L’Inter è più squadra e ha un attacco, il Milan no. Conte vince il derby contro Giampaolo
L'Inter ha una squadra e un attacco che funziona. Conte centra la quarta vittoria nelle prime quattro giornate, come nell'era dei tre punti per vittoria avevano fatto solo Spalletti, Leonardo e Simoni sulla panchina nerazzurra. Il Milan, con un Piatek in cerca d'autore, cambia modulo ma non trova un'identità. Biglia fa poco filtro, Kessie e Calhanoglu, poi Paquetà, devono coprire troppo campo e fanno fatica ad anticipare sugli esterni nerazzurri sempre molto alti nelle due fasi. Leao fa intravedere buone qualità di corsa da ala sinistra, ma quel che manca è un'idea di gioco che possa funzionare quando la partita sale di tono e di ritmo. Diventano così sette i derby senza vittorie per il Milan: non succedeva dal 1999.
I numeri del derby
L'Inter tira di più e meglio, il Milan chiude con una sola conclusione nello specchio contro a sette. Maggiore il possesso dei rossoneri, che completano 420 passaggi contro 384, ma meno efficace in termini di qualità. Il simbolo di questo limbo è Biglia, che ha il record di 66 passaggi riusciti sui 72 tentati ma è uno dei giocatori che ha inciso meno nello sviluppo della partita.
L'Inter completa 108 tocchi a 87 negli ultimi 30 metri e 11 a 7 nell'area di rigore avversaria. Decisivi i 40 scambi tra Asamoah e Skriniar che certificano la fascia sinistra dell'attacco nerazzurro il settore in cui la squadra di Conte, con una maggiore ricerca dell'ampiezza, ha saputo fare maggiormente la differenza. E segnala anche le difficoltà di Kessie, pur bravo a servire 16 volte Suso, nel coprire quella porzione di campo.
Le formazioni: Giampaolo sceglie il 4-3-3 classico
Giampaolo sceglie Conti per Calabria e Leao nel tridente. C'è Godin nella difesa dell'Inter, non Candreva che non è al meglio sulla fascia destra. Conte sceglie un attacco di maggior presenza in area con Lautaro e non Alexis Sanchez accanto a Lukaku
Il 4-3-3 di Giampaolo è più classico: Suso gioca largo a destra, non trequartista, Leao a sinistra e la sua presenza si spiega proprio con la volontà di portar fuori Godin, che sta sul centro-destra della difesa a tre, allargare la difesa dell'Inter e favorire gli inserimenti delle mezzali. L'Inter coinvolge i terzini nella circolazione bassa del pallone, e Giampaolo vorrebbe che i difensori nerazzurri non abbiano altre opzioni. Chiede agli attaccanti di stare stretti in non possesso, di creare l'uno contro uno per schermare l'arretramento di Brozovic e togliere all'Inter la possibilità di un uscita centrale verso il playmaker basso.
Curioso che sia spesso Suso, almeno nella parte centrale del primo tempo, il riferimento centrale e più avanzato, per poi abbassarsi eventualmente su Brozovic, mentre Piatek si allarga a cercare spazio nell'uno contro uno con De Vrij.
L'Inter cerca l'uscita sugli esterni
Si confrontano mosse e contromosse, la partita è energica e insieme scacchistica come i derby sanno essere. Il ritmo resta basso, lo studio attento, il Milan pressa alto e ordinato ma senza sbilanciare le coperture preventive. L'Inter mobilita Lukaku che nella fase iniziale di sviluppo dell'azione accorcia verso il centrocampo per offrire un'opzione di velocizzazione nella circolazione di palla una volta superata la linea di pressing.
Giampaolo, che all'inizio dell'anno chiedeva al Milan di stare "a testa alta e giocare a pallone" chiede un surplus di lavoro nelle due fasi a Calhanoglu e Kessie, così da ridurre tempi di reazione e gradi di libertà a D'Ambrosio e Asamoah. Ma con tanto campo da coprire, più che il contrasto e l'anticipo possono cercare di accorciare e più facilmente di occludere la linea di passaggio.
L'Inter non affretta la transizione dell'azione da difensiva in offensiva, anche perché i due esterni di centrocampo rimangono alti e aperti quando i centrali portano palla. I nerazzurri si addensano maggiormente sul corridoio di destra, sull'asse Godin-D'Ambrosio alle spalle di Calhanoglu, con il sostegno di un Lukaku che galleggia su tutto il fronte offensivo. Proprio da quella parte, sul primo sbilanciamento della difesa del Milan, nasce il diagonale del belga che chiama Donnarumma al primo intervento complesso della serata. Prima del clamoroso palo a porta vuota di D'Ambrosio.
