Liga, protesta clamorosa dei club: senza garanzie per la salute non si ritorna in campo
Senza garanzie sanitarie sufficienti in campo non andiamo. È l'aut aut svelato dal quotidiano catalano "Sport", alcuni club della Liga lo avrebbero messo sul tavolo della federazione iberica che ha individuato giugno come mese per il nuovo "fischio d'inizio" dopo lo stop forzato provocato dall'emergenza sanitaria per il covid-19. Un ciclone con effetti devastanti per il numero dei contagi e dei morti. Un ciclone che s'è abbattuto sull'economia del Paese come sulla gestione finanziaria delle società: ecco perché il ritorno sul rettangolo verde è l'unica soluzione possibile per limitare il contraccolpo sui bilanci scaturito dalla crisi dei mancati introiti.
Quante sono le squadre che avrebbero accolto il (presunto) grido di protesta dei blaugrana? Sarebbero cinque, forse anche sei oltre allo stesso Barcellona. Tutte accomunate dalla volontà di non sacrificare la salute dei singoli (dai tesserati ai calciatori che rischiano in prima persona) forzando i tempi anche rispetto alle conseguenze di una sospensione definitiva del torneo. Le perplessità (fortissime) sono le stesse che tengono banco anche in Italia: si va dal timore di restare contagiati (il calcio è sport di contatto) fino a concetti come "effetti giuridici" e "responsabilità" che creano imbarazzo e ronzano in testa alla maggior parte dei dirigenti. Chi si prenderà la briga e il rischio di dire "sì, giochiamo"?
La risposta da parte della Liga sarebbe stata tutt'altro che diplomatica e alla ricerca di una via d'intesa: avrebbe minacciato sanzioni per i club dissidenti. Serviranno, però, argomenti più convincenti per fare breccia tra le resistenza e le obiezioni delle società in disaccordo. E se ripresa dalle stagione ci sarà, avverrà perché il ministero della salute deciderà in tal senso. È questa la linea comune che ha fatto proseliti soprattutto tra i calciatori che non hanno intenzione di firmare alcuna liberatoria per rimettersi a lavoro.