Mertens uomo d’onore: “Mister, non mi tiro indietro. E ti porto in finale”
Il gol del pareggio di Dries Mertens è stata la nemesi dell'Inter. Lo aveva accarezzato, coccolato, trattato e quasi persuaso. Gli aveva fatto ponti d'oro e spiegato che accanto al connazionale Lukaku non gli sarebbe mancato lo spazio per continuare a fare bene il suo mestiere. Fare gol oppure procacciarne. Da ‘vero 9' a seconda punta. Nei panni del rifinitore oppure del killer letale su calcio da fermo. Come bomber che in area non perdona oppure da esteta del tiro a giro che disegna traiettorie magiche e ti lascia a bocca aperta.
Quando Insigne – sfuggito a Eriksen – se n'è andato in contropiede sapeva che il belga sarebbe stato lì in mezzo, pronto alla battuta. Non ha avuto bisogno nemmeno di attenderlo o sbirciarne la sagoma azzurra con la coda dell'occhio: palla al centro e tac… gol, 1-1, qualificazione in finale di nuovo in tasca.
Non c'era modo migliore per festeggiare il ritorno al calcio giocato dopo oltre 3 mesi di stop (l'ultima gara giocata risaliva al 29 febbraio, vittoria per 2-1 contro il Torino in campionato) e la firma in calce al rinnovo del contratto. Dries continuerà a essere ‘Ciro' e ad affacciarsi dalla terrazza spalancata sul Golfo come in area di rigore. E, adesso che è entrato anche nella storia del club (miglior marcatore in assoluto con 122 reti, 1 in più di Hamsik), ha l'orizzonte dinanzi a sé e un futuro tutto da scrivere.
Gattuso ha voluto fortemente che restasse. Il tecnico ha lavorato dietro le quinte affinché calciatore e De Laurentiis trovassero un accordo. Mertens ha sentito la fiducia intorno a sé e l'ha ripagata nell'unico modo che conosce: coi fatti, concedendosi al massimo qualche esultanza istrionica, ma senza alzare la voce o spararla grossa. Ha lasciato che a parlare (e a giocare) fosse il cuore. Ha guardato negli occhi il mister, colpito dal grave lutto per la morte improvvisa della sorella, e gli ha fatto una promessa: "Vado in campo e non mi tiro indietro", è il retroscena raccontato dalla Gazzetta.
È stato in dubbio fino all'immediata vigilia della sfida per un fastidio muscolare, il rischio che saltasse il match c'è stato ma più della paura hanno prevalso l'attaccamento alla maglia, l'orgoglio, il rispetto e l'onore per quella stretta di mano data al tecnico. "Ti porto in finale", gli aveva sussurrato. È stato di parola, ora sotto con la Juve.