Le lacrime di Carlo Ancelotti e del figlio Davide: “Era il compleanno di mamma”, che non c’è più
L'abbraccio e la commozione di Carlo Ancelotti con il figlio, Davide. In mezzo alla tempesta di emozioni il battito del cuore fa da bussola, traccia la rotta, detta il ritmo del Real Madrid approdato in finale di Champions League. La quinta in assoluto (un record) per il tecnico di Reggiolo che in rimonta ha steso Paris Saint-Germain, Chelsea e poi la gioiosa macchina da guerra del Manchester City. Intuito, esperienza, un pizzico di fortuna che non guasta mai, risorse a cui attingere con fiducia (Camavinga e Rodrygo, decisivi anche contro gli inglesi) le variabili che hanno permesso ai blancos di essere lì dove la storia e le ambizioni del club lo richiedono.
A Saint-Denis, tra una ventina di giorni, si disputerà l'atto conclusivo di un percorso finora esaltante, scandito da discese ardite e risalite vertiginose. Questione di attimi che fuggono (la prontezza di Mendy nel respingere quasi sulla linea la conclusione di Grealish) e altri che vanno presi al volo, con destrezza e leggerezza (l'uno-due dell'attaccante brasiliano). Al resto ci pensano Benzema (glaciale dal dischetto) e la capacità dell'allenatore di gestire momenti come quelli vissuti al Bernabeu, dove in pochi minuti è cambiato tutto. Il dialogo di Ancelotti con Kroos e Marcelo, il conciliabolo sulle sostituzioni che possono avere una maggiore efficacia, le poche e rassicuranti indicazioni impartite al gruppo per non sovraccaricarlo emotivamente nei supplementari null'altro sono che il riverbero della "forza tranquilla".
Empatia e consapevolezza dei mezzi a disposizione prendono il sopravvento sulla meccanica procedurale di Guardiola, abbarbicato al suo mondo di movimenti studiati con precisione maniacale. La capacità di andare incontro all'imponderabile con un "piano b" nella manica e sorridere di rimando alla sorte (sia benevola o avversa) hanno fatto la differenza ancora una volta. Sursum corda, leviamo in alto i cuori è il messaggio potente che si cela dietro il successo e fa il paio con quegli occhi lucidi e un gesto d'affetto semplice.
A raccontare a Radio Cope l'emozione di quel frangente è stato Davide Ancelotti, svelando che la condivisione emotiva tra padre e figlio arrivava a corredo anche di un giorno speciale, una data dolorosa (come solo certi ricordi sanno essere anche nonostante il tempo) e felice al tempo stesso: "È vero, sia mio padre sia io ci siamo commossi – le parole del figlio di Ancelotti – per una questione di natura strettamente personale e familiare. Per noi quello di mercoledì era un giorno molto speciale, il compleanno di mia madre ed è stato un finale molto emozionante per entrambi". Luisa Gibellini, la prima moglie di Carlo e madre di Davide, è morta il 24 maggio di un anno fa a 63 anni per una di quelle malattie che non puoi battere con un gol al 90°.