Il 6-3-1 del Napoli a Braga in Champions League ha fatto impallidire i tifosi trasformando di colpo la foto della squadra che un anno fa schierava ben 8 calciatori sulla linea di centrocampo prima del calcio d'inizio in un'immagine virata seppia. Come fosse un ricordo così lontano e sbiadito dal tempo da suscitare nient'altro che nostalgia a un cuore che ha messo l'anima in pace.
Invece no, è in subbuglio perché la testa non capisce e s'arrovella fino a impazzire, il fegato si contorce e gli occhi non riescono a credere a quel che vedono. Eccezion fatta per Kim (in attesa si capisca cos'è Natan, oltre che uno spazza palloni da ultimi minuti affannosi contro i modesti portoghesi), la squadra che Garcia ha tra le mani è la stessa ma l'abito tattico (e mentale) che indossa è un altro. E le sta malissimo.
In quei due scatti simbolici, che fissano due momenti di gioco e due epoche differenti, c'è tutta la crisi (sì, può essere chiamata così anche dopo 5 giornate e un esordio durissimo in Coppa) del Napoli che ha perso certezze e identità. Sembrava un branco di belve fameliche, pronte ad azzannare la preda sfruttando le migliori caratteristiche dei calciatori in base a uno schema preciso, che serviva fin da subito a indirizzare la strategia di gara.
Intensità, compattezza, difesa serrata, occupazione degli spazi, costruzione delle azioni con Lobotka sapiente manovratore e gestore della palla (ora degradato a manovale che aziona gli scambi a mano sui binari), Kvaratskhelia faceva Kvaradona, e ancora Elmas, Simeone, Raspadori più coinvolti che mai anche se non direttamente in prima fila: tutto svanito.
Il Napoli andava a prendere gli avversari sul muso, tanto per usare una delle espressioni care all'ex Spalletti. Adesso le prende sul muso. Se ne sta rintanato davanti alla propria area scambiando leoni per agnelli. Il Napoli sapeva cosa fare ed era calibrato in base a compiti ben precisi studiati e messi in atto per ogni situazione di gioco, ora non più. Il Napoli aveva un equilibrio, ora fatica perfino a rintuzzare gli attacchi di un avversario (il Braga) che è ottavo nel campionato portoghese (10 gol subiti) e nella scorsa stagione prese quattro palloni dalla Fiorentina in Conference League.
L'assenza del coreano lì dietro si sente ma, al netto di considerazioni del tipo "certi gol li abbiamo presi anche con lui" (vedasi lo 0-4 col Milan al Maradona), non è stato sostituito con un rinforzo che fosse almeno all'altezza (idem a centrocampo). Lupus in fabula: la coppia di difensori titolari odierna faceva panchina solo pochi mesi fa. Qualcosa pure significa. Il Napoli era una macchina perfetta, mo' tiene l'anima (e il fiato) in riserva e il cuore che non parte. Il Napoli trasmetteva solidità, ora sui calci piazzati oppure alla prima azione che incassa gli può accadere di tutto. Barcolla alla prima sberla.
Il Napoli ti sfiancava e ti tramortiva ora, pur volendo giustificare certe cose con la sfortuna (ma i legni di Braga sono stati compensati dalla fortuna amica nel finale), sembra in balia degli eventi, di se stesso. La prestazione di Anguissa in Portogallo è emblematica: perde lucidità incagliandosi sulla mediocrità di errori folli. Il Napoli era feroce, ora è spaesato. Incuteva timore mentre adesso, come da copione di sceneggiata, recita la parte del guappo di cartone che non fa paura a nessuno. Alza la voce, gli sbuffano in faccia. Torna a casa con oltre mezza squadra ammonita dopo un match disputato contro un avversario che faticherebbe anche a salvarsi in Serie A. E ti lascia addosso l'impressione che ‘a nuttata sia molto lunga a passare.