Metodo Ibrahimovic: così Zlatan detta legge nello spogliatoio (per vincere)
Zlatan Ibrahimovic è uno dei giocatori più forti del mondo, inutile negarlo. I suoi colpi in campo, i gol, le giocate e tutto ciò che riguarda l'universo Ibra, hanno fin da subito catturato tutti gli appassionati di calcio. Si è parlato presto di quel ragazzone che al Malmoe sembrava giocare come se avesse già la stoffa di un top player con 10 anni di carriera sulle spalle. Oltre al suo enorme talento, mai in discussione, ciò che ha da sempre caratterizzato lo svedese, è stato il suo carattere. Ibra vive lo spogliatoio come la sua seconda famiglia e non vorrebbe che mai nulla andasse storto: tutti dovrebbero remare nella stessa direzione con a capo lui, nel ruolo di comandante della flotta.
È stato così per diversi anni e lo è ancora al Milan dove tutti i giovani rossoneri, capaci di arrivare fino alla vetta della classifica, seguono le sue indicazioni. Tra Juventus, Inter, lo stesso Milan, ma anche Barcellona e Los Angeles Galaxy, sono tanti gli aneddoti che riguardano Ibrahimovic e che testimoniano la fermezza del giocatore nel volere sempre uno spogliatoio unito, vincente e soprattutto ambizioso. "Lui non guarda in faccia a nessuno, è un kamikaze nello spogliatoio" disse Rino Gattuso al termine di un Napoli-Milan raccontando il comportamento dello svedese all'interno dello spogliatoio rossonero, che rende l'idea di quanto sia costantemente ambizioso.
Ibrahimovic alla Juventus e la questione docce con Moggi
Zlatan Ibrahimovic abbiamo iniziato a conoscerlo in Italia quando la Juventus riuscì a portarlo in Serie A nel 2004 strappandolo all'Ajax. Si parlava benissimo di lui e in quella squadra era certo di poter fare la voce grossa per farsi conoscere. "Quando entrati per la prima volta nello spogliatoio salutai Capello – raccontò – ma lui non mi rivolse la parole continuando a leggere il giornale". Ibra rimase stupito dall'atteggiamento di ‘Don Fabio' e capì che avrebbe dovuto farsi riconoscere con i fatti non con le parole: "Lui mi ha fatto sentire che non ero nessuno dicendomi di non chiedere rispetto, ma di prenderlo. E io l’ho preso".
Forse è stato proprio questo il momento in cui nella testa di Ibra è scattato qualcosa di importante, una maturazione rapida che gli ha subito fatto capire il modo in cui avrebbe dovuto approcciarsi al calcio italiano. Ma forse non aveva ancora fatto i conti con Luciano Moggi. Forte del prezioso consiglio di Capello, Ibra ebbe da ridire nei confronti dell'allora dirigente bianconero: "Ci allenavamo alla Sisport, dove c’erano due campi, ma le docce erano otturate – disse – Pensai, che schifo e così chiesi spiegazioni a Moggi ricordandogli che noi siamo la Juve e questo non era normale. Lui mi rispose: Sei qui per vincere non per stare bene". Una frase rimasta impressa nella memoria di Ibra: "L'ho portato con me, vincere è tutto".
L'Inter e i gruppetti che Ibra non ha mai gradito
Ibrahimovic passò all'Inter nell'agosto 2006 dopo il caos Calciopoli. Per lui lo spogliatoio era sacro e non riusciva a concepire quei gruppetti tra argentini e brasiliani che si erano creati: "La vera sfida era rompere quei c***o di gruppetti – raccontò – Li odiai fin dal primo giorno, ogni squadra è migliore se il gruppo è compatto". Lo svedese era talmente irritato da questo aspetto che lo riportò anche a Moratti: "Non possiamo vincere se lo spogliatoio non è unito".
Un atteggiamento che non piaceva per niente ad Ibra: "Io venivo da Rosengård, dove ci si mischiava tra turchi, somali, jugoslavi, arabi – raccontò – ma non dipendeva da questo. Spesso andavo da loro e gli chiedevo perché seduti tra loro come dei bambini".
All'Inter però c'è stato chi non apprezzò molto quelle sue prese di posizione sulla condotta dello spogliatoio. Marco Materazzi infatti, nel corso di un'intervista, puntò il dito sull'atteggiamento del giocatore reo di non sapersi comportare con gli altri compagni di squadra: "Ci insultava costantemente perché voleva vincere a tutti i costi – raccontò – ma non capiva che sbagliava quando massacrava un suo compagno per un errore, non riusciva mai ad aiutarlo". L'ex difensore nerazzurro fu molto duro: "Questo è il suo grande difetto ecco perché non arriverà mai ai livelli di Messi e Cristiano Ronaldo".
