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Nainggolan a Fanpage: “Ho pagato per tutte le ca**ate fatte. E a Lukaku l’avevo detto…”

Radja Nainggolan, oggi all’Anversa, ritorna sulla sua esperienza di oltre 15 anni nel nostro campionato. Come d’abitudine sincero e senza filtri: dai trascorsi alla Roma all’esperienza all’Inter, fino alle nazionali di Belgio e Italia.
A cura di Antonio Moschella
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Dopo il suo approdo in Italia nell’estate del 2005, Radja Nainggolan sta vivendo la sua prima stagione da calciatore professionista nel suo Belgio natale, a 33 anni. L’ex centrocampista di Piacenza, Cagliari, Roma e Inter parla a Fanpage.it del suo ritorno in patria, in quell’Anversa che lo ha visto nascere e poi crescere come ragazzo e calciatore in un contesto multiculturale. Sempre schietto e mai banale, il belga dimostra di seguire con assiduità le vicende del campionato italiano, dove si è formato come calciatore d’élite, e dice la sua anche sul suo ex compagno Lukaku e sull’ultima possibilità della grande generazione del Belgio per far bene al prossimo mondiale.

Sei tornato in Belgio dopo 17 anni in Italia. Come stai vivendo questo momento?
"Anche per me è curioso. Sono stato più tempo della mia vita in Italia che in Belgio. Per il momento l’esperienza è positiva. La quotidianità dell’Italia però mi manca, anche perché lì sono cresciuto e sono diventato uomo. Ora sto vivendo da adulto nella città dove sono stato bambino".

È cambiato qualcosa nella tua città natale, Anversa?
"No, anche adesso vedo le stesse scene di quando ero piccolo. C’è anche l’impressione che in un quartiere come il mio, un po’ difficile, chi non prende la strada giusta può prendere facilmente quella sbagliata. Sapendo che nel mio quartiere che ci sono tanti ragazzini che mi guardano con ammirazione posso aiutarli a prendere la strada giusta".

Quindi fai anche un po’ vita di quartiere.
"Ho una certa influenza sui ragazzini, e provo a dar loro i consigli giusti per poter evitare loro i problemi".

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Com’è stato il tuo adattamento in Italia?
"È stato difficile all’inizio, avendo 16/17 anni. Ho iniziato nella primavera del Piacenza e non sapevo se sarei diventato calciatore. Però è stata un’esperienza di vita che oggi posso trasmettere ai giovani calciatori belgi, e sono contento di essere qui perché ci sono tanti talenti che vanno valorizzati e voglio dare una mano sotto questo aspetto".

Alla fine sì che sei diventato calciatore…
"Ho avuto una carriera importante, ma a livello umano ho sempre vissuto come una persona normale. Ad alcuni potrebbe sembrare arrogante e ad altri onesto, mentre ad alcuni posso star simpatico e ad altri stare sul ca**o per i soldi che ho guadagnato, perché mi piacciono le belle macchine e i bei vestiti, ma purtroppo in molti si limitano alle apparenze".

Le critiche verbali verso alcuni tuoi comportamenti erano pura ipocrisia, anche perché sei sempre sceso in campo dando tutto.
"E non ho mai saltato neanche un allenamento. Poi per quanto riguarda alcuni video si tratta di ca**ate di percorso. Gli sfottò tra le tifoserie ci stanno, così come le provocazioni. Magari il video di capodanno è stato un errore banale, ma ero a casa mia. Se sto a casa non va bene, se sto in discoteca non va bene… Quindi non si può fare niente? Però giustamente ho sbagliato a dire certe cose, ma ho pagato per quanto fatto e vado avanti".

Poi, in fin dei conti, le tue prestazioni non ne hanno mai risentito.
"A Roma c’è stata la luce più splendente della mia carriera. È lì che ho sentito le emozioni più forti. A livello umano è stato pesante andar via perché ero molto affezionato alla piazza. Nella vita vanno fatte delle scelte, anche se col senno di poi penso sia stata la scelta sbagliata perché avevo costruito un gran rapporto con Roma. All’Inter è iniziata bene ma finita male, ma non sono uno che racconta ca**ate, e se in quel momento mi andava di dire qualcosa l’ho detto perché intendevo farlo".

