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Diego Armando Maradona morto a 60 anni

Maradona in campo ammaliava anche gli arbitri (e a volte li ingannava)

Il rapporto di Diego Armando Maradona con gli arbitri è stato altalenante: più pacato da giocatore, quando anche i direttori di gara venivano ammaliati dalle sue giocate; molto più duro nella sua carriera da allenatore, tanto da chiedere aiuto al suo traduttore pur di protestare con l’arbitro arabo.
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"C'è da non crederci, ma io quel gol è come se non lo avessi visto. Me ne resi conto la sera, quando guardai la tv". "Quel gol" è la punizione a due segnata contro la Juventus il 3 novembre dell'85, e a parlare – in una recente intervista – è l'arbitro di quella gara, il pisano Giancarlo Redini. Incredulo, come i compagni di squadra di Diego, come gli ottantamila del San Paolo. Cerca di restare calmo e distaccato il più possibile, come si addice a un arbitro: "In campo – dice –  non si guarda come gioca un calciatore persino quando questo si chiama Maradona", anche se è impossibile restare indifferenti di fronte a campioni del genere. A ricordarglielo è lo stesso pubblico allo stadio: "Dopo l’1-0 lui perdeva tempo e dovetti ammonirlo. Fu difficile, mi fischiavano tutti".

Napoli-Verona, la traiettoria che conquista anche l'arbitro

Quando la magia di una giocata riesce a sciogliere le formalità. Si può riassumere così il rapporto di Maradona con gli arbitri, almeno quelli italiani, che lo hanno visto giocare con la maglia del Napoli. Il 20 ottobre del 1985 in campo al San Paolo ci sono – tra gli altri – Maradona, il portiere del Verona Giuliano Giuliani e l'arbitro Rosario Lo Bello. Il primo sta per far partire un tiro dalla traiettoria perfetta da circa metà campo, il secondo sta per rendersi conto che no, non è stata una buona idea stare così fuori dai pali con il pallone nei pressi del "Pibe" e il terzo sta per realizzare di essere molto fortunato a trovarsi lì in quel momento. "Non posso che ricordarla – dichiarò poi il fischietto siciliano – come una delle perle più pregiate che Maradona ha riservato alla sua platea. Ed in quel momento della platea facevo parte anch’io, forse solo un po' più vicino degli altri". Ovviamente non è stato sempre tutto rose e fiori con i direttori di gara. Ma in Italia Diego si è sempre espresso con ironia, a volte con durezza, senza mai oltrepassare il limite. Come quando per contestare l'arbitro Fabio Baldas, "colpevole" di aver convalidato alla Juventus un gol contro il Napoli segnato da Casiraghi dopo un controllo di mano, negli spogliatoi si inventò il motivetto "Attenti a Baldas" sulle note di "Attenti al lupo" di Lucio Dalla. "Diego me la cantò anche nel sottopassaggio, nel pullman e nell'aereo di ritorno a Napoli", rivelò poi il direttore di gara.

Le proteste colorite del Maradona allenatore

La versione da allenatore del "Pibe de Oro" è stata molto meno indulgente nelle proteste. Finché ha indossato gli scarpini, Diego ha potuto dribblare (nel vero senso della parola) i presunti torti e ristabilire con una giocata la giustizia del campo. Ma dalla panchina è diverso. Quando allenava i Dorados de Sinaloa nel 2018 ha accusato gli arbitri messicani di non conoscere il regolamento. "Giochiamo a calcio, non a baseball, ma loro non lo sanno", disse nel postpartita, accusandoli di aver negato un rigore alla sua squadra per timore di venir accusati di aver favorito il team di Maradona. A tale Espinoza, direttore del match tra il suo Gimnasia La Plata e il Banfield nel novembre scorso, El Pibe disse che è un arrogante e che "ci vede come Bocelli". Una volta in Arabia Saudita scomodò il suo traduttore personale perché non riusciva a far capire i suoi insulti all'arbitro della sfida tra il suo Dibba Al-Fujairah e il Bani Yas. L'espulsione che ne derivò fu però ben recepita, una mano tesa a indicare gli spogliatoi, linguaggio universale per dire che si è andati troppo oltre.

