Milan campione d’Italia! Il 19º Scudetto arriva con il tris al Sassuolo, Inter beffata
Il Milan è campione d'Italia undici anni dopo l'ultima volta. Il fischio finale dell'arbitro Doveri gli consegna lo Scudetto a margine della sfida con il Sassuolo, battuto 0-3. Lo aveva messo in tasca già nel primo tempo grazie a un inizio martellante. Dopo 17 minuti Giroud la mette dentro a due passi da Consigli su assist al bacio di Leao (ne farà tre consumando la vendetta su Carnevali). Doppio tunnel del francese: la gira di interno facendola passare sotto le gambe del difensore e del portiere. L'ex di Arsenal e Chelsea è l'uomo dei gol pesanti, quello nel derby fu come una mazzata e quelli ai neroverdi sono stati una sentenza.
Il raddoppio è sulla falsariga del primo: il portoghese inventa e innesca l'opportunismo dell'attaccante sotto porta. Un tocco e… oplà, les jeux son faits. Kessié, che dirà addio a fine stagione, piazza il tris al 35°. La partita finisce lì, il resto è accademia e standing ovation. Il boato deflagra, produce un'onda d'urto che arriva fino al Meazza dove i nerazzurri battono la Samp (3-0) ed è un colpo al cuore degli interisti che vanno addirittura via dallo stadio in anticipo. Rien ne va plus.
Lo Scudetto numero 19 sulla maglia dei rossoneri è divenuto cosa fatta a Reggio Emilia dove s'è vista in campo una formazione fredda, cinica, determinata, travolgente, tambureggiante al punto da sfiorare più volte la marcatura nella prima mezzora. C'è stata una sola squadra in campo, un solo coro sugli spalti: all'unisono "cantavano" tutti per il titolo. Il Mapei Stadium era colorato di rossonero, invaso dai tifosi del ‘diavolo' che hanno gremito l'impianto emiliano arrivando in città diverse ore prima del fischio d'inizio. Incredibile, straordinario, da brividi il colpo d'occhio regalato dai sostenitori. "Noi sempre con te" la coreografia messa in scena per accogliere le squadre tra un tripudio di cori e di bandiere.
La coccarda tricolore resta a Milano ma sotto l'altra metà del cielo. Il Milan la strappa dal petto dell'Inter, che ha dato tutto contro i liguri a San Siro. Ma "tutto" non poteva più bastare dopo aver gettato alle ortiche la grande opportunità di tornare in vetta e scalzare gli avversari nella sciagurata trasferta di Bologna. La squadra di Inzaghi s'è inceppata quella di Pioli non si è mai fermata.
I tifosi possono scatenare il sabba del ‘diavolo' e abbandonarsi a quella gioia sfrenata che non assaporavano da tempo. Era il 2011, una vita fa, quando è successo per l'ultima volta. Polvere di stelle di quel Milan s'è visto una settimana fa quando Adriano Galliani in tribuna al Meazza ha esultato come e più di allora. Uno scatto da tenere a mente. L'immagine dell'ex dirigente che ha vissuto l'epoca d'oro del club di Silvio Berlusconi ha fatto da trait d'union ideale con quegli anni ruggenti: ha raggiunto Paolo Maldini (oggi anima organizzativa) e lo ha stretto in un abbraccio fraterno. È sembrato (anche) un ideale passaggio di consegne. E lo stesso Maldini oggi era visibilmente emozionato, commosso per avere realizzato la sua prima impresa da dirigente che è ripartito da zero, rifondando il gruppo anche a costo di scelte dolorose.
Una domenica incredibile, eccezionale. Di quelle che non si vivevano da tempo e ha confermato l'ottimo momento della squadra di Stefano Pioli. Ma l'esito del campo è solo la punta dell'iceberg, l'atto finale di un'opera di costruzione che è iniziata con la rifondazione scandita dall'arrivo di Elliott dopo il periodo oscuro di Li Yonghong, dalla gestione di Gazidis e dalle scelte che l'ex difensore ha condotto in prima persona. Ce n'è una in particolare che resta fissa nella mente. Una delle tante che collega passato (recente), presente e spalanca le porte verso il futuro: fu proprio Maldini a convincere Theo Hernandez (autore di una rete straordinaria contro l'Atalanta) a dire sì ai rossoneri.
L'ex Real è una delle pedine che ha alzato il tasso tecnico del gruppo, è cresciuto poco alla volta assieme ai compagni. Il francese e poi ancora Leao, Kalulu e Tomori che – nonostante la grave perdita di Kjaer per infortunio – sono riusciti a fare reparto davanti a Maignan. L'ex Lille ha cancellato il ricordo di Donnarumma, il suo innesto è un altro mattoncino di un'impresa chiamata scudetto. Tra i ruoli (e gli uomini) chiave meritano una menzione speciale anche pedine come Tonali (strabiliante e decisivo a Verona), Bennacer e Giroud, che a Milanello ha portato esperienza, capacità di gestire la pressione, mentalità vincente e gol.
Campione del mondo e uomo derby, la ciliegina sulla torta di una rosa nella quale Ibrahimovic ha fatto da fratello maggiore/motivatore speciale/allenatore ombra/calciatore che nonostante gli acciacchi c'è anche quando non scende in campo. Dietro le quinte c'è molto del suo lavoro accanto a Pioli. A Reggio Emiliana salutava i tifosi e si godeva la festa: uno scroscio di applausi ne ha scandito l'ingresso nella ripresa, una posizione di fuorigioco di partenza di Leao (aveva fatto assist anche per lui) gli ha strozzato in gola l'urlo di gioia.
Chapeau al tecnico. La sua posizione sembrava vacillare ma la fiducia della società lo ha reso più forte, ha compattato i giocatori intorno al progetto nel quale lui era centrale a dispetto delle voci (Rangnick, poi finito al Manchester United) che s'agitavano sul suo capo. Dall'umiliante sconfitta di Bergamo contro l'Atalanta è (ri)nato quel Milan che ha scalato la Serie A e s'è presa lo scettro del campionato dalle mani dell'Inter. Ha lavorato in silenzio, oggi raccoglie i frutti con merito e altrettanta umiltà. Il tributo reso ai tifosi sotto la Curva era un atto dovuto. La sua squadra è giunta allo scudetto imbattuta da 16 partite in Serie A. E il meglio deve ancora venire.