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Maehle svela l’incubo vissuto all’Atalanta: “Come in una prigione, Gasperini è quasi un dittatore”

Dopo la cessione al Wolsfburg il terzino danese Joakim Mahele ha attaccato duramente i metodi utilizzati dal suo ex allenatore Gian Piero Gasperini che gestirebbe l’Atalanta come una prigione rivelando alcuni retroscena avvenuti nei due anni e mezzo trascorsi a Bergamo.
A cura di Michele Mazzeo
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Nell'ultima sessione di calciomercato Joakim Maehle è passato al Wolfsburg lasciando l'Atalanta e la Serie A dopo due stagioni e mezzo. E per lui è stata una vera e propria liberazione. Già, perché, contrariamente a quanto si poteva pensare, per il terzino danese la permanenza nella squadra orobica è stata un incubo a causa del regime quasi dittatoriale imposto dall'allenatore Gian Piero Gasperini.

Nel corso di una conferenza stampa dal ritiro della Danimarca, il classe '97 ha infatti svelato diversi retroscena riguardo ai metodi poco ortodossi con cui il tecnico piemontese gestisce la squadra, metodi che, a detta di Maehle, rendono permanenza all'Atalanta simile a quella in una prigione: "Ci allenavamo sempre. L'allenatore decideva tutto. E non c'era davvero nessuna libertà per noi calciatori. Anche se vivevi in ​​un bel posto e il tempo era bello, non avevi mai il tempo di godertelo perché praticamente vivevamo nel centro di allenamento" ha infatti risposto il calciatore danese a chi gli chiedeva perché ha deciso di lasciare Bergamo.

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Inevitabili a quel punto le domande per avere maggiori dettagli riguardo al clima che si respirava all'Atalanta e al modo di gestire la squadra adottato da Gian Piero Gasperini: "Da quello che dici sembra che tu all'Atalanta abbia vissuto come in prigione e che il tuo allenatore avesse un approccio dittatoriale?" ha chiesto difatti uno dei giornalisti presenti.

La risposta del calciatore è un vero e proprio attacco al suo ex tecnico: "Non volevo dirlo, ma è così – ha difatti detto Maehle –. L'allenatore decideva davvero su tutto. Se per esempio avevamo una doppia seduta di allenamento e nel pomeriggio diceva che dovevamo rimanere a dormire al centro la sera perché pensava che dovessimo farlo non ti era permesso tornare a casa" ha quindi proseguito il terzino danese.

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"Si potrebbe definire ‘gestione basata sulla paura' o cattiva gestione, o comunque la si voglia chiamare, ma almeno ora sono preparato a ciò che incontrerò in seguito. Non ti senti una persona. Ti senti un numero. Non hai alcun tipo di dialogo con l'allenatore" ha quindi aggiunto Joakim Maehle continuando a raccontare l'incubo personale vissuto all'Atalanta con Gian Piero Gasperini.

E concludendo il suo sfogo il nazionale danese ha raccontato un altro aneddoto riguardante il modo di gestire l'Atalanta da parte del tecnico piemontese: "Può tormentare qualcuno anche per cose banali. Ad esempio si è fissato con me quando a Bergamo è arrivato Rasmus Højlund: io lo passavo a prendere e andavamo insieme al centro d'allenamento e la sera lo riaccompagnavo a casa – ha difatti svelato il 26enne ora di proprietà del Wolfsburg.

Ma lui non voleva che andassimo insieme agli allenamenti e per questo mi ha rimproverato nonostante la società fosse d'accordo che io portassi Højlund agli allenamenti dato che lui non guidava e non aveva nessuno che lo poteva accompagnare. Lui non voleva perché così ci sarebbe stata occasione di stare da soli insieme per parlare e divertirci" ha infine chiosato Joakim Maehle che di certo non si è lasciato bene con Gian Piero Gasperini.

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