Ritmi più alti nel finale di primo tempo
E' il segno di un cambio di passo nel match. L'Inter accelera e il Milan, che ha subito meno tiri di tutti nelle prime tre partite, un po' si scompone e perde compattezza tra i reparti. Sensi si erge a protagonista con l'intelligenza e la velocità di pensiero: la corsa cadenzata che attira due difensori e la palla dietro rasoterra per Lautaro da cui nasce l'azione testimoniano perché l'ex Sassuolo stia diventando il simbolo del nuovo corso di Conte, pur essendo in teoria un giocatore lontano dal profilo della tipica mezzala delle squadre dell'ex tecnico della Juve e della nazionale.
Tuttavia il Milan non perde di vista il piano offensivo: andare in verticale e mandare i tre attaccanti all'uno contro uno con i difensori. E crea la situazione più pericoloso con un break palla al piede di 70 metri di Suso che però avrebbe potuto servire prima Leao, rapido nell'accompagnare l'azione a sinistra. L'azione nasce da un corner battuto sorprendentemente corto dall'Inter, una scelta certamente contro-intuitiva avendo in area due saltatori come Lukaku e Godin.
I numeri del primo tempo
Sale il Milan nella parte finale del primo tempo. Tirano di più i rossoneri, 7 conclusioni a 5, anche se solo una contro tre raggiunge lo specchio. L'Inter completa più passaggi, 215 a 160, misura di due squadre che non cercano il fraseggio ma la verticalizzazione rapida. Più presenti e più efficienti i nerazzurri nella trequarti offensiva (66 passaggi riusciti contro 17), anche se l'azione parte sempre da dietro: 36 gli appoggi di Brozovic, che ne sbaglia solo uno, 32 di de Vrij, 31 di Skriniar. Proprio i suoi 26 scambi con Asamoah risultano la più frequente combinazione di passaggi nel primo tempo. Fondamentale il contributo di Sensi per l'Inter, con tre contrasti e cinque palle recuperate. Notevole la presenza per il Milan di Biglia che partecipa con quattro palloni recuperati e due anticipi.
Segna Brozovic, il Milan si scopre
Il secondo tempo si apre con un Milan preoccupato in difesa di proteggere la porta. Un fattore che, combinato con una deviazione sfortunata di Leao, porta in vantaggio l'Inter: gol convalidato dopo una frettolosa chiamata del guardalinee per un fuorigioco di Lautaro, di fatto non attivo anche se accenna ad andare verso la palla.
Il Milan si scopre, il campo si apre, Barella si diverte a cucire il gioco. I rossoneri cercano di far passare il momento difficile, a far salire gli avversari con un possesso più suadente, meno frenetico e Calhanoglu in posizione più ibrida come primo riferimento per le verticalizzazioni dei difensori centrali. Ma l'Inter c'è di più come corsa, testa e vigore nella fase più confusa della partita. Fatica di più la squadra di Giampaolo a far uscire il pallone dalla propria trequarti, le linee si allentano e più spesso i rossoneri arrivano secondi sui contrasti.
Il tecnico del Milan sceglie Paquetà per Calhanoglu: tatticamente cambia poco. I rossoneri possono contare sui break di Suso e la velocità in campo aperto di Leao, l'Inter sugli strappi di Barella che dialoga bene con Lukaku, bravo anche a tener palla spalle alla porta e agevolare scatti e conclusioni di Lautaro.
L'Inter lascia defluire il gioco del Milan. Centrocampisti e attaccanti dialogano ma producono poco e i nerazzurri hanno mezzali veloci nel ribaltamento dell'azione. Entrano Vecino per Sensi, con Barella che si sposta sul centro-sinistra, e Theo Hernandez per un impreciso Rodriguez. L'obiettivo è tenerlo molto più alto, con Conti che scala come terzo centrale in fase di impostazione.
Ma così la squadra si allunga, e l'Inter in contropiede affonda. Il colpo di testa da centravanti vero di Lukaku, che poi si inchina davanti alla Scala del calcio, apre scenari diversi per il finale di partita. Entra anche Politano che prende la traversa di sinistro. Il Milan davanti non incide, la partita di fatto non esiste più.