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Morto Jair, la “freccia nera” della Grande Inter di Herrera: “Ala destra dal dribbling fenomenale”

Il calciatore brasiliano è deceduto all’età di 84 anni, il messaggio di cordoglio del club nerazzurro per l’ex campione: “Un posto nell’eternità di una squadra leggendaria”.
A cura di Maurizio De Santis
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La morte di Jair a 84 anni richiama alla memoria dei tifosi dell'Inter quella formazione mandata giù a memoria, che per i cuori nerazzurri aveva la perfetta sincronia di un verso poetico. Sarti, Burgnich, Facchetti… fino a giungere a lui, il calciatore brasiliano che fu tra i protagonisti assoluti della "Grande Inter" costruita dal presidente, Angelo Moratti, e affidata alle "cure" del "mago" Helenio Herrera per vincere tutto. E così fu. In quegli Anni Sessanta ruggenti, nell'altra metà del cielo di Milano ci fu un posto speciale per quel giocatore ribattezzato la ‘freccia nera' che nel 1965 realizzò il gol decisivo nella finale del 1965 contro il Benfica al Meazza. "È scomparso Jair. Ala destra dal dribbling fenomenale, ha vinto tutto con la Grande Inter – si legge nel messaggio di cordoglio della società -. Quattro campionati, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali, un posto nell’eternità di una squadra leggendaria. Il club si stringe alla sua famiglia in questo momento difficile".

Imprendibile, Jair s'abbatteva come una saetta nel cuore delle difese avversarie che colpiva ai fianchi con la sua straordinaria capacità di mulinare le gambe e tenere il pallone incollato ai piedi. Le immagini delle sue prodezze sono virate seppia, appartengono a un calcio lontano anni luce da quello attuale. Ma la classe del campione è qualcosa che si tramanda del tempo, scollina ogni epoca, lascia che a parlare sia la storia. E nella storia del calcio internazionale la ‘freccia nera' s'era ritagliato un ruolo particolare al di là di quello tecnico. Lo dicono i trofei conquistati sul campo, di cui quelli con i nerazzurri costituiscono una parte fondamentale a suggello di un decennio bellissimo ed emozionante (interrotto solo per un anno con la maglia giallorossa della Roma addosso). A spulciare il suo palmares ne spicca anche un altro di spessore ma in calce a quel titolo non ci fu il suo graffio: con il Brasile vinse un Mondiale, quello in Cile del 1962, ma non riuscì a giocare nemmeno un minuto perché chiuso dalla presenza di un fenomeno assoluto come Garrincha.

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