L’Italia mandata a casa da dilettanti: “Lavoro dalle 9 alle 17 tutti i giorni, porto a casa il pane”
L'eliminazione rovinosa dell'Italia femminile dai Mondiali di calcio lascia dietro di sé una scia di lacrime (delle giocatrici) e di polemiche legate alle scelte della CT Milena Bertolini, che dirà addio alla panchina azzurra. La portata del disastro della nostra nazionale è amplificata dall'aver perso nel match decisivo del girone contro una squadra che fino a ieri non aveva mai vinto una partita in una fase finale di un Mondiale, né ovviamente raggiunto gli ottavi di finale.
"Sono delle eroine, hanno fatto la storia", ha detto commossa l'allenatrice del Sudafrica Desirée Ellis esaltando la prova delle sue calciatrici, gran parte delle quali militano nel campionato nazionale. Il che significa una sola cosa: che sono dilettanti, ovvero si devono procurare da vivere in altro modo che non sia il pallone, tutti i santi giorni, trovando il tempo di allenarsi in orari spesso impossibili. Passione pura, voglia di emergere, di urlare al mondo che anche le donne sudafricane possono farlo, possono eccellere nel calcio, a costo di sacrifici enormi.
Intanto la qualificazione agli ottavi di finale ha un significato anche materiale importante per le ‘Banyana Banyana': le calciatrici sudafricane raddoppieranno il loro premio in denaro, visto che la FIFA elargisce 30mila dollari per la partecipazione alla fase a gironi e 60mila in caso di passaggio al primo turno a eliminazione diretta. "Questo ci cambia la vita – ha detto il portiere Kaylin Swart – Sono solo numeri che possiamo sognare".
"Il calcio femminile in Sudafrica non è professionistico, quindi non veniamo pagate davvero – ha spiegato la 28enne – Io lavoro a tempo pieno, dalle 9 alle 17 tutti i giorni, e mi alleno dalle 19 alle 21 di sera. È difficile essere una calciatrice in Sudafrica. Facciamo quello che possiamo per amore del gioco e speriamo che un giorno sarà resto professionistico. Abbiamo fatto la storia. Questo è enorme per noi come Paese, come nazione calcistica. Molte ragazze possono guardarci ora e vederci come modelli. Ci vedranno come le loro eroine, si spera che sia così. Penso che sia il fatto che siamo cresciute così tanto come nazione e siamo arrivate così lontano. Non credo che dormiremo stanotte, questo è qualcosa che abbiamo sognato per così tanti anni. In 28 anni della mia vita, questo non è mai successo e ora succede alla mia generazione".
Parole cui hanno fatto eco quelle di Hildah Magaia, che ha segnato il secondo gol del Sudafrica e ha dato l'assist per la rete del 3-2 di Thembi Kgatlana al 92′: "I soldi significano davvero che sarò in grado di aiutare la mia famiglia. Potrò fare tutto per mia madre, perché sono io che mi prendo cura di lei, sono io quella che porta il pane". Il pane, la famiglia, il cuore: le cose primarie che ci definiscono come persone. Chi l'ha detto che è solo un pallone che rotola?