Mourinho scoppia in lacrime sotto la curva della Roma: alla domanda sul futuro risponde sincero
José Mourinho va sotto la curva dei tifosi della Roma e li ringrazia per il sostegno ricevuto. Ha le lacrime agli occhi, la tensione di una finale così lunga con il Siviglia si scioglie in quel cenno di sincera commozione. Avrebbe voluto regalare anche a loro il secondo trofeo europeo consecutivo dopo la Conference: non c'è riuscito perché il vento ha girato dall'altra parte.
Ha un cerimoniale apposta per sé: si fa dare la medaglia prima, la stringe in pugno poi va verso la tribuna, vede un ragazzo e gliela consegna nello stupore generale. Perché? Tiene solo quelle del primo posto, dice. E questa al collo peserebbe anche di più, come una pietra messa apposta sul cuore.
Il tecnico portoghese ha perfino reso omaggio ai sostenitori andalusi: nel giro di campo c'è stato spazio anche per un saluto a chi, a suo modo, è stato protagonista di quella battaglia epica. Lo Special One ha abbracciato tutti i suoi calciatori. Uno alla volta, li ha stretti tutti a sé. A cominciare da Paulo Dybala, distrutto per l'amarezza. Ha guardato tutti negli occhi poi li ha radunati intorno a cerchio e ha fatto loro un discorso motivazionale da allenatore che sa di trovarsi di fronte a un gruppo che (gli) ha dato tutto.
"Ho vinto cinque finali prima di queste ma dopo questa esco dal campo orgoglioso come se l'avessi vinta". È una delle frasi che ha detto ai calciatori. Poi si abbandona al commento del match: "O uscivamo con la coppa o uscivamo morti. Siamo morti fisicamente e mentalmente. Il risultato è ingiusto, con tanti episodi di cui parlare. L'arbitro sembrava spagnolo. Tantissimi gialli per noi, Lamela doveva prendere il secondo giallo e invece poi ha calciato il rigore".
La sconfitta dal dischetto fa male davvero. Perdere in questo modo è durissimo. Ma lo stress e l'epilogo crudele di una gara come quella di Budapest segnano anche una linea spartiacque. Il futuro è oggi e lui ne parla in maniera molto sincera, tanto nelle interviste in diretta quanto nella conferenza. "Vado in vacanza lunedì, se fino a lunedì abbiamo tempo di parlare lo faremo, altrimenti si vedrà. In questo momento ho un anno di contratto e la situazione è questa. Ma devo parlare con la proprietà e in questo momento non posso dire ancora che rimango".
Perché? Quali sono le perplessità che lo agitano? Lo spiega ribandendo un concetto che vale un attacco diretto alla società. La sintesi è: io e i miei ragazzi meritiamo di più e di meglio. "Voglio restare e nella condizione di poter dare anche di più, lottare per qualcosa in più. La prossima stagione non giochiamo la Champions ed è una buona notizia. Sono stanco di essere allenatore, uomo di comunicazione, la faccia che dice siamo stati rubati. Sono un po' stanco di essere tanto".