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Mertens: “In Italia dopo Napoli sarei andato solo alla Salernitana”. La motivazione è geniale

L’attaccante belga ribadisce il legame molto forte con la città di Napoli e spiega che “per rispetto” al club e alla città “ha preferito andare lontano”. Avrebbe fatto solo un’eccezione.
A cura di Maurizio De Santis
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I tifosi del Napoli che non hanno dimenticano Dries "Ciro" Mertens saranno contenti. Un po' meno quelli della Salernitana tirata in ballo come una sorta di scappatoia pur di restare ad abitare nell'incantevole cornice di Palazzo Donn'Anna. L'attaccante belga o, meglio, un turco napoletano ("in Belgio o in Turchia mi sento così", ha confessato), oggi è al Galatasaray dove, a 37 anni, sta giocando scampoli di carriera. S'è fatto coraggio perché il meglio – la sua permanenza in azzurro – è passato.

Gli è mancato solo vincere lo scudetto con quella maglia addosso, la stessa con la quale si è consacrato marcatore di tutti i tempi nella storia dei partenopei: 148 gol in 397 presenze, in media uno ogni 160 minuti. Più di Insigne, Hamsik o, addirittura, di D10s Maradona. Ce n'è abbastanza per metterlo anche accanto a San Gennaro (sportivamente parlando) quale nume tutelare.

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Uno come lui, così in simbiosi con la città al punto da dare a suo figlio il nome Ciro ("gli insegnerò il dialetto napoletano oltre all'italiano"), avrebbe mai potuto indossare la casacca si un'altra squadra in Serie A? Risposta semplice, semplice: no… con buona pace dell'Inter o della Lazio di Sarri. "Quando quella bella storia è finita – ha raccontato Mertens nell'intervista alla Gazzetta dello Sport – ho preferito andare lontano per rispetto nei confronti del Napoli. Sarei andato alla Salernitana pur di restare a vivere a Napoli".

Cosa gli manca del capoluogo campano? Tutto. Non solo il fantastico panorama che si gode dalla terrazza affacciata sull'immensa distesa d'azzurro. È stato amore a prima vista. "Napoli è molto più familiare, mi manca passeggiare in centro. Quando firmai il contratto la luna illuminava il cielo e da lì è stato tutto meraviglioso".

Dallo scudetto perso in albergo a Firenze al tricolore conquistato dal Napoli nella stagione successiva al suo addio: la sorte gli ha negato quello che sarebbe stato il giusto epilogo a un'avventura emozionante e formativa sia a livello personale sia sportivo. "Sarri mi ha insegnato a fare un calcio diverso. All'inizio stavo in panchina poi mi ha messo al centro dell'attacco e ho iniziato a segnare. Perdere un campionato con 91 punti fatti e poi perdere Gonzalo Higuaín è stato brutto".

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Come ha vissuto il trionfo della squadra di Spalletti? "Sono stato felice quando il Napoli ha vinto lo scudetto, peccato che l'anno scorso le cose siano andate male". Conte lo voleva in azzurro? "No ma ho parlato con lui ed è l'uomo giusto per ripartire per carisma che ha". E su Kvara dice: "Gasa il pubblico allo stadio". Magari, un giorno o l'altro, lo ribattezzeranno Kvicha "Gennaro" Kvaratskhelia. Un giorno o l'altro.

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