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Guerra in Ucraina

Lo striscione dei tifosi della Stella Rossa contro tutte le guerre: citano la Nato e gli Usa

Russi e serbi fratelli per sempre. È all’insegna di questo slogan che nelle settimane scorse da Belgrado è arrivato un messaggio fuori dal coro scandito dai supporters serbi. La coreografia messa in scena in Europa League fa riflettere e discutere per un motivo.
A cura di Maurizio De Santis
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La coreografia dei tifosi della Stella Rossa fa discutere per i riferimenti storici alle guerre scatenate dall'Occidente e dagli Stati Uniti in particolare.
La coreografia dei tifosi della Stella Rossa fa discutere per i riferimenti storici alle guerre scatenate dall'Occidente e dagli Stati Uniti in particolare.
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All we are saying is give peace a chance. L'ultima frase degli striscioni esposti dai tifosi della Stella Rossa di Belgrado è un verso della canzone di John Lennon, Give Peace a Chance. "Tutto quello che stiamo dicendo è dare una possibilità alla pace". Perché hanno scelto proprio quella? In un momento in cui l'opinione pubblica internazionale è scossa per il conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina la coreografia messa in scena al Marakanà, durante il match di Europa League giocato giovedì sera, fa discutere.

Una scenografia polemica che utilizza un messaggio ecumenico per fare il controcanto rispetto alla narrazione prevalente sull'invasione e sull'operazione militare ordinata da Putin. Sulle gradinate, tra le luci, campeggiavano i riferimenti storici e cronologici alle guerre messe in atto dai Paesi dell'Occidente che fanno parte della Nato e in particolare dagli Stati Uniti (Dalla Corea alla Jugoslavia, passando per il Vietnam sono alcuni di quelle indicate). Guerre che, secondo l'intento dei supporter balcanici, non hanno avuto lo stesso risalto mediatico né una narrazione equilibrata rispetto a quanto viene raccontato sulla crisi deflagrata nel cuore dell'Europa.

Russi e serbi fratelli per sempre. È all'insegna di questo slogan che nelle settimane scorse da Belgrado, scandito dai supporters serbi, è arrivato un messaggio fuori dal coro, una presa di posizione differente rispetto alle sanzioni durissime che hanno colpito la Russia anche nel mondo dello sport. Dal calcio (con la nazionale che è stata estromessa dai Mondiali di Qatar 2022, cassata anche dai playoff di qualificazione) fino ad altre discipline il domino di decisioni e provvedimenti ha stretto la morsa intorno ad atleti, squadre e figure in qualche modo riconducibili al regime di Putin.

Uno degli esempi più lampanti è dato dalla situazione in cui versa attualmente il Chelsea che l'ex presidente, Roman Abramovich (finito nel mirino del governo inglese e dell'Europa insieme ad altri connazionali), deve vendere a determinate condizioni. Una condizione divenuta difficile da quando è iniziato il conflitto e culminata con la chiusura della linea di credito da parte delle banche che ha di fatto limitato le risorse per la gestione del club, lasciando ai Blues solo il budget associato a una licenza speciale concessa per chiudere almeno la stagione in corso ridimensionando logistica e spostamenti. 

Non è l'unico riflesso negativo, il più recente chiama in causa lo stesso mondo del tennis che aveva adottato una soluzione intermedia: permettere ai giocatori di essere in campo nei vari tornei inseriti nel circuito ma in veste del tutto privata, senza bandiera né inno nazionale. In Inghilterra, però, non sembrano decisi a fare sconti e la stessa presenza di Daniil Medvedev è stata messa in discussione a meno che non prenda una posizione chiara sulla guerra in Ucraina dissociandosi dal leader del Cremlino.

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