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Marco Civoli: “Bruno Pizzul mi disse di non fare danni. Una volta lanciò il suo telefono in un fiume”

Marco Civoli in un’intervista a Fanpage ha parlato di Bruno Pizzul, suo predecessore in veste di telecronista della Nazionale. Civoli ha parlato con affetto di Pizzul: “Era un simbolo, un’icona”.
A cura di Alessio Morra
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All'età di 86 anni è venuto a mancare Bruno Pizzul, giornalista e soprattutto telecronista. Con la sua voce e il suo stile ha raccontato per tanti anni le partite dell'Italia, è stata la voce delle ‘Notti Magiche', ma non solo. Nelle ore successive tutto il mondo del calcio lo ha onorato. Marco Civoli, che è stato uno dei suoi successori nelle telecronache della Nazionale, a Fanpage ha lasciato il suo ricordo.

Ha avuto la fortuna di lavorare al fianco di Pizzul per tanti anni, come è stato all'inizio?
Per una quindicina d'anni abbiamo lavorato assieme, a Milano. Per me è sempre stato un punto di riferimento, e in generale per tutti noi, per quelli più giovani. Io arrivai in Rai nel 1988. Lui già dal 1986 faceva le telecronache della Nazionale. Già lo conoscevo perché ci incontravamo a San Siro, ma trovarselo lì, tutti i giorni, soprattutto all'inizio, è stata una cosa da intimorirsi. Perché era una figura imponente, poteva intimorire, ma conoscendolo si capiva che non era così.

Quali sono stati i consigli che ha ricevuto da Pizzul?
Ci ha dato tanto. Dalle cose più semplici, al fatto di non prendersi molto sul serio. Secondo lui il telecronista non doveva sostituirsi all'evento. Il telecronista piuttosto doveva interfacciarsi con il pubblico, doveva essere una sorta di traghettatore. L'evento era la cosa più importante. Chi fa una telecronaca deve descrivere quello che vede, non deve diventare personaggio oltremisura.

Bruno Pizzul a Trieste nel giorno della sua ultima partita da telecronista dell'Italia.
Bruno Pizzul a Trieste nel giorno della sua ultima partita da telecronista dell'Italia.

Tra i tanti consigli qual è stato quello che ha tenuto più a mente?
Erano più battute, che consigli. Non fare troppi danni, cerca di essere sempre sul pezzo. Descrivi l'evento. Poi ognuno aveva e ha uno stile personale che è differente. Lui era una figura inarrivabile e inimitabile. Poteva dare consigli, ma ognuno di noi nuotava con le proprie braccia e proprie gambe. La cosa più importante era di evitare di fare troppi danni, era una battuta semplice, ma significativa, che stava a testimoniare non occorreva buttare troppa carne al fuoco, ma cogliere gli aspetti essenziali.

Pizzul è stato il telecronista dell'Italia in cinque Mondiali, nei quali la Nazionale non è mai riuscita a vincere. A lei invece quest'onore è capitato. Avete mai parlato di questo?
Non ha mai toccato questo tema. Pure perché so che per lui non era importante, lui era un uomo semplice, un uomo del popolo. Lui è stata una figura importante e irripetibile, anche se non ha mai avuto l'opportunità di commentare gli azzurri come campioni del mondo o d'Europa. Per lui non era importante. Non era una caratteristica che voleva avere.

Non ha avuto il piacere di commentare un'Italia campione del mondo, ma è stato telecronista di tanti successi europei dei club di Serie A.
È stato un personaggio molto trasversale, amato da tutte le tifoserie. Lui era nato a Cormons, aveva una grande simpatia per l'Udinese, e per il Torino. Non ne ha mai fatto una questione di bandiera. Chi lo incontrava non gli chiedeva per quale squadra tifa. Lui era un simbolo, un'icona. Ho visto che il Milan lo ha ricordato, perché lui è stato il telecronista di quella finale del 1994, di Atene, del 4-0 al Barcellona.

Roberto Baggio dopo aver fallito il rigore nella finale dei Mondiali Usa '94.
Roberto Baggio dopo aver fallito il rigore nella finale dei Mondiali Usa '94.

Ha un ricordo particolare, un aneddoto, extra calcio, che vuoi condividere con noi?
Una volta scherzando mi disse che non amava la tecnologia. A lui fu consegnato uno dei primi telefonini, che era un pezzo preistorico in rapporto a quelli di oggi. Una volta gli dissi: ‘Ma non ce l'hai il telefono qui in America Zio Bruno?'. Lo chiamavo così. Mi rispose: ‘No, l'ho buttato nell'Hudson'. Credo di averlo visto raramente davanti a un computer.

Bruno Pizzul era unico in tante cose, anche nel modo di preparare le partite.
Lui amava la vita, il cibo, il buon bere, il buon bere, la compagnia dei suoi amici, della sua famiglia. Ricordo che una volta eravamo a Napoli, la partita era nel tardo pomeriggio, lui fu invitato non ricordo da chi a pranzo, ci andò e uscì dal ristorante alle 16:30 non curante che avrebbe commentato una partita poche ore dopo. Era talmente unico nel suo genere che non stava lì a pensare: ‘Oddio non devo bere o mangiare prima di una telecronaca'".

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