La polemica con l'arbitro della finale di Italia '90

Espulsione che gli fu invece risparmiata da Edgardo Colesal, l'arbitro designato per dirigere la finale dei Mondiali di Italia 90 tra Germania e Argentina. Il pubblico dell'Olimpico coprì di fischi l'inno nazionale argentino, e Maradona – inquadrato dalle telecamere di tutto il mondo – imprecò più volte, chiamando i contestatori "hijos de puta". "Se avessi applicato il regolamento, avrei dovuto espellerlo prima della partita", ha dichiarato il direttore di gara alla radio sudamericana Tirando Paredes. "Cercai di calmarlo e spiegargli che partita stavamo giocando – ha aggiunto – ma lui ha continuò a borbottare ed insultare". Al momento del calcio di rigore che decise la gara in favore della Germania, con conseguente espulsione di Pedro Monzón, Maradona andò a protestare accusandolo di star portando avanti "una rapina a mano armata dalla FIFA", e che Colesal era stato mandato a dirigere quella gara "per non far vincere l’Argentina". Un rapporto tutt'ora complicato quello tra l'ex arbitro messicano e i connazionali di Diego: "Ce l'hanno ancora con me: ricevo auspici di morte da coronavirus, e così i miei parenti". E per quanto riguarda Maradona, "da giocatore ha la mia massima ammirazione, ma come persona è una delle peggiori che abbia mai incontrato, è sgradevole".

L'amicizia con l'arbitro della "Mano de Dios"

Non è dello stesso avviso Ali Bin Nasser, passato alla storia come l'arbitro che non ha visto il tocco di mano con cui Maradona ha beffato Peter Shilton nella celebre "Mano de Dios" che consegnò il vantaggio all'Argentina contro l'Inghilterra nei quarti di finale del Mondiale del 1986. I due sono sempre rimasti in buoni rapporti, e Maradona è perfino andato a trovarlo in Tunisia 5 anni fa: in quell'occasione si scambiarono dei regali: Bin Nasser gli consegnò la fotografia della partita che teneva a casa sua, mentre Maradona lo omaggiò con una maglia dell’Argentina e la dedica "al mio amico Ali". "Gli dissi che quella Coppa del Mondo l'aveva vinta lui, non l'Argentina", rivelò poi l'arbitro. "Mi rispose che se non fosse stato per me, non ci sarebbe stato il gol del secolo". La seconda rete di quella partita, poi, è passata alla storia come il gol più bello mai realizzato, gli "undici tocchi" con i quali Maradona seminò mezza formazione avversaria prima di depositare in rete. "Rimasi estasiato – ha dichiarato Bin Nasser a Fanpage.it – tanto che avevo il fischietto in bocca per tutta l'azione pensando che l'avrebbero buttato a terra. Ma ci sono riusciti solo quando ha segnato".

Maradona favorevole al Var: "Smaschera i ladri"

Il Var avrebbe senza dubbio annullato la rete del vantaggio contro gli inglesi, così come, 4 anni dopo, gli sarebbe costata un'espulsione per quella "parata" sulla linea di porta contro l'Urss a Napoli su colpo di testa di Kuznetsov. Nonostante tutto, però, Maradona è sempre stato favorevole all'introduzione della tecnologia: "Non possiamo farne a meno, ormai è ovunque", dichiarò un paio di anni fa in un'intervista. "Credo che la Var sia ottima – aggiunse – perché riflette quello che accade in campo, non si tratta di dire era gol o no gol, fuorigioco o non fuorigioco. Ora l’arbitro ha uno strumento in più per dire alla gente che la FIFA adesso è più trasparente. Prima il calcio era dominato da ladroni come Blatter, Grondona (ex vicepresidente Fifa, ndr). Ma alla fine i ladri inciampano e credo che la Var sia buona anche per questo". Uno strumento che, fosse esistito mentre giocava lui, gli avrebbe consentito di essere più tutelato. Normale per uno del suo talento essere il bersaglio preferito dei difensori avversari: in tre Mondiali giocati ha subito 151 falli, il triplo di chiunque altro. Ma per sedurre gli arbitri non aveva bisogno di protestare: gli bastava semplicemente giocare.

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