In nerazzurro sei passato da Spalletti, con il quale a Roma avevi avuto un rendimento da centrocampista top europeo, a Conte, con il quale non è andata bene.
"Con Conte non ho avuto alcun problema. Ho lavorato cercando di ricavarmi il mio spazio e lui ha fatto altre scelte, che rispetto. È facile dire ‘Non gioco, l’allenatore non è bravo’. Per me Conte è un allenatore importante, e non per niente ha riportato lo Scudetto a Milano. Io poi ho fatto una scelta tornando a Cagliari, dove mi sono sempre sentito a casa. E dopo il mio ritorno alla fine del girone d’andata eravamo terzi, anche se poi non abbiamo retto".

Allegri, Spalletti, Rudi Garcia, Conte. Hai avuto molti allenatori importanti.
"Per me ogni allenatore ti dà qualcosa. Ho avuto anche Pioli e Iachini, che per me preparava benissimo le partite, forse un po’ all’antica… Di base credo che finché tu impari qualcosa di nuovo ogni allenatore è importante".

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Nell’ultimo match di cartello si sono sfidate il Napoli del ‘tuo’ Spalletti e la tua Roma.
"Credo che la Roma abbia meritato il pareggio. È stata una partita giocata alla pari dove il Napoli è andato in vantaggio per un rigore un po’ stupido, visto che non credo che Lozano potesse far gol da lì, ma nella quale poi la Roma si è ripresa e ha portato a casa il suo punto in maniera meritata".

La corsa Scudetto del Napoli è compromessa?
"Credo che quest’anno avrebbe potuto davvero vincere lo Scudetto. Però adesso ha pareggiato con la Roma, il tutto dopo aver perso tante partite in casa in maniera infelice. Dopo il pareggio con la Roma è più difficile".

Vincere a Napoli è difficile come a Roma?
"Sono due piazze molto simili, due piazze talmente passionali dove le aspettative sono enormi e dovrebbero sognare in silenzio. Servirebbe un maggiore equilibrio. Perché poi la passione è troppo pesante. Poi io ad esempio accettavo le battute e ridevo, ma altri giocatori invece no".

Nel 2014 preferisti la Roma al Napoli per una questione meramente economica?
"Non solo per una questione economica. Sai come funziona, quando sei molto legato a una piazza ovviamente qualcosa ti condiziona. Parliamoci chiaro, sia Napoli sia Roma sono due piazze bellissime, sono le più importanti a livello di tifo in Italia. Ho pensato fosse più giusto andare alla Roma per rispetto ai tifosi del Cagliari".

Al Napoli ha fatto la storia il tuo compatriota Mertens. Si sta discutendo del fatto che meriti o no un ulteriore rinnovo…
"Per me uno come lui merita di decidere personalmente quando andar via da Napoli. Un ragazzo del Belgio arrivato come esterno come riserva di Insigne e che poi si è guadagnato il posto da titolare diventando anche capocannoniere storico… Mertens ha ottenuto tanto rispetto soprattutto da parte dei tifosi, ed è per questo che gli si dovrebbe permettere di continuare a vestire l’azzurro".

Alla Roma con Spalletti hai vissuto la miglior stagione della tua vita a livello realizzativo giocando praticamente dietro la punta.
"Sì, diciamo che Spalletti era abituato a giocare con un trequartista alla Totti, mentre oggi lo fa con Zielinski, che ha molta più qualità di me. Con me era diverso perché in quel caso ero il primo a fare pressing insieme al centravanti. Quell’anno abbiamo registrato il miglior punteggio della Roma  in Serie A, quindi male non è andata…".

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In quel periodo ti sei sentito il centrocampista più forte del campionato?
"Avevo una concorrenza importante. C’erano giocatori come Pjanic, Hamsik, e gli stessi De Rossi e Strootman, che giocavano con me. Poi per i gol Hamsik era impressionante, faceva 15 gol a stagione, si inseriva meglio di me e batteva anche i rigori. Io con Totti e De Rossi quando li battevo? (Ride). Io ho sempre detto di essere un giocatore diverso perché facevo giocare meglio gli altri, lavoro per far uscire il meglio dagli altri. Per me la cosa più importante è sempre la squadra".

Incredibile che quella Roma non abbia vinto nulla…
"Se quella Roma lì avesse rivaleggiato contro la Juve di oggi ce la saremmo potuta anche giocare. Ma in quegli anni la Juve era imbattibile. Oggi è ancora forte, ma in quegli anni era devastante".

