Mihajlovic l’aveva capito nei suoi ultimi giorni: “Se non funziona questa, è finita”
Il racconto di un uomo, un guerriero. Di chi non ha mai mollato e ha lottato per tutto il tempo affinché potesse vincere anche questa partita. "Ti ho visto magro come una stampella, trascinarti stanco in una stanza di ospedale, ma per me sei sempre rimasto un gigante". Nell'editoriale della Gazzetta dello Sport affidato alla penna di Andrea Di Caro, c'è tutto di Sinisa Mihajlovic morto ieri all'età di 53 anni. Dall'inizio della sua carriera da allenatore fino all'annuncio di quella maledetta malattia che dopo 3 anni l'ha visto morire lasciando senza parole tutto il mondo del calcio e non solo. Di Caro non è solo il vicedirettore della Gazzetta ma con il tempo è diventato prima suo amico, poi suo biografo. Ha raccontato dettagli anche dell'evoluzione della malattia negli ultimi mesi e l'ha fatto con la massima delicatezza possibile.
Nel suo racconto c'è tutto ciò che bisogna sapere sul tecnico serbo capace di incantare con le sue prodezze in campo, le sue punizioni – "Prenderai per il culo qualcuno dopo averne messe cinque di fila sotto all’incrocio e poi inviterai tutti a cena, perché ‘poi andiamo a mangiare' è una delle frasi che ti ho sentito ripetere più spesso" – Dal primo incontro a Firenze prima che Sinisa diventasse allenatore della Fiorentina, alle cene insieme, fino ad arrivare agli aneddoti e i retroscena particolari, Di Caro è riuscito a racchiudere tutto. E tra le righe del suo testo, si percepisce proprio il profondo rispetto e il grande legame d'amicizia che li aveva contraddistinti in questi anni: "Non ho mai visto un uomo lottare come te, Sinisa. Mai. Né uno così ferocemente attaccato alla vita".
Di Caro non si limita a parlare del Mihajlovic calciatore e allenatore che in Italia e nel mondo abbiamo saputo apprezzare. Il vicedirettore della Gazzetta dello Sport mette a nudo i dialoghi avuti con Sinisa in questi ultimi anni, a cavallo con l'evoluzione della malattia. Ne viene fuori il ritratto di un uomo che amava vivere con la sua famiglia, la adorava, e sognava di assaporare ogni sua gioia: "Sognavi una vecchiaia da cartolina: ‘Io a capotavola, una lunga barba bianca e tutta la famiglia intorno, figli e nipoti. A noi serbi piace così'.
Già, Mihajlovic non ha mai nascosto l'amore per i suoi cinque figli, tre maschi Miroslav, Dusan e Nikolas e Viktorija e Virginia, fino a Violante, suo nipote: "Il gioiello che ti ha reso nonno". Una famiglia unita che ha sempre saputo farsi forza anche grazie al grande amore tra Sinisa e sua moglie Arianna. "Quando in ospedale non ne potevi più, mi confidavi che l’unico sollievo era incrociare i suoi occhi incastonati tra cappellino e mascherina – si legge nel racconto di Di Caro che svela l'enorme sentimento di Sinisa nei confronti di sua moglie – ‘Non so spiegarti quanto siano belli, dopo quasi 30 anni Arianna mi fa battere il cuore come la prima volta'. Lo dicevi a me e spesso non avevi il coraggio di dirlo a lei, capoccione di un serbo".
Mihajlovic ha lottato per lei e per loro, fino a quando ha potuto. "Nel 2019 quando annunciasti al mondo che avevi la leucemia, quella cartolina di famiglia che avevi in testa sembrò finire in mille pezzi – aggiunge Di Caro – ‘Ho pianto tutte le mie lacrime, ora me la gioco e vediamo chi vince' hai detto prima di entrare al Sant’Orsola. L’hai sfidata la malattia e l’hai affrontata con un coraggio e una resistenza inimmaginabili. Non è retorica". Il vicedirettore della Gazzetta dello Sport ricorda ogni attimo di questi tre anni duri, difficili da digerire e soprattutto da sopportare, specie per via di quella malattia che non gli dava tregua:
"I medici che ti hanno bombardato con cicli di chemio, trapianti, cure di ogni tipo, si sono chiesti spesso come facesse il tuo corpo, minato da tante complicazioni dolorose, a resistere e a reagire". Perché Mihajlovic era un guerriero vero e l'immagine di Sinisa in campo a Verona ad agosto per restare al fianco del suo Bologna in panchina fu l'ennesima dimostrazione della sua forza immensa: "Finito ma in piedi, un’immagine potentissima – scrive Di Caro che poi evidenzia le sue parole dopo quella partita del 2019 – ‘Ero più morto che vivo, ma avevo promesso che ci sarei stato. Non c’è nulla da nascondere e di cui vergognarsi nell’essere malato'".
Ha lottato Mihajlovic e l'ha fatto con tutte le sue forze, anche grazie al supporto della sua famiglia e degli amici, come lo stesso Di Caro: "‘Harry, ho bisogno di te…'. Mi chiamavi così perché sostenevi che risolvevo problemi come Harry Potter che ti ricordavo per gli occhiali e il fisico lontano dal tuo – scrive ricordando il suo caro amico – Abbiamo parlato di calcio e di vita, abbiamo fatto nottata dopo certe partite perse che non ti facevano prendere sonno. Abbiamo riso, scherzato, ci siamo abbracciati e non ricordo un litigio". Il racconto di Di Caro parla di un'amicizia intensa, leale, serena, di quelle che tutti noi sogniamo nella vita: "Brillante, sveglio, paraculo, ma profondamente leale ed onesto – aggiunge – Con un codice di valori chiaro, virile, non facile da smussare. Preciso, puntuale e con un incrollabile senso del dovere. Eravamo diversi ma compatibili e forse per questo ci siamo trovati e voluti così bene. Mi piacerebbe ricordare solo il cazzeggio tra noi, ma non mi vanno via dalla testa quelle due telefonate".
L'annuncio della malattia, le difficoltà riscontrate in questo lungo e doloroso cammino. L'amicizia si vede proprio nel momento del bisogno e Di Caro è sempre rimasto vicino a Sinisa e alla sua famiglia. "Non mi vanno via dalla testa quelle due telefonate – scrive ancora – La prima, raggelante con cui mi svegliasti quella maledetta mattina di luglio: ‘Ciao Harry, devo dirti una cosa: non ho la febbre. Ho la leucemia'. E la seconda, forse anche peggiore: ‘È tornata, Andre’…'. E scusa se piango mentre me le ricordo, saranno gli anni che passano, ma non le tengo più dentro le emozioni". Aveva in programma tante cose Mihajlovic da gennaio, voleva aggiornarsi come allenatore per conoscere e apprendere ancora tutto di questo straordinario lavoro che lui amava tanto: "Andiamo a vedere qualche partita insieme. Vorrei andare un paio di giorni a Belgrado – scrive Di Caro citando le parole di Mihajlovic – Poi magari si va a Londra a trovare Conte e a vedere gli allenamenti”. L'ultima immagine con Zeman e le parole, quelle forti, che De Caro non avrebbe mai voluto sentire, le ultime del suo caro amico Sinisa: “'Se non funziona questa, è finita…'".
Domenica 18 dicembre a Roma al Campidoglio sarà aperta la camera ardente per Sinisa Mihjalovic. Tutti coloro che gli vorranno dare l'ultimo saluto potranno farlo dalle 10 alle 18. Mentre lunedì si terranno i funerali di Mihajlovic. Che si terranno alle 11 presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a Piazza Esedra.