Mourinho piange in preda alle emozioni: il segreto di un vincente nella scena nascosta alle TV
Josè Mourinho, lo "Special One" che ha ritrovato se stesso e la sua umanità nella notte più lunga e difficile da quando ha sposato la causa della Roma. Giovedì, allo scoccare del 90′ minuto, con l'1-0 decretato da Abraham e il Leicester battuto, il tecnico portoghese ha compiuto una delle sue imprese più grandi: portare fino alla finale di Tirana di Conference League, una squadra, una società, un ambiente che non accarezzava questa gioia da oltre 30 anni. E le emozioni che lo hanno pervaso a bordo campo sono fuoriuscite straordinariamente sincere a tal punto da sorprendere lo stesso Mourinho, da sempre abilissimo ad orchestrare tutto, calcolando i minimi dettagli.
"Empatia", "la famiglia", "unità". Sono state alcune delle parole che nel dopopartita ripeterà ai microfoni in diretta televisiva, visibilmente scosso, stravolto, sfinito. Come se anche lui fosse sceso in campo a disputare la semifinale di ritorno, insieme ai suoi giocatori e a quei "70 mila cuori" che hanno battuto all'unisono per 90 minuti, come lo stesso Mou aveva chiesto e ottenuto, in una delle più suggestive cornici degli ultimi tempi in campo europeo. Merito suo, della sua determinazione e voglia di centrare il risultato, oltre tutto e tutti, trascinando da condottiero una realtà che da anni mancava certe emozioni.
L'emozione è stato il filo conduttore che ha rilanciato il progetto romanista negli ultimi mesi e il cammino in Conference League ne è stato l'esempio lampante. La Roma è rinata dalle proprie ceneri, da imperdonabili errori, dalle sue colpe che verranno espiate a Tirana. Con lei, anche Mourinho, la cui emozione ha avuto il sopravvento nel momento in cui ha realizzato di avercela fatta, dimostrando il proprio lato umano, senza filtri o preparazioni di sorta. Le lacrime, i pugni alzati al cielo, il ritorno in campo battendosi il petto davanti ai propri tifosi chiamati a raccolta, le parole nel dopo partita: tutta le sequenza di quelle immagini ha spiegato perché oggi Mou è ancora una volta lo Special One, anche alla Roma.
Oggi come 11 anni fa quando un'altra storica sequenza rese "umano" lo "Special", in uno slancio di commozione altrettanto autentico. Era il maggio 2010, nell'immediato post partita di Madrid nella finale di Champions League vinta dall'Inter, quando alle porte del Bernabeu si consumò lo struggente abbraccio tra Mourinho e Marco Materazzi. Allora fu ripreso dalle telecamere di tutto il mondo accorse all'evento, oggi quelle stesse spontanee emozioni sono rimaste nascoste, svelate unicamente dagli occhi indiscreti dello stesso club.
Tutti hanno potuto vedere in diretta la gioia incontenibile in panchina, l'esultanza, le lacrime, la fuga nel sottopassaggio per gli spogliatoi. Immortalato dalle telecamere a bordo campo, dagli smartphone sulle tribune. Ma pochi hanno potuto assistere a ciò che è avvenuto poco prima di entrare: con gli obiettivi rivolti a ciò che accadeva sul terreno di gioco, solamente i social giallorossi hanno saputo strappare uno dei momenti più intimi di Mourinho, fermo dietro al plexiglass a esultare ed esaltare i suoi tifosi.
A guardarlo è sembrato avesse vinto la sua prima partita o avesse raggiunto una finale europea per la prima volta, lui che ne ha giocate 7. Lui, che detiene il record di finali con squadre diverse, fino ad oggi tutte vinte. Aveva iniziato nel lontanissimo 2004 quando sulla panchina del Porto sedeva un giovanissimo Josè alla sua prima assoluta europea: 3-0 al Monaco e prima Champsions in bacheca. Poi, il bis con l'Inter in quel straordinario e irripetibile 2010 in cui raggiunse l'acme: Triplete e seconda Champions, contro il Bayern Monaco battuto 2-0.
La leggenda dello ‘Special One' si alimentò più tardi di un altro straordinario successo, in Inghilterra alla guida del Manchester United: era il 2017, altro successo, altro 2-0 questa volta contro l'Ajax e l'Europa League conquistata. Adesso, l'ultimo atto a Tirana in Conference League contro un'altra olandese, il Feyenoord che potrebbe decretargli anche il titolo assoluto di primo allenatore a vincere tutte le attuali competizioni europee.
Aveva chiesto ai tifosi di essere vicini, in 70 mila hanno giocato la partita, con un Olimpico tutto esaurito, una scena che si è ripetuta sempre più spesso nel corso della stagione attuale fino a toccare il milione di presenze allo stadio da inizio anno. Un ulteriore dato che evidenzia la grandezza dello ‘Special One', Josè Mourinho da Setubal. Che è ad un passo nel trasportare la Città Eterna, dopo oltre un trentennio, tra i campioni d'Europa.