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Mario Balotelli: “Non sarei potuto andare a Verona, sono bresciano”

In una lunga intervista, Mario Balotelli ha ripercorso i suoi ultimi anni di carriera e affrontato diversi argomenti importanti: “Ora sono cresciuto e ho sostituito l’istinto con il lavoro. La svolta è stata a Nizza, ma anche l’ultima stagione al Milan è stata formativa. Nei primi anni pensavo che bastasse giocare bene e fare gol, che il calcio fosse tutto qui e non mi si dovesse chiedere altro”.
A cura di Alberto Pucci
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Fermo sul fondo della classifica insieme alla Spal, il Brescia riparte dal nuovo allenatore Diego Lopez e dal suo giocatore più rappresentativo: Mario Balotelli. A pochi giorni dalla sfida contro l'Udinese, l'attaccante delle ‘Rondinelle' si è raccontato a 360° in una lunga intervista: "Raiola ha detto che il mio problema è che sono contento di ciò che ho fatto? Non è così, niente va bene, so di poter fare di più e non sono soddisfatto. Sono ancora in tempo per rimediare. Avrei potuto essere più in alto, forse, ma non mi pento delle mie scelte, né di qualche stupidata giovanile".

Balotelli e le balotellate

Da sempre definito uno dei campioni più ‘irrequieti' del nostro calcio, il giocatore del Brescia ha poi parlato proprio delle sue famose ‘Balotellate': "Quello della pistola giocattolo fu semplicemente uno scherzo tra amici che si risolse in un attimo. Quando prese fuoco l'appartamento di Manchester io non ero nemmeno in casa. Gli incidenti, un paio per colpa mia, tre al massimo. Tutto il resto è fantasia, pregiudizio, favola. Hanno scritto di un mio incidente l'ultimo dell'anno e non ero nemmeno presente, non c'ero su quell'auto. Dell'altro giorno un articolo su una serata a Padova dove avrei fatto le ore piccole. Sì, a Padova c'ero, sono andato a cena, poi a bere con gli amici fino alle due, la mattina dopo non era in programma l'allenamento ma io sono andato ugualmente al campo per lavorare. Vuoi sapere come stanno le cose? E allora chiedimelo, informati invece di creare uno scandalo dove lo scandalo non c'è".

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Super Mario è cresciuto

"Ora sono cresciuto e ho sostituito l'istinto con il lavoro – ha aggiunto Balotelli nell'intervista al ‘Corriere dello Sport'- La svolta è stata a Nizza, ma anche l'ultima stagione al Milan è stata formativa. Nei primi anni pensavo che bastasse giocare bene e fare gol, che il calcio fosse tutto qui e non mi si dovesse chiedere altro. Ho incontrato allenatori con i quali c'è stata sintonia e altri che non mi hanno aiutato. Ho litigato con Mou e Mancini, e ti parlo di chi è stato importantissimo per me. Milan o Inter? Il Milan è il Milan. Ma al tempo stesso non ho alcun problema con l'Inter, non io almeno. L'Inter mi ha dato tanto, tutto è partito da lì, il settore giovanile, Mancini, la gente. Mancini è la principale figura della mia carriera, le due occasioni in cui abbiamo discusso aveva sempre ragione lui".

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Il problema del razzismo

La chiusura dell'intervista è dedicata al razzismo negli stadi italiani: "Sfottò anziché razzismo? Ne sono convinto anche io. Se presi singolarmente, quelli che fanno i buu allo stadio sono tutt'altro che razzisti. Però quei cori fanno male. Mi facevano male a sedici anni, a venticinque, mi fanno male ancora oggi che ne ho quasi trenta e mi faranno male a sessanta. A Verona ho avuto quella reazione, ma nella partita con la Lazio al terzo episodio mi sono rivolto all'arbitro e gli ho chiesto di farli smettere – ha concluso Super Mario – Questa forma di inciviltà, che si può spacciare anche per sfottò, non può essere tollerata, non va accettata".

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