“Mi diceva in faccia che ero un cogl***e”: la sincerità di Sarri in spogliatoio
Manca poco per rivedere Maurizio Sarri al lavoro, dopo l'anno in cui è rimasto fermo intascando i 6 milioni netti dovutigli per il secondo anno del suo contratto con la Juventus, che ha preferito pagarlo per stare a guardare il lavoro di Andrea Pirlo. Il tecnico toscano ha poi incassato anche la penale da 2,5 milioni che il club bianconero gli ha versato per non essere costretta a rinnovargli il contratto ed ha poi potuto firmare con la Lazio, dove sostituirà Simone Inzaghi.
Sarri è un allenatore che lascia una traccia forte nei giocatori ai quali insegna calcio, ma il suo approccio va oltre l'aspetto tecnico. Oltre agli schemi ripetuti ossessivamente, c'è infatti il lato umano. Non incline ai sentimentalismi, come sa bene Christian Maggio cui negò lo straccio di un minuto in campo nel suo ultimo match al San Paolo, il 62enne ex bancario fa tuttavia della schiettezza un valore apprezzato da chi lo ha avuto come tecnico.
Antonio Floro Flores lo incrociò all'Arezzo quando a fine 2006 sostituì l'esonerato Antonio Conte. Un'esperienza breve, visto che poi Sarri fu a sua volta mandato via nel marzo 2007, ma il 38enne attaccante napoletano ha solo parole di stima per lui: "Sarri era unico già ai tempi di Arezzo, si vedeva che sarebbe diventato un grande allenatore. Faceva un calcio innovativo che in Italia nessuno faceva e non eravamo ancora pronti. Schietto e sincero come pochi, mi diceva in faccia che ero un coglione. Ho sempre apprezzato tanto uno come lui rispetto ad altri falsi. Era un grande lavoratore, dovevamo fermarlo noi per tornare a casa dalle famiglie", ha detto ai microfoni di Sportitalia.