Se fosse possibile rivedere al Var quanto accaduto negli ultimi giorni, il ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, meriterebbe l'espulsione per somma di ammonizioni. Andiamo alla on-field-review e azioniamo la sequenza videoclip raccontando, fotogramma per fotogramma, cosa ha combinato nelle ore più calde dell'emergenza Coronavirus. Sono almeno tre i casi da moviola: scandiscono la "simulazione" del politico che veste i panni del "bomber cascatore" quando va all'attacco, si tuffa in area di rigore e poi protesta scaricando la responsabilità sull'avversario. Se è caduto in fallo è perché l'hanno spinto (non perché ci ha provato).
Tra venerdì 6 e sabato 7 marzo Spadafora fa il primo salto in avanti. Le agenzie battono dichiarazioni che fanno sognare i tifosi: all'uscita dal Consiglio dei ministri propone la trasmissione in chiaro delle partite di campionato, dice di avere l'appoggio della Federcalcio e – come ribadito in un post su Facebook – attendere le valutazioni della Lega di Serie A. Lo fa pur sapendo che per legge una diretta del genere non è possibile se non cambiando la norma stessa con decreto del governo di cui lui fa parte. Cartellino giallo meritato.
È nella giornata di domenica che la combina grossa occupando la scena nemmeno fosse alla fiera di paese, dove hai bisogno di spararla più grossa di tutti a colpi di slogan. Il suo è "La Figc valuti lo stop immediato della Serie A". E aggiunge: "Condivido le dichiarazioni di Damiano Tommasi, Presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, e mi unisco alla sua richiesta". Incredibile. Dov'era il ministro quando veniva firmato il decreto che autorizzava la disputa dell'attività agonistica a porte chiuse?
Il Governo può fermare un campionato se ritiene ci siano le condizioni per farlo perché pericoloso per la salute pubblica – soprattutto alla luce delle ultime notizie sull'evoluzione del contagio e sulle restrizioni nelle zone rosse – ma non si può condividere l'emissione di un decreto che va in una direzione precisa (ovvero, il campionato continua) e poi tirarsi fuori dalla mischia affermando il contrario rispetto a disposizioni avallate poche ore prima.
"Il campionato oggi non si è fermato per un gesto irresponsabile della Lega Serie A e del suo presidente, Paolo Dal Pino", dice ai microfoni Rai di 90° minuto completando la due giorni di ordinaria follia durante i quali ha detto tutto e il contrario di tutto: dal modificare le norme sui diritti tv (impossibile farlo in così poco tempo e "stracciando" contratti in corso) fino a fermare le partite che lui stesso ha ribadito in assemblea. Secondo giallo e "rosso". Tutti a bere un tè caldo.