Morto Luciano Gaucci, storico presidente del Perugia tra cavalli, miliardi e tanto calcio
Luciano Gaucci è morto oggi all'età di 81 anni a Santo Domingo, che aveva scelto da tempo come "buen retiro" dopo aver lasciato l'Italia in seguito alla disavventura finanziaria che lo portò ad accumulare circa 40 milioni di euro di debiti col Fisco italiano. Condannato per bancarotta fraudolenta, patteggiò la pena di tre anni e non la scontò mai beneficiando dell'indulto. Imprenditore, appassionato di ippica (che farà la sua fortuna e gli darà l'opportunità di espandere i propri interessi), dirigente sportivo italiano: l'ex patron del Perugia è stato uno dei protagonisti più in vista (e in discussione) del calcio tricolore nel decennio compreso tra il 1990 e il 2000. È sotto la sua gestione che il club umbro inizia la scalata dalla C e arriva fino alla A.
Dall'impresa di pulizie al calcio, così inizia la scalata
Schietto, impulsivo (anche troppo, in occasione della rissa con Matarrese del Bari) padre-padrone, coraggioso abbastanza per non avere timore di confrontarsi coi più forti nemmeno nel mondo degli affari: in un mare di squali sapeva come farsi largo. E cominciò con la sua impresa di pulizie che chiamò "la Milanese". Il motivo? Fu lui stesso a spiegarlo: "Se avessero saputo che era di Roma mi avrebbero forse fatto lavorare?". Il fiuto lo ha sempre avuto, nel bene e nel male è riuscito a realizzare un piccolo miracolo economico tutto personale partendo dal basso.
Cavalli e miliardi, Tony Bin è una miniera d'oro
Amava rischiare e la passione per cavalli – sì quelli che se ti va male nemmeno se ti chiami "mandrake" riesci a guarire dalla febbre e dalla rovina – lo aiutò a fare fortuna. Nasce tutto da lì e dall'acquisizione della scuderia che presto diventerà una delle più note e ricche del settore. Al resto ci pensò Toby Bin, il "brocco" (così era definito con molta perplessità) che Gaucci acquistò per 12 milioni e poi diventò campione di razza conseguendo una serie di vittorie tanto entusiasmanti quanto proficue. Gaucci gongola, per la soddisfazione di vedere il proprio cavallo chiudere davanti a tutti e per il conto in banca che s'ingrossa: i successi portano in dote una somma incredibile, pari a 3 miliardi delle vecchie lire. Ne intascherà ben 7, invece, quando sceglierà di vendere quell'animale che era stato una miniera d'oro.
La Galex e il Perugia, gli anni d'oro tra calcio e affari
È il momento migliore della vita imprenditoriale di Gaucci. Il vento soffia nelle sue vele e intuisce che tanta fortuna va ricambiata. Non vuole fermarsi e decide che è giunta l'occasione tanto attesa per fare un passo in avanti, salire di un altro gradino e diversificare i propri interessi: prima fonda la "Galex, marca d'abbigliamento, e poi entra nel calcio rilevando il titolo sportivo del Perugia per la cifra di 2 miliardi di lire.
Gli umbri dalla Serie C alla Serie A
Con lui alla guida gli umbri conquistano una promozione dalla C1 alla B nel 1994, 2 promozioni dallaB alla Serie A (1996 e 1998), oltre a una promozione in Serie B revocata per illecito sportivo (stagione 1992-1993) che gli causò tre anni di squalifica per aver ammorbidito un arbitro (confessò di essersi fatto comprare ricevendo in regalo un cavallo da corsa). Il periodo più florido arriva con la semifinale di Coppa Italia (stagione 2002-2003) e la partecipazione alla Coppa Uefa (stagione 2003-2004) dopo aver conquistato la Coppa Intertoto nel 2003.
Viterbese, Catania e Sambenedettese tra i club di Gaucci
Gaucci è stato anche proprietario della Viterbese (1997-2000, promozione in C1) alla cui guida volle Carolina Morace, del Catania (2000-2004, promozione in B) e della Sambenedettese (2000-2004, 2 promozioni dalla Serie D alla C1).
Il fallimento della Napoli Sportiva aprì la strada a De Laurentiis
Finita? No, perché l'imprenditore romano tentò il colpò grosso nell'estate del 2004: dopo il fallimento della vecchia Società Sportiva Calcio Napoli, divenne presidente della neonata Napoli Sportiva. Ma quel percorso terminò in maniera traumatica nonostante l'ingaggio del nuovo allenatore, Angelo Gregucci: la squadra non s'iscrisse al campionato. Di lì a poco sarebbe arrivato Aurelio De Laurentiis.
Affari di calciomercato da Nakata al figlio di Gheddafi
Calciatori come cavalli, perché fossero vincenti non era necessario che sapessero giocare (solo) bene ma anche che fossero "utili alla causa". Qual è il senso? Basta pensare alle trattative e agli ingaggi di alcuni atleti passati alla storia: da Nakata a Saadi, figlio del dittatore libico Gheddafi. Perché vennero acquistati? Per ragioni extra-calcistiche, in piena linea con quella che è l'odierna concezione del merchandising e della logica del business.
- La doppietta segnata alla Juventus dal "primo giapponese nel campionato italiano" diventa uno spot per l'Umbria e per le magliette del giocatore che vanno a ruba nel Sol Levante.
- Quanto al calciatore libico, venne portato al Perugia perché padrone della Tamoil, azienda di famiglia e possessore del 33% della Triestina e del 7% delle quote della Juventus. Giocherà 15 minuti proprio contro i bianconeri e risulterà positivo all'antidoping finendo squalificato per tre mesi.
- E come dimenticare il coreano Ahn? Impossibile… Gaucci lo cacciò per il golden gol segnato contro l'Italia nel Mondiale in Corea a Giappone.