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Marco Rossi a Fanpage, dalla Cavese agli Europei con l’Ungheria: “Mi hanno cambiato la vita”

Marco Rossi commissario tecnico dell’Ungheria, parla a Fanpage.it della sua esperienza recente al comando di una delle nazionali che partecipano agli europei di quest’estate. Dopo tanti anni nelle serie minori del calcio italiano, l’opportunità ricevuta a Budapest ha aperto gli occhi a Rossi, il quale sta raccogliendo i frutti del suo lavoro.
A cura di Antonio Moschella
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Dopo un percorso di 17 anni da calciatore e altrettanti da allenatore, prima nella Serie C italiana e poi tra Ungheria e Slovacchia, il tecnico piemontese Marco Rossi è adesso protagonista con la nazionale ungherese, al comando della quale lavora da tre anni. Arrivato nel paese magiaro per caso, l'ex allenatore di Lumezzane, Scafatese e Cavese ha trovato a Budapest il suo posto nel mondo, ottenendo ottimi risultati prima con l'Honved e poi con la nazionale. Una rivincita umana e sportiva per un tecnico di 57 anni che ha portato l'Ungheria alla seconda manifestazione europea giocata di seguito e sfiderà Cristiano Ronaldo nell'esordio in casa. Ha raccontato pensieri ed emozioni della vigilia in vista del debutto agli Europei a Fanpage.it.

Dopo la sofferta qualificazione all'europeo di novembre, che aria tira a Budapest?
"Si respira nell'aria un sentimento di entusiasmo misto a soddisfazione. Ma come al solito, e come è logico che sia, abbiamo notato come dopo un risultato importante si tenda ad alzare l’asticella".

Un gruppo con Francia, Germania e Portogallo non è stato di certo il miglior regalo.
"Diciamocela tutta, ci è capitato un girone chiaramente impossibile, non solo per il blasone delle squadre ma anche per i componenti delle stesse. La gente ci chiede di sorprendere di nuovo, di fare qualcosa di inaspettato. E noi stiamo lavorando per questo".

Il primo avversario sarà il Portogallo, contro il quale l'Ungheria pareggiò per 3-3 nella fase a gironi dell'ultimo europeo.
"Il ricordo è importante come risultato storico, ma non va dimenticato che quella era la terza partita del girone e che un pareggio andava bene a entrambe le squadre. In questo caso parliamo della prima partita e di un Portogallo ancora più forte, visto che si è aggiunto un Bruno Fernandes in stato di grazia, ci sono Bernardo Silva, Diogo Jota e Joao Felix, e non parliamo di Ruben Dias, che da solo ha sistemato la difesa del Manchester City. Insomma, se dobbiamo ragionare sui loro nomi dovremmo spaventarci prima di scendere in campo. L’obiettivo è dunque quello di non lasciarsi spaventare, di giocare con coraggio e fare del nostro meglio".

Come prepara una partita contro una squadra di fenomeni?
"Vanno studiati nei dettagli i punti di forza e ‘debolezza’ degli avversari. Cercheremo di essere più organizzati possibile, perché abbiamo dalla nostra la motivazione di fare una bella figura e di poterci togliere qualche soddisfazione. Di base a noi toccherà dare il 100%, non commettere errori tecnici né tattici e sperare che gli avversari non siano in giornata".

Quali armi ha a disposizione la sua Ungheria?
"Finora abbiamo perso solo una delle ultime 12 partite,  dimostrando di poter far bene contro grandi avversari molto più in alto di noi nel ranking, il che significa qualcosa. C’è un’organizzazione di base importante, abbiamo sempre lavorato e lottato da squadra, reagendo alle avversità. Come grande pregio direi che abbiamo dato solidità alla difesa, e concesso molto poco, almeno finora (ride)".

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Mancherà però il crack Szoboszlai…
"Era il nostro asso nella manica. Adesso siamo costretti a giocare ancora di più da squadra. Il nostro dovere è quello di dare continuità a un percorso dopo che l'Ungheria si è qualificata per la prima volta nella storia recente a due europei di fila, certificando un miglioramento. Abbiamo dei giocatori che iniziano ad andare all’estero con regolarità e ritagliandosi uno spazio importante nei club che li ingaggiano. Dobbiamo partire da questo presupposto, senza trascurare l'aspetto mentale, che molto spesso viene sottovalutato".

