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L’insostenibile peso della Serie C: il fallimento del Catania rischia di non essere l’ultimo

Il Catania deve riscuotere 600 mila euro entro il 2 gennaio, senza i quali verrebbe escluso dal campionato di Serie C, dove non mancano altre situazioni allarmanti.
A cura di Benedetto Giardina
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Un fallimento in Serie C, ormai, non fa più notizia. Nemmeno se a fallire è il Catania, che fino a qualche anno fa giocava in Serie A e che rappresenta una delle dieci città più grandi d'Italia, per popolazione. È passato più di un anno quando un gruppo di imprenditori locali si mobilitò per salvare la società, dopo il crac della Meridi di Pulvirenti. Un salvataggio che avrebbe dovuto portare alla cessione del club in mani solide, ma le trattative per la vendita non sono andate a buon fine. E così, dopo mesi di difficoltà (che hanno portato pure ad una penalizzazione in classifica), il Tribunale di Catania ha dichiarato il fallimento, concedendo l'esercizio provvisorio fino al 2 gennaio. Una scadenza brevissima, che rischia di lasciare la Serie C senza una squadra a campionato in corso, ancora una volta. Per scongiurare uno scenario ormai fin troppo noto, servono 600 mila euro. Da trovare in dieci giorni e nel bel mezzo delle festività.

Catania, 600 mila euro in 10 giorni per restare in C

Nell’udienza dello scorso 21 dicembre, la proprietà del Catania ha confermato l’esistenza di un credito pari a questa cifra nei confronti del club etneo e, dinanzi ai giudici, ha confermato «la volontà di onorarlo, nonostante la sussistenza di finanziamenti socio per circa 400.000 euro o forse più, astrattamente suscettibili di compensazione, che comunque non verrà opposta, e ciò al fine di garantire la continuità dell'attività caratteristica per i prossimi due mesi». Tale cifra però va messa a disposizione subito: «In via prudenziale – si legge nella dichiarazione di fallimento – per evitare grave pregiudizio ai creditori al fine di verificarne la concreta sostenibilità, l’esercizio provvisorio non può, pertanto, che essere disposto sino al 2/1/2022, cioè per il tempo strettamente necessario a che gli organi della procedura possano compiere ulteriori accertamenti e, tra l'altro, verificare ulteriormente l'attendibilità in concreto dei flussi sopra indicati e provvedano a riscuotere il superiore credito da SIGI s.p.a., da considerarsi una tra le condizioni imprescindibili a che possano successivamente vagliarsi eventuali proroghe del medesimo esercizio provvisorio».

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La gestione del Catania, secondo i giudici, produce entrate che «non appaiono sufficienti a coprire integralmente il fabbisogno finanziario mensile», causando un deficit che si aggira tra i 240 mila e i 300 mila euro ogni mese. Il che significa, qualora venisse riscosso quel credito, una garanzia di sopravvivenza per almeno altri due mesi. Senza quei 600 mila euro, neanche si può pensare di affrontare il resto della stagione, con tutto quello che ne deriva. Sia per i giocatori, che possono così svincolarsi in concomitanza della sessione invernale di mercato; sia per il girone C della Serie C, che perderebbe una squadra a campionato in corso. Le Noif, in tal senso, sono chiare: «Il Presidente Federale delibera la revoca della affiliazione di una società alla Figc in caso di dichiarazione e/o accertamento giudiziale dello stato di insolvenza», con la possibilità di portare avanti la stagione «solo caso in cui l’esercizio dell’impresa prosegua». Se il 2 gennaio il Catania non trova i 600 mila euro, l’esercizio provvisorio potrà ritenersi concluso.

Serie C, la lunga lista dei fallimenti

Per la Serie C, ancora una volta, si aggira dunque lo spettro di una società che si arrende a stagione in corso. L'eventuale esclusione del Catania, di certo, non sarebbe la prima negli ultimi anni. Nella passata stagione, il Trapani riuscì a iscriversi al campionato in condizioni catastrofiche e venne radiato al termine della seconda giornata, senza aver mai messo piede in campo. Nella stagione 2019/20, paradossalmente, è stato il Covid-19 a scongiurare situazioni del genere, con la stagione interrotta a marzo, prima che potessero esplodere bubboni di questo tipo. Bubboni che, l'anno prima, hanno fatto scalpore: la Pro Piacenza che perse 20-0 a Cuneo (risultato non omologato), schierando ragazzini e un massaggiatore senza nemmeno raggiungere undici elementi, perché la prima squadra s'era già data alla fuga, non essendoci più una lira in cassa. Ma anche il Matera, escluso dal campionato giusto qualche giorno prima con un malloppo di 34 punti di penalizzazione. La stessa sorte, nel 2017, toccò a una piazza blasonata come Modena, radiata prima del termine del girone d'andata.

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Se il Catania non dovesse riscuotere il credito da 600 mila euro, il 2 gennaio la Serie C perderà ancora una volta un pezzo. Causando stravolgimenti in classifica (tutti i punti ottenuti contro gli etnei verrebbero annullati) e dando l'ennesima mazzata ad una Lega Pro che ogni anni deve fare i conti con situazioni di questo genere. Una situazione che si innesta in un quadro già di per sé preoccupante, per la terza divisione del calcio italiano: Pescara (Il Tribunale dell'Aquila ha dichiarato nulli i bilanci 2015 e 2017), Teramo (i fratelli Ciaccia, proprietari al 60%, sono al centro di un'indagine per truffa) e Juve Stabia (l'11 gennaio si terrà l'udienza a Torre Annunziata per il piano di ristrutturazione dei debiti) sono sono alcuni esempi, a riprova di quanto la Serie C stia diventando sempre più insostenibile. Negli ultimi dieci anni, delle 29 società retrocesse in terza serie, ne sono retrocesse 17. Il Catania è la diciottesima e purtroppo, non fa più notizia.

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