Mancosu operato per un tumore: “Ho visto il terrore negli occhi delle persone che amo”
"Ho visto il terrore negli occhi delle persone che amo". Il 26 marzo scorso Marco Mancosu è stato operato per un tumore. Ha scoperto di essere gravemente malato e da allora la vita non è stata più la stessa. "Ho visto un mondo che non avrei mai pensato di conoscere", dice nell'incipit del messaggio che ha condiviso su Instagram a corredo di una foto bellissima, struggente e commovente. Accanto a sé ha la piccola che lo abbraccia e gli dà un bacio tenerissimo. Ha rischiato di perdere tutto, ma ce l'ha fatta: "Io, ho già vinto". E anche se non è del tutto al sicuro, d'accordo con i medici, ha deciso di ricominciare ad allenarsi tornando in campo prima dei tempi prestabiliti.
È sceso all'inferno. Lo ha toccato con mano. Ne ricorda tutti i volti, la sofferenza quotidiana. Certe cose ti restano dentro per sempre anche se l'hai scampata. Cose non puoi dimenticarle, ti prendono e ti scuotono fin dentro l'anima. E la consapevolezza di essere abbastanza fortunato da poterle ancora raccontare ti dà la certezza di essere vivo. Che nonostante tutto, null'altro valga di più dell'abbraccio di tua figlia, del sorriso delle persone più care.
Ho visto il terrore e la preoccupazione di mia moglie che per lo stesso motivo ha perso il padre quest’estate – si legge ancora nella confessione social del calciatore -. Ho avuto la paura di non poter crescere mia figlia, ho fatto esami nei migliori centri italiani, con affianco gente che ad oggi non so nemmeno se sia viva, se sia riuscita a superare la propria malattia.
Mancosu ha 32 anni e gioca nel Lecce. È un centrocampista di lotta e di governo, di quelli che nel cuore della mediana danno tutto: cuore e gambe, fino a quando ce n'è. Non è finita fino a quando non è finita, recita un vecchio adagio del calcio che invita a non mollare. Mai. A lottare con l'umiltà di sempre. Marco ha continuato a farlo ma questa volta la posta in palio era più alta, preziosa più di ogni altra cosa al mondo, più di ogni stupido rigore sbagliato o gol fallito d'un niente.
Là, in quella sala d’aspetto non ci sono ragioni sociali, non conta se sei un avvocato, un calciatore, un presidente o un normalissimo impiegato. Là siamo tutti uguali, tutti alle prese con qualcosa che non possiamo controllare. I medici mi hanno detto che la mia stagione era finita e che dovevo pensare all’anno prossimo. Dopo due settimane ero in campo a correre. Dopo un mese sarei dovuto tornare a Milano per sapere se dovessi fare la chemio o meno, non ci sono ancora andato perché voglio fare la cosa che amo di più al mondo, giocare a calcio, poi si vedrà a fine campionato.
Ha deciso di parlare solo ora perché quando ti crolla il mondo addosso hai bisogno di raccogliere tutte le forze per rimetterti in piedi. E quando ci riesci, capisci che puoi tutto. Ha rischiato di perdersi, ma non s'è smarrito. Ha trovato il coraggio e la forza di resistere grazie al sostegno delle persone che ama. E dal giorno dell'operazione, da quel 26 marzo che lo ha visto sul letto della sala operatoria a fare i conti con la vita, dice: "Sono ancora più orgoglioso di me stesso e di chi ho affianco". Questo per lui significa "essere uomo" per davvero.
La vita può non essere sempre giusta perché non penso che né io né nessun altro a questo mondo meriti di avere un tumore ma penso anche che non debba mai mancare il coraggio, il coraggio di affrontare ogni tipo di avversità che la vita ci mette davanti, il coraggio di prendersi responsabilità, il coraggio di mostrarsi deboli ed essere più forti di quanto si creda.