Lo spogliatoio del Napoli a Empoli come una polveriera: accuse tra calciatori, poi arriva De Laurentiis
Anarchia totale. Tutti contro tutti. Il Napoli è imploso. Quanto accaduto a Empoli (al di là della sconfitta) è la fotografia della peggiore stagione post scudetto si potesse mai immaginare. Giocatori divisi in fazioni: da un lato chi pensa per sé e ha la testa altrove, dall'altro chi i gradi e la personalità del leader non ce l'ha né l'avrà mai soprattutto in un contesto di confusione totale come quello attuale; in mezzo un allenatore (Calzona, il terzo della serie dopo Garcia e Mazzarri) che non sa più che pesci prendere e sembra un pezzo di legno trascinato nella risacca; infine, il presidente De Laurentiis che negli spogliatoi continua a scenderci alzando la voce, fissando negli occhi i calciatori, prendendoli a muso duro e a parole forti, minacciando ritiri punitivi salvo fare dietrofront perché nemmeno sa dove andarli a rinchiudere. E poi a cosa servirebbero adesso queste pose muscolari?
Non ha un centro sportivo, che deve lasciare a breve, né è chiaro – fughe in avanti a parte su Bagnoli – se, dove e quando lo avrà mai. E pare che l'afflusso di turisti sia tale da non avere altre possibilità di prenotazione.
I campioni d'Italia hanno alzato bandiera bianca anzitempo, la difesa della coccarda sulla maglia s'è rivelata una pantomima. Un incubo a occhi aperti, che durerà almeno per le prossime cinque giornate fino al termine del campionato. Poi si azzererà tutto e si ripartirà daccapo. Con chi, con quali progetti, quali uomini (a cominciare dalla panchina, con l'addio di Spalletti che è stato esiziale) e quale struttura societaria (quella che è mancata quest'anno, orfana di una figura come l'ex diesse, Giuntoli, e che non può essere rappresentata solo da Manna) è tutto da vedere.
Per adesso la sequenza videoclip regala solo brutte scene come quella messa in atto, con copione recitato a braccio e anche in maniera brutale, da buona parte dei calciatori che già nel corso del primo tempo avevano mostrato palese insofferenza nei confronti del brasiliano Natan, elevato a capro espiatorio di una difesa perforata da Cerri (che su 11 match giocati finora in Serie A ha segnato proprio contro il Napoli) e da un attacco (quello dei toscani) che è il peggiore del torneo (26 reti in 33 incontri). Alla fine del primo tempo è stata chiesta la testa del sudamericano e, una volta ottenuta, nulla è cambiato. È servita solo a nascondere (ma è stato un tentativo molto maldestro) altri atteggiamenti di reciproca insofferenza tra giocatori. Tutti contro tutti, ognuno per sé.
"Non sono riuscito a dare la svolta, a cambiare l'andazzo", le parole di Calzona suonano come una resa e la certificazione che questa squadra s'è dissolta del tutto, consumata da gelosie divenute guerre intestine e da quel livore degli "scontenti tra gli scontenti" che è deflagrato da tempo. Il Napoli non c'è più e il film dello scudetto in uscita sembra una di quelle pellicole della propaganda di regime che raccontava di imprese belliche eroiche mentre i nemici erano sull'uscio. Triste, solitario e finale.