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I morti contano meno dei soldi, anche Cellino vuole che la Serie A riprenda

Da duro oppositore a fautore della ripresa del campionato. Massimo Cellino cambia idea e si dice pronto a tornare in campo per concludere la stagione di Serie A. Il motivo? Economico e lo chiarisce quando fa riferimento alle difficoltà finanziarie delle società. Unica condizione: “Se giochiamo non voglio andare in campo neutro”.
A cura di Maurizio De Santis
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Massimo Cellino è stato uno dei presidenti più intransigenti rispetto alla possibilità che la Serie A tornasse in campo per concludere la stagione. Mentre Lega e Figc andavano al tiro alla fune per salvare il campionato e limitare i danni dei mancati introiti, il numero uno del Brescia si chiamava fuori (con lui c'era anche il collega del Torino, Urbano Cairo) e usava accenti molto forti per rimarcare la propria posizione. Dinanzi a un'emergenza sanitaria di vaste proporzioni, con una pandemia che ha provocato dolore e morte, non si può ragionare di calcio… diceva il patron.

E lanciava frasi a effetto del tipo: "ci vuole rispetto per i morti", "qui c'è gente che soffre e noi dovremmo pensare a giocare?", "non ho paura di retrocedere", "i soldi? Non fallisco di certo se vado in B", "vergognoso aspettare la Germania, Italia senza dignità". Frasi che, alla luce della conversione di queste ore, sembrano solo slogan lanciati come sassi nello stagno: provocano qualche schizzo e qualche piccola onda fino a quando l'acqua non torna cheta.

Il "partito del no" adesso fa meno proseliti tant'è che lo stesso Cellino da incendiario è divenuto pompiere. E quella compattezza che la Lega di Serie A aveva sbandierato nonostante le voci dissonanti adesso diventa concreta, sia pure per questioni di mero interesse. "Mi adeguo alla maggioranza, ho cambiato idea" – ha ammesso il massimo dirigente delle "rondinelle" nell'intervista al quotidiano La Repubblica. Si procede per step: allenamenti individuali e facoltativi, forse sedute di gruppo a partire dal 18 maggio, infine il nuovo fischio d'inizio a metà giugno. Sempre che la percentuale dei contagi e i dati dei test diagnostici non spediscano tutti in quarantena.

Si naviga a vista e sulla nave che si dimena tra i "flutti perigliosi" è salito anche Cellino. "Bisogna tentare di riprendere il campionato – ha ammesso, spiegando che dietro la sua nuova posizione c'è una ragione ben precisa -.  Altrimenti qui falliscono tutti".

Tra le possibilità allo studio di Lega e Federcalcio c'è anche l'ipotesi che le partite del campionato (tra recuperi e quelle che restano in calendario) si giochino al Sud, in quelle zone del Paese dove l'incidenza dei contagi è quasi azzerata. Su questo Cellino dice no. Almeno per adesso. "In Lombardia è ancora complicato fare i test medici ma se si torna a giocare non voglio farlo in campo neutro. È giusto che il Brescia lo faccia al Rigamonti". E dunque il rispetto per i morti conta meno dei soldi.

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