai un segreto per il bomber di Muggia, schietto come pochi sul tema quando diceva che "gli altri non si facevano vedere ma mi sembrava ridicolo mettersi dietro l'albero per accendere una sigaretta, a 30 anni non è normale".

Nella chiacchierata con la Gazzetta dello Sport, Sonetti rivendica quanto ottenuto in panchina, ben sette promozioni totali: "Mi chiamavano, andavo, sistemavo le cose. Ero concreto, rapido nel capire cosa funzionava e cosa no, avevo una certa idea di calcio. E quasi sempre raggiungevo l'obiettivo. Cinque promozioni dalla B alla A, con Atalanta, Udinese, Ascoli, Lecce e Brescia; una dalla C1 alla B con la Sambenedettese, un'altra dalla C2 alla C1 con il Cosenza. Sette in totale. E tante salvezze. È stato un bel vivere. La ‘belvaggine'? Era il mio modo di intendere il calcio. Aggressivo, ma corretto. Un'aggressività positiva, che ti spinge a dare il meglio di te. Nella vita come nel calcio ci vuole coraggio".

"Oggi quando vedo le squadre che fanno possesso palla col portiere sono così incazzato che spengo la TV"
Sonetti si è portato attaccato addosso per una vita il soprannome di ‘sergente di ferro', qualcosa che non lo rispecchia, così come quello che vede nel calcio di oggi: "Bisogna guardare la sostanza. Mi aggiornavo, imparavo da tanti colleghi. Che qualità mi riconosco? Entravo nelle teste dei giocatori. Per fare l'allenatore bisogna essere un po' psicologi, e io la psicologia l'ho studiata bene e a lungo. Oggi, quando vedo in TV una squadra che fa il possesso palla con il tic-toc con il portiere, sono così incazzato che spengo e mi alzo dal divano. Mi spiegate dove sono tutti questi vantaggi? Poi prendono gol assurdi e uno dice: colpa del portiere. Macché colpa del portiere, la colpa è di quelli che lo mettono in condizione di sbagliare".