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Gianluca Vialli morto a 58 anni

L’eredità di Vialli, la malattia come lezione di vita: “Devo dare l’esempio alle mie figlie”

Gianluca Vialli ha saputo affrontare la malattia traendo insegnamenti e provando a trasmetterli agli altri: “Ho capito che non c’è tempo da perdere in stronzate, che devo comportarmi in un certo modo”.
A cura di Alessio Pediglieri
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Gli ultimi cinque anni di Gianluca Vialli si possono riassumere in una sua riflessione a voce altra sulla malattia: "Non mi vergogno più di piangere". Una frase apparentemente banale ma che in realtà è stata la chiave nell'acqua per poter procedere a pari passo con il tumore al pancreas, il suo "ospite indesiderato" con cui ha dovuto condividere il viaggio fino alla fine. Ed è proprio quando ha deciso di non vergognarsi più, che Vialli ha ritrovato energie infinite anche per dare un senso ulteriore al proprio status, consegnandosi agli altri, in un continuo e costante moto di generosità verso chi soffre.

Una malattia che si è trasformata in una lezione di vita. Sì, atroce. Ma pur sempre una lezione dalla quale Gianluca Vialli nel corso del tempo ha imparato non solo a convivere e a condividere la propria quotidianità ma anche trarne insegnamenti per dare conforto e speranza a chi soffre ed è meno fortunato di lui.

Un pensiero che Vialli ha sempre custodito e che ha sempre elargito anche nel momento in cui tutto sembrava finito. Quando nel marzo 2020 il cancro sembrava passato, mentre tutti lo festeggiavano, lui lo disse senza timori: "Sono felice ma lo dico a bassa voce. Mi ritengo semplicemente un po' più fortunato di tanti altri che soffrono".

E verso chi soffre ha rivolto sempre più spesso il proprio sguardo ben consapevole che la sua malattia potesse diventare un feroce veicolo della speranza per tutti i malati, sfruttando la propria notorietà, approfittando del semplice fatto che se ne parlasse. Lui che si era nascosto per più di un anno, dietro l'angolo della vergogna perché si sentiva "colpevole" di quel male oscuro. Lui che dopo un'operazione e due cicli di chemioterapia, si è tolto il maglione che indossava sotto la camicia "perché la gente non sapesse". Lui che ha trovato la forza di rialzare la testa, all'interno della sua famiglia: "Le mie figlie mi hanno aiutato, disegnandomi le sopracciglia e ho chiesto dei consigli a mia moglie sui trucchi da usare. Abbiamo riso, devi ridere. Hai bisogno di trovare il lato divertente. Ma c’erano dei giorni in cui mi rinchiudevo in bagno per non farmi vedere piangere".

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Dal pianto al sorriso, Vialli è riuscito a non privarsi più di nulla affrontando di volta in volta gli alti e i bassi della malattia, in un equilibrio interiore ed esteriore che dal 2018, da quando è uscito "allo scoperto" non ha più abbandonato. Ha cercato di mettere a frutto la propria esperienza, trasformandola in una opportunità unica, in pubblico così come in privato, per tutto il tempo che avrebbe potuto vivere, nella consapevolezza che non fosse poi molto. "Mi sento molto più fragile di prima" raccontò parlando del suo nuovo rapporto con le figlie. "Cerco di insegnare loro che la felicità dipende dalla prospettiva con la quale guardi la vita, che non ti devi dare delle arie, devi ascoltare di più e parlare di meno. Devi migliorare ogni giorno, devi aiutare gli altri: secondo me questo è un po' il segreto della felicità".

Vialli parla apertamente dell'importanza di essere da modello anche nel momento più difficile: "Mi sono reso conto che non vale più la pena di perdere tempo e fare delle stronzate – ha spiegato ad Alessandro Cattelan nella chiacchierata su Netflix – Oggi so che ho il dovere di di comportarmi in un certo modo nei confronti delle persone, di mia moglie, delle mie figlie. Sono convinto che i nostri figli seguano il nostro esempio più che le nostre parole. Credo di avere meno tempo per essere da esempio, ogni mio comportamento mi porta a fare questo ragionamento, cioè: è la cosa giusta che sto mostrando alle mie figlie? In questo senso cerco di essere un esempio positivo".

Anche nel pubblico l'impegno sociale assunse negli anni un aspetto tutt'altro che marginale: "Sono un ex sportivo professionista, sono capo delegazione della Nazionale italiana di calcio, lo dico con grande orgoglio, e sono un malato di cancro". Era l'incipit di un suo messaggio alla Fondazione Veronesi, datato maggio 2022, in cui riconfermò la sua volontà di utilizzare la propria figura pubblica a favore degli altri: "Un pensiero anche a tutti gli altri malati di cancro dai… andiamo avanti a testa alta, petto in fuori, con grande dignità e grande ottimismo, perchè la ricerca va avanti".

Già dal lontano 2003 Vialli era in prima linea contro i tumori, quando insieme all'ex compagno e amico Massimo Mauro, fondò la Fondazione Vialli e Mauro, una onlus per combattere il cancro e la SLA, finanziando la ricerca scientifica, ma è negli ultimi anni che appena può, racconta pubblicamente la propria esperienza, cercando di dare conforto e solidarietà agli altri: "Mi rendo conto che il concetto della morte serve per capire e apprezzare la vita. Il cancro non è esclusivamente sofferenza: ci sono momenti bellissimi e la malattia ti può insegnare molto di come sei fatto, essere anche un'opportunità".

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Un'opportunità che Gianluca Vialli ha condiviso con chi ha potuto per quanto ha potuto, per cinque lunghi anni, nella speranza di aver potuto lasciare un insegnamento anche nella sofferenza: "Il cancro è un compagno di viaggio indesiderato, non posso farci niente. È salito sul treno con me e io devo andare avanti, viaggiare a testa bassa, senza mollare mai. Ci sono momenti difficili… ma se non sei mai triste come fai a capire quanto è bello essere felici?".

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