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La morte del calciatore Davide Astori

Morte Astori, il medico sportivo Giorgio Galanti condannato a un anno di reclusione

Condanna di un anno di reclusione per omicidio colposo. È la sentenza  emessa nei confronti del professor Giorgio Galanti a margine del processo con rito abbreviato per la morte dell’ex capitano della Fiorentina, Davide Astori, deceduto il 4 marzo 2018. Galanti era l’unico imputato per due certificati di idoneità rilasciati al calciatore quando era direttore sanitario di Medicina dello sport dell’Azienda ospedaliera universitaria di Careggi (Firenze).
A cura di Maurizio De Santis
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Condanna di un anno di reclusione per omicidio colposo. È la sentenza emessa nei confronti del professor Giorgio Galanti a margine del processo con rito abbreviato per la morte dell'ex capitano della Fiorentina, Davide Astori, deceduto a 31 anni il 4 marzo 2018 a causa di una cardiomiopatia ventricolare maligna. Il suo corpo venne trovato nella camera dell'albergo di Udine dove dormiva da solo e che la Viola aveva scelto come sede alla vigilia della partita di campionato contro i friulani. In aula c'era anche la ex compagna, Francesca Fioretti (madre della piccola Vittoria), emozionata alla lettura del verdetto.

Il processo a Galanti, unico imputato

Giorgio Galanti – per il quale il pm aveva chiesto 1 anno e 6 mesi – era l'unico imputato per due certificati di idoneità rilasciati al calciatore quando era direttore sanitario di Medicina dello sport dell'Azienda ospedaliera universitaria di Careggi (Firenze). Un'idoneità – secondo la tesi del pubblico ministero, Nastasi – che era stata documentata nonostante le prove da sforzo avessero segnalato aritmie cardiache tali da raccomandare ulteriori esami diagnostici di approfondimento. La posizione del dottore Francesco Stagno (responsabile dell’istituto di medicina dello sport di Cagliari, dove Astori aveva giocato dal 2008 al 2014) era stata invece archiviata su richiesta della Procura di Firenze.

Astori si poteva salvare? Sì, in base alla relazione degli inquirenti. Una diagnosi tempestiva avrebbe permesso, interrompendo la carriera del calciatore e attraverso la somministrazione di una terapia farmacologica adeguata, di rallentare l'evoluzione della cardiomiopatia e di aritmie ventricolari maligne. "Non c’è prova che l’Holter avrebbe potuto evidenziare patologie tali da suggerire ulteriori approfondimenti" è stata la tesi del difensore di Galanti, Sigfrido Fenyes, che aveva sostenuto l'assoluzione del proprio assistito.

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