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Nakata oggi è un imprenditore anomalo: è diventato “Signore del Sake”, ma non ci guadagna niente

Hidetoshi Nakata ha ricevuto il certificato di “Master of Sake” e l’anno successivo ha creato un’applicazione avveniristica, la “Sakenomy”, sviluppando una vera e propria Sake Block Chain mondiale: “Quanto ho guadagnato? Nulla. Non lo faccio per soldi, ma perché mi piace farlo”.
A cura di Alessio Pediglieri
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Hidetoshi Nakata ha cambiato totalmente vita da quando nel 2006 decise di salutare il mondo del calcio, ritirandosi e dedicandosi a tutt'altro. Così, oggi, a oltre 15 anni di distanza, l'ex nazionale giapponese che ha dedicato quasi la sua intera carriera da sportivo in Italia (dal Perugia alla Fiorentina passando per Roma, Bologna e Parma) è uno stimato e innovativo imprenditore in un settore molto particolare: la distribuzione del sake. Non a caso, in patria ha ricevuto il titolo di "Master of Sake", ideando una applicazione unica al mondo, "Sakenomy" frutto di un lungo studio sul campo, che ha prodotto una futuristica Sake Block Chain internazionale.

Ragazzo di enorme intelligenza, dentro e fuori i campi di calcio, Nakata si è confermato un personaggio fedele al suo modo di vedere e vivere il mondo che lo circonda: professionista impeccabile con le scarpette ai piedi, oggi è un imprenditore che non lascia nulla al caso, costruendo dal nulla un vero e proprio impero, bastato sul lavoro, lo studio e il sacrificio. Il mondo del sake, la tradizionale bevanda giapponese, è il business cui si è dedicato anima e corpo subito dopo l'addio al pallone, ma non è la sola attività cui si è rivolto.

Hidetoshi Nakata ha preso una strada inconsueta, in cui ha evitato qualsiasi sfruttamento della sua notorietà per fare affari, costruita da una fortissima motivazione di fondo che lo ha riportato alla riscoperta della sua terra: "Ho lasciato il Giappone a 21 anni per giocare a calcio, sognando la vita fuori dal Giappone senza capire quale fosse la mia cultura. Ovunque fossi, le persone mi chiedevano della cultura giapponese ma molto spesso non potevo rispondere alle loro domande. E questo fu molto frustrante". Da qui, la molla che ha lanciato Nakata in un mondo imprenditoriale tutto da scoprire.

Dal 2006, l'anno dell'addio al calcio, si è messo subito a studiare e a viaggiare, in lungo e in largo nel Giappone, alla riscoperta delle proprie radici e delle tradizioni più profonde. Un periodo sabbatico durato quasi una decina d'anni, che lo ha spinto a diventare anche ambasciatore degli artigiani giapponesi, ma soprattutto venire ispirato dalla produzione di sake. Tra le tante scoperte durante il suo viaggio, il sake giapponese ha particolarmente attirato la sua attenzione e ha visitato oltre 400 produttori in totale, ovvero circa il 40% del totale dei birrifici operativi.

"Ci sono prodotti artigianali e agricoli straordinari in tutto il Giappone, ma sono rimasto particolarmente affascinato dall’unicità del sake. È tipicamente giapponese, prodotto con lo stampo nazionale giapponese koji negli ultimi 2000 anni. Pensavo che il sakè meritasse molta più attenzione a livello globale". Da lì a poco l'idea rivoluzionaria: una applicazione – unica al mondo – per la diffusione e il consumo della bevanda tradizionale giapponese che potesse travalicare i confini nazionali e diffondere il sake e la sua cultura.

Nel 2014, Nakata così ha ricevuto il titolo di ‘Master of Sake‘ certificato e nel 2015, ha fondato la Japan Craft Sake Company lanciando anche un suo sake su misura, il "N di Hidetoshi Nakata" e poi, l'ultima intuizione: ha creato Sakenomy, un'app per sakè. "L'applicazione aiuti i consumatori ad approfondire il loro interesse per il sake e li porta a un ulteriore consumo di sake. Se i tradizionali birrifici di sakè iniziassero a includere costi aggiuntivi come PR e marketing, proprio come qualsiasi altro prodotto di bevande alcoliche ad alto marchio all'estero, l'industria potrebbe rilanciarsi finanziariamente".

Sakenomy è stata accolta con successo sia in Giappone sia a livello internazionale, e ha raggiunto oltre 14.000 download nei soli due giorni successivi al suo lancio, affermandosi nel panorama delle app oggi più apprezzate. Il nome “Sakenomy” deriva da “gastronomy”, ossia la pratica o arte di scegliere, cucinare e mangiare buon cibo. L'obiettivo è creare un universo parallelo, tra gli amanti, produttori e nuovi avventori costruendo una rete sempre più capillare.

Così, la rivoluzionaria app ha prodotto una inedita idea di "Sake Block Chain" che utilizza per la prima volta al mondo precisi algoritmi atti a selezionare le migliori produzioni da offrire ai propri clienti. A spiegarlo è lo stesso Nakata: "Tutti questi dati diventano uno strumento di marketing efficace per valutare la strategia del birrificio e pianificare, ad esempio, quale tipo di sake e quanto produrne" ha svelato in una recente intervista a Forbes. "Coltiviamo una rete affidabile di questi distributori e li trattiamo come nostri partner commerciali e forniamo loro supporto per il marketing e il branding".

Ma quanto sta guadagnando Nakata da questa iniziativa imprenditoriale unica al mondo? La risposta è sorprendente e la fornisce lo stesso ex centrocampista: "Ho dedicato più di 10 anni a trovare differenti modi per sostenere l’industria del sake. E non ho guadagnato niente. Lo faccio solamente perché mi piace farlo. Semplicemente non mi sembra giusto fare qualcosa semplicemente per fare soldi o per la reputazione".

Hidetoshi Nakata e Giorgio Damiani con alcuni gioielli per la collezione "Metropolitan Dream by H. Nakata"
Hidetoshi Nakata e Giorgio Damiani con alcuni gioielli per la collezione "Metropolitan Dream by H. Nakata"

Un pensiero che ha accompagnato Nakata anche in altre iniziative collaterali come la creazione di una linea di gioielli con Giorgio Damiani con cui, non a caso, ha lanciato una collezione lo scorso anno a sfondo benefico, la "Metropolitan Dream by H. Nakata". Parte del ricavato delle vendite della collezione è stato donato a "Home for All", un progetto in Giappone realizzato nel 2011 dai più celebri architetti giapponesi con l’obiettivo di trovare il modo di aiutare le vittime dei terremoti. Fuori dal Giappone i ricavi hanno invece supportato il "Clean Water Project", un progetto umanitario che Giorgio Damiani sostiene da sempre, per costruire pozzi di acqua pulita in Africa.

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