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Diego Armando Maradona morto a 60 anni

Maradona è morto, chi ama il Dieci non dimentica

Maradona è morto a 60 anni per un arresto cardiaco. Un mese fa l’ex Pibe de oro ha subito un’operazione alla testa per la rimozione di un edema. Sembrava guarito e sulla via della riabilitazione. Le sue condizioni sono peggiorate improvvisamente fino al decesso. È morto il campione ma vive nei cuori del suo popolo, argentino e napoletano.
A cura di Maurizio De Santis
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Diego Armando Maradona è morto. A 60 anni, compiuti quasi un mese fa. Sì, l'ex Pibe de Oro è morto. E quasi stenti a crederci. È uno scherzo, scuoti la testa e resti senza fiato. Dai Diego, così non vale. Così non è bello. È tutto vero. Tante volte ha preso la morte sotto braccio, le ha offerto un cohiba e un bicchiere di rum, s'è le fatta amica. Questa volta non ce l'ha fatta. L'ultimo bicchiere l'hanno consumato assieme, poi è arrivato il momento di andare. Per sempre. Il cuore, quel cuore d'acciaio che aveva resistito a tutto, ha smesso di battere proprio quando l'ex asso argentino aveva compiuto l'ultimo miracolo di una vita spericolata: superare l'operazione alla testa per la rimozione di un edema. Non era solo depressione. Non era solo un crollo emotivo. È tutto, terribilmente reale.

È morto il più grande calciatore di tutti i tempi, perché el Diez era ed è meglio di Pelé. È morto il campione che prese in prestito la mano de dios e la usò per dare un segno di pace a quell'Inghilterra che la nazione dei generali aveva sfidato in guerra. È morto il mago che fece scomparire il pallone al Mondiale in Messico: una finta, un'altra e poi una ancora fino a spingere in porta il pallone siglando il gol del secolo.

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È morto il ragazzo venuto da Villa Fiorito, che palleggiava con le arance, ha conosciuto la povertà e i morsi della fame. È morto il Re di Napoli, il figlio del popolo salito sul trono regalando alla sua gente due scudetti e una Coppa Uefa che valsero molto di più di un trionfo sportivo. Furono riscatto emotivo, gioie, emozioni, gesti tecnici fantastici, colpi da manuale e punizioni esiziali, il pallonetto calibrato da distanza siderale contro il Verona e il tiro franco che beffò la Juve. "Tanto gli faccio gol lo stesso", mormorò lo scugnizzo che fece lo sgambetto alla ‘vecchia signora'. E così fu. E maledizione, adesso è davvero difficile credere sia accaduta una cosa del genere.

Maradona è morto pur essendo sopravvissuto a se stesso. È morto il calciatore che non è mai stato un uomo normale. Come avrebbe potuto con quel talento divino? Ha giocato con la vita accanto alla morte. Ha tenuto stretta l'una, infilandole una manciata di sigari nel taschino, e ha compiaciuto l'altra che lo ha risparmiato perdonandogli ogni cosa. Abusi, eccessi, camorristi in vasca, squalifiche per doping da cocaina ed efedrina, arresti cardiaci, terapie per la riabilitazione, il vizio di bere e farsi del male, grasso fino a sottoporsi a un bypass gastrico per non esplodere.

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Fenomeno laico, lo odi oppure lo ami. Diego accanto a Evita, Che Guevara e San Gennaro. Tra sacro e profano. Sempre da una parte, quella del pueblo unido che jamas sera vencido. Da un capo all'altro del mondo. Nel bene e nel male, non è mai successo che altri pagassero per lui. E poi chi è senza peccato, scagli la prima pietra.

Diego è sempre stato lì nel Corpo di Napoli che l’ha accolto, osannato, soffocato d’affetto, risucchiato nel ventre caldo e molle dei vicoli. Diego è lì, in quelle strade dove si aggira ancora la leggenda di dio imperfetto calato in terra, raffigurato in quell'edicola votiva incastonata nei pressi della statua del Nilo dove schiere di fedeli (e di curiosi) ne venerano il capello e gli rendono grazie recitando una preghiera. Maradona è morto ma vive nei cuori della sua gente. Chi ama il Dieci, non dimentica.

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Da venticinque anni nel mondo dell’informazione. Ho iniziato alla vecchia maniera, partendo da zero, in redazioni che erano palestre di vita e di professione. Sono professionista dal 2002. L’esperienza mi ha portato dalla carta stampata fino all’editoria online, e in particolare a Fanpage.it che è sempre stato molto più di un giornale e per il quale lavoro da novembre 2012. È una porta verso una nuova dimensione del racconto giornalistico e della comunicazione: l’ho aperta e ci sono entrato riqualificandomi. Perché nella vita non si smette mai di imparare. Lo sport è la mia area di riferimento dal punto di vista professionale.
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