Una delle tue migliori qualità era il tiro. Hai mai fatto a gara con Totti in allenamento?
(Ride). "Qualche volta potevi anche vincerne qualcuna, ma poi alla fine il gol più bello lo faceva sempre lui. Francesco ha una tecnica di tiro che ancora oggi fa impressione, come vediamo in alcuni video di quando gioca a calciotto, tira certe mine da metà campo… Il tiro gli rimarrà sempre. La differenza tra me e lui è che lui aveva un talento innato per la conclusione, io ho sviluppato il mio talentino col tempo".

Il tuo gol più bello è stato quello contro il Galles all’Euro 2016?
"Quello è stato un bel gol perché ho calciato di prima, ma porto nel cuore anche quello fatto con il Cagliari alla Spal: fu un’esecuzione più difficile, perché era di contro balzo".

Ora vivi in Belgio, ma è da molto che hai lasciato la nazionale.
"È stato l’attuale tecnico Robert Martinez a farmi capire che non ci fosse posto per me. E con una scusa assolutamente fuori luogo. Venne a trovarmi dopo la fine della stagione 2017-18, prima dei mondiali, per dirmi che non mi poteva far giocare come giocavo nella Roma, a ridosso delle punte. Ma io avrei giocato ovunque, o sarei andato anche in panchina, perché onestamente un posto tra i 26 convocati al mondiale lo meritavo. Per questo poi ho deciso di smettere".

Riassumendo, ai mondiali del 2014 non andasti perché non giocavi in una grande e ai successivi per una questione comportamentale?
"Esattamente. Poi va detto che Martinez guardava troppo al comportamento fuori dal campo e mi ha lasciato fuori. E in quella stagione avevo giocato le semifinali di Champions".

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Il precedente selezionatore, Marc Wilmots, è stato un tuo grande ammiratore.
"Però si è prima mangiato le mani, perché all’inizio non mi voleva neanche lui. Poi, dopo avermi provato, non mi ha più tolto. In quel caso è stata la prima volta che ho dovuto far ricredere un allenatore sul mio conto.  E con molto piacere, perché per me la nazionale ha sempre contato molto. Penso, infatti, che questa generazione avrebbe dovuto vincere qualcosa…".

Prima dei mancati mondiali, però, era arrivata la storica rimonta contro il Barcellona.
"Ancora oggi mi vengono i brividi a rivederla, per il tifo, lo stadio, i colori che c’erano. Il rimpianto è relativo al match di andata delle semifinali a Liverpool, quando abbiamo perso 5-2 e compromesso l’eliminatoria. Che poi uscire col Liverpool ci può anche stare, però con il VAR sarebbe stato fischiato il mani in area di Alexander-Arnold, rosso e rigore. Al ritorno vincemmo anche 4-2 ma era stato all’andata che si era messa male".

Come giudichi l’eliminazione dell’Italia dai mondiali?
"All’Europeo è stata la squadra che ha voluto vincere più delle altre. Chiellini ha trasmesso la sua mentalità vincente a tutti. Poi, quando pensi di essere sicuro di passare contro una squadra piccola come la Macedonia… te la prendi in c**o. La Macedonia si è difesa tutta la partita e poi tirano una volta e fanno gol. Hai voglia a dire che hai fatto trenta tiri in porta, con le statistiche non ci fai un ca**o. Devi far gol".

Come vedi il tuo Belgio al mondiale?
"È l’ultima grande occasione di questa generazione. Perché gente come De Bruyne e Hazard ha già 31 anni".

Cosa pensi, invece, del tuo connazionale Lukaku, che sta vivendo un periodo buio al Chelsea dopo essere stato grandissimo all’Inter?
"Io gliel’ho sempre detto. Per me all’Inter era l’attaccante più forte al mondo perché c’erano un sistema di gioco, un allenatore e una squadra fatti per lui. Il suo sogno era di sfondare al Chelsea, è la terza volta che ci va e ha fatto la stessa fine. Io penso che se fosse rimasto all’Inter poteva essere il miglior attaccante al mondo per 4-5 anni ancora. E glielo dico ancora perché è quello che penso".

A bruciapelo. Chi vince lo Scudetto in Italia?
"Penso quella che ha la pressione di farlo, ossia l’Inter. È la squadra più completa e con la rosa più lunga".

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