Ci faccia un paio di nomi della sua nazionale che potrebbero sorprendere agli europei.
"I giocatori più interessanti sono il difensore centrale Attila Szalai, del '97, e Roland Sallai,  che ha giocato a Palermo e adesso milita nel Friburgo".

La sua è una storia particolare. Dopo una lunga carriera da allenatore nella Serie C italiana è arrivato a Budapest e ora affronterà Cristiano Ronaldo e Kylian Mbappé all'europeo…
"Sicuramente l’Ungheria mi ha cambiato la vita. Prima di venire qui la mia è stata una carriera mediocre, sicuramente per colpa mia perché come dice il vecchio proverbio “chi è causa del suo male pianga sé stesso”. Ma è anche vero che non ho mai avuto la possibilità di allenare né in B né in A e nemmeno una squadra che avesse potenzialità importanti in Serie C".

Ci racconti com'è arrivato ad allenare in Ungheria…
"Nel febbraio del 2011 venni esonerato dalla Cavese. È stato un momento molto difficile nel quale avevo iniziato anche a pensare di lasciare per mantenere la mia famiglia. In occasione di una visita a un amico a Budapest entrai in contatto con Fabio Cordella, allora direttore sportivo dell’Honved, il quale mi presentò al proprietario del club. Dopo qualche incontro nel ristorante del mio amico arrivò l'offerta e firmai".

Da Cava de' Tirreni a Budapest…
"Le difficoltà riscontrate a Cava mi hanno rinforzato. Lì eravamo sempre candidati alla retrocessione e il dover mangiare sempre del pane duro ha temprato il mio carattere. Arrivato all'Honved, dove nella prima stagione ho ottenuto il miglior risultato degli ultimi vent'anni, ho raccolto i frutti delle esperienze passate".

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Ha notato il cambio culturale?
"In realtà, non dico che sono arrivato a Budapest con la valigia di cartone ma poco ci mancava! Il livello di organizzazione dell'Honved era imbarazzante, e io venivo dalla Serie C italiana. Abbiamo dovuto far fronte a varie difficoltà che non so quanti tecnici italiani di oggi sarebbero disposti ad affrontare andando a lavorare all’estero in queste condizioni. Tra queste vi erano anche delle difficoltà economiche. Poi mi sono ambientato e i risultati si sono visti".

In Ungheria ha vinto un trofeo con l'Honved nel 2016-17. Ma cosa mette in risalto della sua lunga trafila nella Serie C nostrana?
"Sono legato da bellissimi ricordi al Lumezzane, dove dopo aver allenato la Beretti mi diedero la guida della prima squadra nell'estate del 2004. Presi in mano una squadra dopo una rissa indegna col Cesena. I pagamenti non erano mai puntuali e i miei ragazzi mi dicevano: ‘Mister non sappiamo se arriviamo a dicembre'. Fui costretto a fare un campionato 2004-05 con molti ragazzi nati tra l'86 e l'88 e ci salvammo a due giornate dalla fine. Fu veramente un miracolo. Dopo quella stagione sembrava che mi volessero tutti, ma alla fine ho vivacchiato tra Lumezzane, Pro Patria e Spezia".

Poi è arrivato il trasferimento in Campania.
"Lì facevo ogni giorno la spola tra la mia casa di Pozzuoli e Scafati. Alla Scafatese facemmo un altro miracolo salvandoci, ma nessuno se n’è accorto. Poi sono passato alla Cavese, dove al netto dei punti di penalizzazione fui esonerato a febbraio del 2011 quando non eravamo neanche in zona play-out. Quella squadra aveva un monte ingaggi totale di neanche 750 mila euro, che non sono mai stati pagati. Questo, ad esempio, in Ungheria non mi è mai accaduto".

Al Lumezzane ebbe anche la fortuna d'incrociare un giovanissimo Mario Balotelli…
"Prima di essere esonerato nel 2005-06 a otto giornate dalla fine avrei voluto farlo giocare, ma non mi fu permesso perché ancora doveva compiere 16 anni. Mario lo conosco da quando era bambino, visto che andava a scuola media con mio figlio. Poi in alcune amichevoli del giovedì contro gli allievi ebbi la possibilità di vedere tutto il suo potenziale.  A livello di forza fisica non si notava la differenza tra lui e i giocatori della prima squadra. Capimmo subito che avrebbe avuto una carriera importante, vista la sua forza fisica e la sua capacità tecnica fuori dal comune. La sua carriera, però, avrebbe potuto essere migliore".

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