Per sempre. Un ricordo è per sempre. Diego Armando Maradona è morto oggi, 25 novembre, nello stesso giorno in cui quattro anni fa ci lasciò Fidel Castro. Meno di un mese dopo che il mondo dello sport e non solo si era fermato per tributargli un grande, infinito abbraccio per i suoi 60 anni. Coincidenze. Casi del destino. Chiamateli come volete. L'unica certezza è questa: Diego non c'è più, da adesso in poi resterà soltanto Maradona. Il mito, il campione, la leggenda, l'icona del ‘900 al pari dei Beatles, di Marilyn Monroe, di Martin Luther King.
Se il corpo terreno del pibe de oro da oggi non è più tra noi, resta quello pubblico, della star, di un calciatore da leggenda che non è mai stato soltanto un calciatore. Perché Diego Armando Maradona è stato tanto altro: un simbolo del riscatto del suo paese (l'Argentina umiliata dalla dittatura militare), di una città del Sud Italia che non aveva mai primeggiato nello sport (Napoli), un uomo in lotta contro il potere, calcistico e non solo. Umiliato e offeso, circondato per una vita da persone che hanno finto di amarlo e di lui si sono approfittati, fino a distruggerlo. Un uomo di infinita tenerezza s'era nascosto per tutta la vita dietro la facciata superba del povero nato nella miseria e nella fame di Villa Fiorito ed era diventato Dio.
Non ha superato i suoi demoni, tutti sapevamo che non ce l'avrebbe fatta. Diego è morto e risorto mille volte, ma adesso non accadrà più. Eppure nessuno di noi avrebbe mai immaginato di sopravvivere alla morte di Dio.
Diego Armando Maradona è morto. E con lui la nostra giovinezza per sempre. Il Dio del calcio ci ha lasciato e purtroppo non risorgerà tra tre giorni. Ma il nostro cuore è ancora lì, su quegli spalti del San Paolo, a Napoli, mentre cantiamo: "O mamma mamma mamma, sai perché mi batte il coràzon, ho visto Maradona, ho visto Maradona…"