L’emiro del Qatar e l’uomo che voleva boicottare i Mondiali sullo stesso palco: cosa vuol dire
Gianni Infantino seduto tra l'emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, e principe saudita, Mohammed Bin Salman durante il discorso per dare il via ai Mondiali 2022 e a pochi istanti dalla sfida tra Qatar ed Ecuador. Un'immagine forte, di grande importanza, soprattutto dopo i conflitti della crisi del Golfo e la tregua del 2021. L'Arabia Saudita infatti, per anni è stata contrapposta al Qatar nella crisi del Golfo e promuoveva il boicottaggio dei Mondiali inviando una lettera ufficiale alla FIFA firmata anche da Yemen, Mauritania, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto.
A inizio 2021 però è iniziato il disgelo e oggi la presenza del principe saudita lì, sul palco insieme all'emiro del Qatar, ha un forte significato a livello di dinamiche politiche. Ma non solo, anche calcistico. L'avvicinamento di Infantino al mondo arabo (e anche all'Arabia Saudita, sempre di più) è a dir poco lampante ed è significativo delle manovre già avviate per la candidatura dell'Arabia Saudita in vista dei Mondiali 2030.
Il presidente della FIFA, Gianni Infantino, già da mesi è comunque molto vicino a Bin Salman dopo alcuni incontri avuti tra le parti. Tutto questo è accaduto proprio dopo la tregua del 2021. L'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrein e l'Egitto infatti avevano tagliato i rapporti diplomatici e i collegamenti con il Qatar accusandolo di sostenere il terrorismo e l'Iran. Nonostante Doha avesse sempre negato tali rapporti, per ben 4 anni i rapporti tra le parti sono stati tesissimi a partire dal 2017. La svolta e dunque il disgelo tra le parti ha poi portato a una svolta che potrebbe avere nuovi risvolti anche nel calcio.
La fine della disputa tra l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrain e l'Egitto per boicottare il Qatar, aveva portato all'idea di allargare i Mondiali 2022 facendo giocare le partite anche negli stati confinanti con il Qatar. Il presidente della FIFA Gianni Infantino aveva lanciato l'idea di una Coppa del Mondo a 48 squadre ampliata e più redditizia in tutta la regione e uno studio di fattibilità aveva esaminato la possibilità che le partite si svolgessero anche in Bahrain, Kuwait, Oman, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti. Lo studio ha concluso che la co-condivisione dipendeva dalla fine del boicottaggio e dalla "rimozione delle restrizioni alla circolazione di persone e merci" e l'idea è stata infine accantonata dalla FIFA a maggio 2019. Solo due anni dopo è stata poi resa la nota la tregua ma a quel punto era già troppo tardi per allargare i Mondiali anche fuori dal Qatar.
Ma Infantino ha apprezzato molto questa tregua e i dialoghi con gli Emirati Arabi sono stati sempre più frequenti. Il presidente della FIFA aveva assistito accanto al principe ereditario anche nell'incontro in cui Oleksandr Usyk difese i suoi titoli mondiali di boxe dei pesi massimi contro Anthony Joshua al King Abdullah Sports City allo stadio di Jeddah, sottolineando gli stretti legami tra lo stesso Infantino e l'Arabia Saudita. Sul piatto ci sarebbe l'idea che l'Egitto possa proporre di accoppiarsi con l'Arabia Saudita per fare un'offerta per la Coppa del Mondo FIFA 2030. L'Arabia Saudita ha cercato di affermarsi con una serie di grandi eventi negli ultimi anni e si ritiene che la Coppa del Mondo FIFA sia un obiettivo a lungo termine. In precedenza era stata discussa un'offerta per il 2030 con l'Italia, ma da allora l'Italia ha concentrato la sua attenzione sugli Europei 2032.
Ma non è tutto, perché Ashraf Sobhi e il principe Abdulaziz bin Turki Al-Faisal, ovvero i ministri dello sport dei due paesi, hanno fatto sapere che sono in corso colloqui anche con la Grecia per ospitare potenzialmente i Mondiali 2030. Infantino sta dunque parlando molto di questa possibilità e quello di oggi può essere considerato solo l'ultimo di numerosi incontri tra il presidente della FIFA e il principe ereditario. Un legame che per alcuni non sarebbe propriamente gradito dall'opinione pubblica mondiale dato che Mohammed bin Salman è direttamente coinvolto nell’omicidio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, ucciso e fatto a pezzi lo scorso 2 ottobre 2018 all'interno del consolato dell'Arabia Saudita a Istanbul. Lo scrittore, una delle maggiori voci dissidenti contro il regime saudita, è stato ucciso in maniera brutale e bin Salman sapeva tutto: lo percepiva come una minaccia al regno e ha dato il via libera all'uso della violenza per metterlo a tacere.