Lo stadio più alto al mondo è oltre 4mila metri sul livello del mare: giocare lì è terribile
Lo stadio più alto e pericoloso al mondo, dove l'erba naturale ha difficoltà a crescere (ed è stato usato il tappeto sintetico) e il pallone può prendere stranissime traiettorie. È il Daniel Alcides Carrion che si trova nella città peruviana di Cerro del Pasco a 4.378 metri su livello del mare. Non c'è impianto, tra quelli riconosciuti dalla Fifa, che tocchi una latitudine del genere. Nel 2007 la Federazione internazionale lo annoverò in una sorta di black-list delle strutture al di sopra dei 2.500 metri: sia per motivi si sicurezza e di salute, sia perché – era la versione allora dominante – disputare match lì dava un "vantaggio ingiusto" ai calciatori di casa, abituati alle condizioni ambientali e a quel contesto rispetto ad avversari provenienti da altri Paesi. Un anno dopo quel divieto venne revocato e alle squadre fu permesso di "tornare a casa".
Perché è così rischioso affrontare un incontro lì? Le difficoltà respiratorie, in particolare sotto sforzo, e le sollecitazioni che subisce l'organismo che mette in atto una serie di meccanismi per adattarsi attraverso il processo di acclimatazione costituiscono un'insidia e mettono a repentaglio la salute stessa dei calciatori. Il motivo di questo forte disagio è dovuto al fatto che la percentuale di ossigeno nell'aria resta costante ma la diminuzione della pressione atmosferica rende l'aria più rarefatta e una quantità di ossigeno disponibile inferiore.
È per questo motivo che lo stadio di Cerro del Pasco non è sempre utilizzato e i cancelli si aprono in poche occasioni all'anno per ospitare le partite della Coppa del Perù e altrettanto di rado a livello internazionale. Anzi, allenarsi su quel campo è una sorta di escamotage che le formazioni ospiti adottano per riuscire ad adattarsi quanto prima (e quanto meglio) possibile al contesto proibitivo per l'altitudine.
Alcune immagini anche abbastanza recenti hanno mostrato giocatori che, in evidente deficit respiratorio, sono stati costretti ad abbandonare il rettangolo verde con respiratori e bombolette di ossigeno. A raccontare il malessere e il timore di giocare in quelle condizioni fu Lionel Messi che nel recente passato ha spiegato come ci sente a giocare in Bolivia, nello stadio di La Paz: "È dura, terribile… quando fai uno sforzo e corri dopo è davvero difficile recuperare". A settembre scorso la nazionale campione del mondo fu di scena lì e arrivò con una buona scorta di ossigeno per affrontare quella sfida a una quota altissima. Qualche anno prima fu Neymar, condividendo sui social una foto dallo spogliatoio del Brasile, a esclamare: "Giocare qui è disumano".