L’ultima volta di Vialli in pubblico, accanto all’amico Mancini per celebrare “una storia d’amore”
La morte di Gianluca Vialli ha scosso il calcio italiano e internazionale. L'ex centravanti di Cremonese, Sampdoria, Juventus e Chelsea e allenatore si è spento a 58 anni, dopo che le condizioni di salute erano improvvisamente peggiorate a causa del tumore al pancreas, costringendolo a sospendere il suo incarico di capo delegazione della Nazionale, formalizzato attraverso un messaggio audio inviato a tutti i suoi compagni di avventura e al ricovero in una clinica di Londra. La sua ultima apparizione in pubblico invece risale a due settimane fa, in occasione di una puntata di "Che tempo che fa".
Vialli era intervenuto nella trasmissione televisiva condotta da Fabio Fazio, al fianco del suo amico fraterno Roberto Mancini. Una vita insieme quella dei due ex calciatori, legatissimi anche fuori dal campo e ritrovatisi poi fianco a fianco nella cavalcata dell'Italia negli Europei della magica estate 2021. L'ex coppia gol della Sampdoria, si è data appuntamento in TV per parlare di un'altra eccezionale impresa sportiva, quella compiuta in blucerchiato nella stagione 1990-1991. Uno Scudetto storico, che è l'oggetto di un docu-film di Marco Ponti "La bella stagione", che vede ovviamente i due "gemelli del gol" protagonisti.
Chi meglio di loro per parlare di quell'indimenticabile impresa proprio al cospetto di un tifoso sampdoriano doc come Fabio Fazio. In quell'occasione Luca Vialli si è mostrato emozionato, nel tornare a parlare di quanto realizzato a Genova. Dietro il merito sportivo di quel titolo, l'ex attaccante ha voluto sottolineare a Che tempo che fa i valori di quel gruppo, che possono essere esemplari ancora oggi, anche in altri contesti.
Impossibile restare indifferenti: "È una storia d’amore tra noi e un club straordinario e racconta di un’avventura sportiva bellissima ma anche di quello che succedeva fuori dal campo e quindi vengono fuori dei valori importanti che abbiamo pensato di raccontare e trasmettere alle nuove generazioni. Senso di appartenenza, attaccamento, amicizia, la voglia di fare qualcosa di importante tutti insieme. Siamo veramente soddisfatti di quello che ne è venuto fuori, e io ho pianto quando l’ho visto. È stato bellissimo farlo e molto emozionante vederlo".
Un'eredità importante dunque per cercare di trasmettere qualcosa di importante, extra-sport: "Vorrei aggiungere che non è solo un racconto sportivo, il diario di una stagione, ma il nostro sforzo è stato quello di trasmettere i valori alla base di quella cultura che ci portò a vincere qualcosa che credo valgano oggi non soltanto in campo sportivo ma in tutti gli ambienti in cui si cerca di fare squadra e ottenere un obiettivo comune".
E Vialli si è sempre contraddistinto anche per il suo spirito guascone. La commozione ha lasciato il posto ai sorrisi quando si è parlato della mitica esultanza in mutande post vittoria decisiva contro il Lecce. E non è mancato anche un po' di simpatico imbarazzo: "Eleganza assoluta. Assolutamente, non rinnego niente degli errori che si fanno in gioventù e poi gli anni ’80 sia per la musica che per il fashion… però da qui a mettersi le calze bianche… diciamo che sono migliorato col tempo e andare a Torino e a Londra mi ha aiutato". Con Mancini che ci ha scherzato su: "Erano le sue mutande speciali, ci giocava solo lui con quelle mutande lì".
Impossibile poi non ripensare all'iconico abbraccio tra Vialli e Mancini a Wembley dopo la vittoria degli Europei con la nazionale italiana. Per entrambi lì si è chiuso un cerchio dopo la cocente delusione vissuta nella finale di Coppa dei Campioni con la Sampdoria. E riascoltare oggi le parole di Luca Vialli su quell'abbraccio è un ulteriore colpo al cuore: "Da parte mia è stato un abbraccio completo, c’era un po’ tutto. C’era l’aspetto sportivo e il ricordo di Wembley, la gioia per un nuovo traguardo raggiunto e inaspettato. C’era la paura che aveva condizionato entrambi per via delle mie condizioni. C’è stato tutto questo, le lacrime erano piene di tutti questi sentimenti in un colpo solo e sono quelli abbracci più belli rispetto a quelli che ci davamo quando io gli passavo la palla e lui faceva gol".