Lo spogliatoio e quel modo di Ibrahimovic di pretendere che tutti ragionassero con la stessa testa, cozzava con il comportamento dello svedese che andava oltre la semplice e normale strigliata: "Quando non vinci è frustrante, ma così rischiava di influire in modo negativo sul gruppo e in campo era insopportabile a volte. Questo suo punto del carattere deve migliorarlo perché è un suo grande punto debole".
Nei giorni scorsi la Juventus ha acquistato Emanuele Pecorino dal Catania che lo scorso anno l'aveva preso dalle giovanili del Milan. Il giocatore ha raccontato di essersi allenato con Ibra e che lo svedese costantemente gli dava consigli invitandolo a migliorare la postura durante le sedute atletiche. Un po' quello che successe anche con Mario Balotelli all'Inter. A rivelarlo fu lo stesso giocatore che in una diretta Instagram con Fabio Cannavaro, rivelò alcuni aneddoti interessanti:
"Tu pensi di venire a giocare qua? – raccontò l'attaccante del Monza riportando la domanda di Ibra – Tu farai allenamento oggi e poi non vieni più". Fu questa l'accoglienza di Ibra nei confronti di SuperMario, per fargli capire subito il tipo di atteggiamento vincente che avrebbe dovuto avere nello spogliatoio: "Ogni volta che entravamo in campo mi diceva che ero scarso, ma poi andava da Raiola convincendolo a prendermi perché ero più forte di lui". Balotelli ricordò anche che nonostante l'apprezzamento espresso a Raiola, Ibra continuasse ad insultarlo: "Lascia stare il calcio, vai a studiare".
Barcellona e lo spogliatoio catalano che non piaceva ad Ibra
Ibrahimovic è sempre stato abituato a spogliatoi in cui i giocatori si confrontavano continuamente, anche con scontri duri, ma solo per il bene del gruppo. E forse il Barcellona era ben lontano dalla sua idea di squadra. Già, perché all'interno della sua autobiografia, raccontò come, oltre agli screzi con Guardiola, la squadra fosse fin troppo ubbidiente: "Nessuno fiata, nessuno deve ribattere e non sono ben accetti giocatori che girano in Ferrari. C'era da tenere un profilo basso, a partire da Xavi, Iniesta e Messi".
A non far vivere nel modo giusto l'esperienza di Ibrahimovic al Barcellona, c'ha pensato però anche Guardiola. Secondo quanto raccontato dallo svedese, i rapporti tra i due non sono mai decollati: "Sei senza co***ni – furono le parole di Ibra rivolte a Pep – Te la fai sotto davanti a Mourinho". Tempo dopo anche lo stesso Leo Messi raccontò a Mundo Deportivo di uno spogliatoio totalmente contro Ibrahimovic: "Nessuno di noi si trovava bene con lui".
Lo spirito di gruppo tra Manchester United e Galaxy
“Era un pazzo, ma era esattamente quello di cui avevamo bisogno nello spogliatoio". Luke Shaw apprezzò molto l'atteggiamento di Ibrahimovic nello spogliatoio del Manchester United, capace di portare esperienza e voglia di vincere in Inghilterra: "Scherzava sempre con noi – raccontò Shaw – ma si capiva subito quando dovevi fare sul serio". Anche quando era ai Red Devils, Ibra non aveva mai fatto mancare la sua grande ambizione, nemmeno in allenamento voleva perdere: "Se non si vinceva avrebbe voluto ucciderti".
Ai Los Angeles Galaxy invece, specie dopo la rottura del crociato in Inghilterra, si pensa che lo svedese potesse aver concluso la carriera, facendolo negli States. E invece non fu così. Il suo ex compagno di squadra, il portoghese Joao Pedro, raccontò di un giocatore fortemente nervoso con lo spogliatoio quando i Galaxy persero contro Dynamo Houston mancando l'accesso ai playoff: "Se siete venuti qui per andare in spiaggia o per fare una passeggiata ad Hollywood ditemelo adesso – tuonò Ibra – Sul mio conto in banca ho 300 milioni e possiedo un’isola, non mi serve tutto questo e la prima persona che parla lo ammazzo, lo ammazzo davvero".
La rivelazione di Gattuso: "Al Milan Ibra se la prendeva con Abate"
Rino Gattuso, oggi tecnico del Napoli, raccontò in un'intervista a Sky Sport come Zlatan Ibrahimovic l'avesse colpito al Milan per quella sua mentalità vincente all'interno dello spogliatoio: "Se perde una partita in allenamento può spaccare tutto in due minuti – disse – Questo è ciò che significa mentalità vincente". Gattuso raccontò però anche l'aneddoto su Ignazio Abate, il più bersagliato da Ibra: "Tante volte gli dicevo di stare zitto perché tanti potevano non accettare il suo rimprovero – sottolineò Ringhio – Non guarda in faccia nessuno, è un kamikaze e Abate era quello che soffriva di più perché gli faceva passare le iene dell'inferno". Ma Gattuso chiude dicendo: "Non a caso fa ancora la differenza a 40 anni".