Le vittime di Ronaldo, un alieno che il calcio non aveva mai visto: “Non ti resta che sparargli”
Quando Ronaldo Luís Nazário de Lima appare su un campo di calcio italiano con la maglia nerazzurra, per la precisione a San Siro all'inizio della prima giornata del campionato 1997-98 in un'Inter-Brescia che verrà decisa da una doppietta irreale di Recoba, era già un alieno, era già qualcosa di mai visto prima a cui tutti noi dovevamo avvicinarci con cautela.
A farlo prima, per contratto, per obbligo e per sfortuna visti i risultati di quasi tutti loro, dovevano essere i difensori, i tanto decantati difensori italiani, i quali avrebbero dovuto cercare di fermare questo meteorite di carne e tendini inarrestabile e tecnicamente divino. Il Ronaldo del 1998 è davvero un extraterrestre, una palla di energia lanciata alla massima velocità mentre la sua bravura tecnica ti estasiava.
Sono tanti i difensori di quella generazione, difensori veri, puri, tosti, che a volte hanno anche giocato su di lui a uomo, per cercare di limitane il talento smisurato. Il primo a cui ci affidiamo per capire anche meglio cosa volesse dire trovarsi di fronte Ronnie è Fabio Cannavaro. Va a lui infatti il privilegio di parlare per primo di Ronaldo, non solo perché era uno dei migliori difensori al mondo in quel momento e le sue referenze sono di alto livello, ma anche perché era stato il primo grande difensore italiano ad affrontarlo nella partita del Tournoi de France dell'estate 1997 giocata tra Italia e Brasile.
Per descrivere Ronaldo, Fabio Cannavaro è allo steso tempo sintetico e candido: "Era immarcabile. Al primo controllo ti superava, al secondo ti bruciava, al terzo ti umiliava. Sembrava un extraterrestre".
Questa idea che fosse qualcosa di diverso dal consueto era anche quella di uno dei difensori più anziani che Ronaldo ha dovuto affrontare in Italia, un difensore che davvero li ha visti e "assaggiati" tutti, da Marco van Basten a Maradona, da Batistuta a Inzaghi. Questo difensore è Pietro Vierchowod, che del Fenomeno diceva: "Forse è il solo giocatore che, sfidandomi in più occasioni quand'ero al massimo della condizione, avrebbe potuto beffarmi. Io, da giovane, ero troppo rapido per chiunque. Anche per i Batistuta, gli Inzaghi, i Del Piero di oggi. Ma Ronaldo ha veramente un altro passo".
Più o meno sulla stessa falsariga di Vierchowod, cercando di pescare nella memoria gli altri grandissimi contro cui ha dovuto scontrarsi, Alessandro Costacurta ci spiega in maniera più elaborata la difficoltà nel capire come arginarlo, perché Ronaldo era troppe cose insieme anche all'interno di una sola partita.
"Secondo me resta il più grande di sempre, il miglior attaccante che abbia mai visto. Meglio anche di van Basten, un giocatore veramente impossibile da marcare. Ne parlavo con un grande come Maldini, Ronaldo ci ha fatto fare una serie incredibile di "figure da cioccolatai". Vi assicuro che noi abbiamo marcato gente come Maradona, ma lui era assurdo. Lo marcavi stretto e lui ti chiamava la profondità, coprivi lo spazio per non dare la profondità e lui ti puntava in uno contro uno, era ossessionante".
Meno chiaro di Cannavaro, meno esperto di Vierchowod, meno descrittivo di Costacurta, Lele Adani in parole povere ci fa capire con una sola frase quello che voleva dire Ronaldo: "Ronaldo si gira e scappa, non ti resta che sparargli".
Era velocissimo, tecnico come pochi altri, lucido sotto porta, aveva una capacità incredibile di controllo della palla e del suo corpo, un ottimo tiro dalla distanza, sapeva giocare con i compagni, aveva scatto prolungato e rapidità nello stretto, conosceva il gioco e sprizzava d'immaginazione. Ah, segnava anche su punizione. Era inarrestabile.
Se inviti i tifosi e i calciatori di quella generazione a metterlo su un piatto della bilancia insieme ad altri campioni del passato e successivi a lui, molti risponderanno come ha fatto Sébastien Frey: "Vidi passare Ronaldo a un metro da me. Le generazioni di oggi non sanno cosa si sono perse. Dici Ronaldo e pensano a Cristiano. Non sanno che cosa è stato Ronaldo quello vero".
Per chiudere, bene lasciare la parola non a un difensore o un portiere che lo ha dovuto affrontare, ma al calciatore dall'ego senza confini, Zlatan Imbrahimovic. Anche lui però, quando pensa e parla di Ronaldo, sa dire solo questo: "Ronaldo non si è fatto, è nato per questo e si tratta di qualcosa per il quale non ti può allenare. Come Ronaldo non ci si diventa, ci si nasce. È davvero unico".