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L’ultimo ballo della Croazia di Modric, un ciclo arrivato al capolinea

Tre anni fa la Croazia raggiungeva la finale dei Campionati del Mondo, venendo battuta solo dalla Francia. Oggi lo stesso tecnico Dalic dichiara che non è più quella squadra perché Rakitic ha detto addio e gli altri grandi stanno cedendo il passo. Una nuova grande generazione non è pronta e questi Europei saranno un ultimo ballo ancora pieno di bellezza e malinconia.
A cura di Jvan Sica
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Tutte le Nazionali, tranne la Germania che nel momento più basso della sua storia clacistica in quanto a talento generale schierabile in campo è arrivata in finale mondiale nel 2002, vivono di cicli, con alti e bassi molto evidenti, non ammortizzabili come fa un club che ha il mercato a disposizione per sopperire agli sbalzi. È accaduto addirittura anche al Brasile, che tra il 1986 e il 1990 ha avuto un down molto chiaro, anche se la Copa America con un giovane Romario nel 1989 riuscì a conquistarla. Se ci sono i cicli quindi, c’è anche la fine dei cicli stessi, che può essere vissuta e portare a risultati totalmente opposti. L’ultimo fine ciclo a cui abbiamo assistito è stato quello della Generación Dorada della Spagna di Iniesta a Russia 2018. Luis Enrique, in maniera molto intelligente infatti, ha deciso di fare un reset e non restare in nessun modo legato a quella dinastia già per le convocazioni in vista di questo Europeo. La sensazione che ci sia un’altra fine di ciclo che stiamo per vivere è anch’essa molto evidente e riguarda la Croazia, finalista agli ultimi Mondiali proprio in Russia.

“A differenza di molti giocatori piccoli, che cercano di trovare spazio lontano dal cuore dell'azione, Luka va proprio lì, lottando per la palla con giocatori che sono più grandi e più forti di lui. E solitamente ne esce fuori con la palla al piede. Ogni parte del suo gioco è perfetta. Continuo a dirgli ogni giorno che lui è il migliore giocatore in Europa” – Slaven Bilic su Modric

Da quella finale mondiale con la Francia, momento più alto nella storia del calcio croato, la squadra di Zlatko Dalić ha perso tanto, a volte contro squadre anche più deboli. Appena dopo il Mondiale si era letteralmente sgonfiata, prendendo anche un 6-0 dalla Spagna. Con le qualificazioni europee è leggermente migliorata, anche perché i suoi uomini cardine avevano superato problemi fisici, vincendo il proprio girone, ma nella successiva Nations League ha continuato a prendere 4 gol da Portogallo e Francia, perdendo anche in casa contro le squadre di Cristiano Ronaldo e Griezmann.

Insomma è una squadra in netta fase calante che arriva a questi Europei senza grandi energie residue ma che può però intraprendere l’altra strada che appare a chi è alla fine del ciclo, ovvero ballare un ultimo ballo insieme, cercando di andare oltre anche le possibilità attuali, sperando in un po’ di fortuna. La Croazia ha ruotato per anni intorno a tre elementi: Dejan Lovren in difesa, che è classe 1989 e ha giocato un campionato discreto allo Zenit San Pietroburgo, Modric a centrocampo, che è del 1985, dimostrando quest’anno ancora una volta di essere il calciatore capace di prendere nelle mani qualsiasi partita. Rispetto a qualche anno fa però serve sempre un buono stato di forma e anche compagni più attenti nel coprirgli le spalle. Il terzo uomo è o meglio era Rakitic, il quale ha detto addio alla Nazionale.

“I miei giocatori non sono normali” – Il ct Dalic dopo la semifinale mondiale a Russia 2018

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C’è poi una generazione di mezzo, che non ha il talento di questi tre ma ha dimostrato in Russia di valere molto. Ai Mondiali fu entusiasmante il torneo di Šime Vrsaljko, che però dal luglio 2018 in poi ha giocato pochissimo per un’operazione al ginocchio e da dicembre ha giocato con l’Atletico Madrid solo 9 partite, Domagoj Vida, altro 1989, uscito dai radar del grande calcio con il passaggio al Beşiktaş e Ivan Perišić, anche lui classe 1989 che conosciamo bene, in alcune partite sembra Gento in altre è una tassa altissima da pagare.

C’è una generazione giovane che deve dimostrare di essere all’altezza in questi Europei, ma sono tutti calciatori su cui il punto interrogativo è marchiato bello grosso. Se Mario Pašalić non è diventato titolare più che inamovibile dell’Atalanta ci sarà un motivo? Se Duje Ćaleta-Car ogni tanto fa sbandare la difesa dell’Olympique Marsiglia magari vuol dire che non è il calciatore che tutti pensavano diventasse quando era ragazzino e lo stesso Ante Rebić, a dir poco clamoroso ai Mondiali, sembra sempre un giocatore che può giocare la partita brutta, rovinandola.

“Tre anni fa abbiamo fatto un risultato storico, eravamo secondi al mondo. Ma questa non è la stessa squadra, ci sono diversi giocatori nuovi, giovani, che senza dubbio hanno talento, ma abbiamo bisogno di tempo per giocare e farci notare” – Zlatko Dalic

Il tecnico Dalić sembra però avere le idee chiare e giocarsi le sue carte con la struttura che conosce meglio insieme ai suoi ragazzi. La difesa si schiera a 4, il centrocampo a 3, con Modric padrone di tutto, Kovacic a supporto che dovrebbe fare a tutti gli effetti le veci di Rakitic e Brozovic a correre per entrambi. In attacco Perišić e forse le due novità vere che devono mostrare un’altra faccia della Croazia, Brekalo a destra, con due esterni che giocano sulla fascia del proprio piede forte (e magari ritorna a essere un nuovo must se le cose vanno bene) e un centravanti che può essere vero se si scelgono Kramaric o Petkovic, o falso se si gioca con Rebic, cosa per me molto probabile.

Di sicuro potrà essere l’ultimo o, se Modric e Perisic vogliono attendere, il penultimo ballo, dato che Qatar 2022 è dietro l’angolo. Altra cosa sicura però è il fatto che questa Croazia ha cambiato anche un po’ delle idee riguardanti le Nazionali, mostrando come nel cuore del gioco possono esserci talenti infiniti, due se non tre numeri 10 e avere comunque la compattezza e l’equilibrio giusto per arrivare fino in fondo. Solo per questo meritano musica dolce per il loro Last Dance.

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