Miguel Veloso preferisce Pisa all’Arabia: “Con Ronaldo ho condiviso tutto, chi non lo conosce non capisce”
Miguel Veloso a 37 anni sta vivendo una stagione più che positiva al Pisa in Serie B. Un top player per il club toscano, che ha beneficiato del talento del centrocampista portoghese conosciuto in Italia soprattutto per i suoi trascorsi tra Genoa e Verona. In un'intervista a Fanpage.it, Veloso, che conta anche 56 presenze e 3 gol con la Nazionale del Portogallo, ha parlato dei suoi inizi nel mondo del calcio. Dalle giovanili del Benfica prima di spiccare il volo allo Sporting Lisbona e successivamente proprio al Genoa.
Il racconto di Veloso parte però da suo papà, ex terzino proprio del Benfica che ammirava in campo e che gli ha inevitabilmente trasmesso la passione per questo sport oltre ad essere una fonte di ispirazione totale. Nel mezzo il centrocampista portoghese ha avuto anche un'esperienza più che positiva alla Dinamo Kiev con la quale Veloso ha vinto ben due campionati nazionali. Oltre a raccontare la sua carriera e i successi ottenuti a livello internazionale, il centrocampista portoghese ha parlato anche della sua amicizia con Cristiano Ronaldo: "È una persona di cuore, chi non lo conosce non può sapere queste cose di lui".
Miguel, come mai la scelta di accettare la sfida del Pisa in Serie B?
"È stato tutto molto semplice. Ho ricevuto una chiamata del mister che ho accolto volentieri. Gli ho spiegato che volevo giocare e rimettermi in pista ed essere disponibile aiutandolo più che potevo. Sono stato fortunato ad avere l'opportunità del Pisa, perché volevo restare in Italia e dare il mio massimo contributo per aiutare questa società".
Ha avuto richieste dall’Arabia?
"No, zero. Pure se mi fosse arrivata un'offerta penso che non sarebbe stato il momento di accettarla anche per questioni familiari".
È molto amico di Cristiano Ronaldo.
"Con lui non ci sentiamo tutti i giorni ma se ci troviamo vicini, parliamo e condividiamo tutto. Io sono una persona che preferisce stare nel suo angolino, non mi piace disturbare gli altri. Abbiamo condiviso lo spogliatoio, abbiamo fatto Mondiali ed Europei insieme e il rapporto ci sarà sempre".
Che persona è dal punto di vista umano?
"Uno che ha sempre ottenuto ciò che voleva: è determinato, lavora tantissimo. Magari le persone che non lo conoscono bene possono pensare certe cose di lui, ma io una cosa dico al 100%: è di cuore. Questo non si può mettere in dubbio, non solo per la carriera che ha fatto ma anche per la persona che è".
Un aneddoto che ricordi su CR7.
"Non gli piace perdere su niente. Una volta durante il ritiro al Mondiale in Sudafrica c'era una piccola vasca dove facevamo recupero e anche esercizi specifici, andando avanti e indietro sott'acqua. Un giorno fece 10/12 vasche, io dopo di lui ne feci 15/16. Due giorni dopo qualcuno lo stuzzicò, conoscendolo, e quando seppe delle mie vasche ne fece 18 subito dopo".
È un vincente.
"Semplicemente questo dimostra il suo carattere. A lui non piace perdere niente ed è questo che ha fatto la differenza nella sua carriera".
Cosa è successo alla Juve dopo il suo addio?
"Sono cicli che tutte le società prima o poi si trovano a dover affrontare. Ovviamente la Juve ha fatto un investimento enorme per Cristiano e sono riusciti a vincere lo Scudetto, ma il grande obiettivo era la Champions. Con Cristiano le cose sono andate diversamente, lui è voluto andare via, e da lì è cominciata una ricostruzione della rosa. Così come accaduto con l'Inter prima di Conte".
Parliamo dell'Europeo 2016 vinto dal Portogallo, ma che lei non ha giocato. Cosa successe?
"Una scelta tecnica dell'allenatore. All'ultima partita di qualificazione, dopo i due gol all'Albania, e dopo le convocazioni per due amichevoli successive, fu fatta una scelta. Ma non è successo niente".
Ha giocato per Juric e Tudor. Che allenatori sono?
"Due persone molto chiare, che ho sempre rispettato perché quello che hanno da dire, indipendentemente che tu sia giovane o più esperto, lo fanno subito e questo io l'ho sempre rispettato. Due allenatori che esigono tantissimo e per questo appena entri in campo devi dare il massimo".
Cosa è stato per lei il Genoa in Italia?
"La mia prima avventura fuori dal Portogallo. Sono arrivato quando le cose a livello sportivo non andavano come voleva la società, ma è stata un'esperienza positiva anche per la mia carriera, perché è nelle difficoltà che impari tanto".
L'esperienza in Ucraina alla Dinamo Kiev.
"Sono stato tanto bene in Ucraina, a parte quando è iniziata la guerra. Sono stati quattro anni importantissimi per me, ho giocato in Champions ed Europa League vincendo due campionati nazionali. Esperienza bellissima anche a livello umano".
Poi la guerra civile a Kiev nel 2014.
"Di solito si fanno le ultime partite di Champions a dicembre e poi per un mese si ferma il campionato. Ricordo benissimo quell'anno. Facemmo il ritiro a Marbella, dovevamo giocare col Valencia in Europa League la prima in casa. Successe però che ci fu una rivolta contro il presidente dell'Ucraina, con il conseguente intervento della polizia. Non siamo riusciti a rientrare e per questo abbiamo giocato col Valencia a Cipro. Dopo 2-3 mesi siamo tornati in Ucraina e la via principale era tutta bloccata con gente che dormiva nei capannoni".
Il giocatore con cui è rimasto maggiormente legato nell’attuale Serie A?
"Perin. Aveva 16 anni nel primo anno al Genoa e con lui ho creato un bellissimo rapporto, se lo vedo ci sentiamo".
Perché ti chiamano "il Professore"?
"È una cosa nata a Verona nel primo anno che sono arrivato, mi hanno dato questo nome per come parlavo e per i consigli che davo ai calciatori più giovani e ai miei compagni".
Lei è un figlio d’arte, come ha influito nel suo approccio al calcio?
"Mio papà è stato un terzino destro del Benfica per 15 anni e ha anche rappresentato la nazionale del Portogallo. Ovviamente ho iniziato a giocare perché guardavo con mia mamma le sue partite e volevo essere un po' come lui. Ho iniziato al Benfica, dopo un po' per scelta mi hanno cacciato. Sono andato in una squadra piccolissima prima di approdare allo Sporting, fino alla prima squadra".
Cosa si aspetta dal Pisa e dal suo futuro nel calcio?
"Mancano otto partite, sappiamo quanti posti ci sono per i playoff. Noi dobbiamo pensare partita per partita, siamo vicini e vorremmo arrivare almeno lì sapendo quanto sia difficile. Il sogno di tutti è quello di arrivare il più in alto possibile".
Per il futuro pensa di restare in Italia anche in altra veste?
"A Verona avevo detto a Juric che volevo imparare a fare l'allenatore. Negli ultimi anni è aumentato questo desiderio, anche perché voglio sempre aiutare gli altri".
Ma di dare l'addio al calcio ancora non se ne parla.
"Sono stato fortunato quest'anno perché non ho saltato una partita, sono sempre stato disponibile. La mia intenzione è di potermi allenare il più possibile quest'anno e per come mi sento oggi so di poter fare ancora un altro anno. Poi in futuro essere allenatore è possibile, è una cosa che mi piace e mi interessa. Quando smetterò vedremo".