Le inspiegabili disfatte dell’Italia agli Europei Under 21: siamo riusciti a fallire anche con loro
Per la Nazionale italiana di calcio oramai la storia si sta ripetendo in modo allarmante e tristemente ciclico: la selezione maggiore ha mancato l'appuntamento a due Mondiali consecutivi, l'Under 21 la segue da vicino, avendo mancato la qualificazione ai Giochi Olimpici e frantumato ogni sogno di Europeo. Un fattore che si ripete oramai da tempo immemore e che richiama altri epocali fallimenti, come quello del 2019. E così aumenta l'amarezza per l'ultimo flop targato Nicolato dopo il ko contro la Norvegia e la rabbia per una gestione che ha sempre più responsabilità precise visto che a distanza di anni, nulla sembra essere cambiato.
Restando alla cronaca recentissima, la sconfitta rimediata contro la Norvegia che di fatto ci ha escluso sia dal sogno Europeo che da quello olimpico, brucia come sale sulle ferite e ha scoperchiato ancora una volta criticità e problematiche le cui radici hanno profondità sempre meno nascoste e sempre più lontane. Non ci si può – né ci si deve – aggrappare all'imbarazzante gestione arbitrale nel debutto contro la Francia, sarebbe intellettualmente disonesto. Perché l'Italia in mano a Nicolato aveva tutto per decidere il proprio destino, contro Svizzera e Norvegia non certo due colossi insuperabili. Invece, già con gli elvetici il gioco ad intermittenza e il black out a inizio ripresa aveva mostrato segnali preoccupanti poi risaliti a galla contro i pari età scandinavi.
Incomprensibile ulteriore fallimento sulla carta perché guardando la rosa azzurra a disposizione, l'obiettivo minimo per proseguire oltre alla fase a gironi sembrava più che scontato. Un nutrito gruppo di giovani che si sono messi in mostra in questi ultimi mesi, dalla bravura indiscussa di Carnesecchi in porta, passando in difesa per i vari Lovato, Scalvini, Udogie, Bellanova. A centrocampo, il capitano e leader Sandro Tonali, insieme a Miretti, Ricci, Rovella. Mentre in avanti c'erano Gnonto, Colombo e Pellegri. Nessun vero fenomeno, ma giocatori certamente che sarebbero dovuti valere ben più di soli tre punti in tre partite.
Nulla a che vedere certamente con quanto di clamoroso accadde nel 2019 laddove in mano a Gigi Di Biagio c'era un'Italia Under 21 ancor più quotata e forte dove le stelle portavano i nomi di Barella, Kean, Zaniolo, Bastoni, Locatelli, Chiesa. Lo stesso Tonali, che oggi riassaggia il boccone amaro dell'esclusione. Allora, per differenza reti – oggi per la classifica avulsa – un Under di puro talento si trovò eliminata, cancellando un Europeo più che alla portata e perdendo di rimando anche i Giochi di Tokyo. Se ne parlò moltissimo, perché quell'Italia fece rumore, il ko promise scossoni e rilanci, avrebbe dovuto segnare una ripartenza obbligata e possibile. Il risultato? Oggi la Nazionale di calcio – intesa come movimento nel suo complesso – è ancora una volta fuori da tutto e ha il volto del perdente. Non ci si gioca una Olimpiade dal 2008, l'Europeo U21 non lo si vince addirittura dal lontanissimo 2004. Che qualcosa non stia tuttora funzionando è evidente e tocca la gestione tecnica, perché non si piò parlare solo di mancanza di talenti.
Ciò che manca in generale è la quasi cronica impossibilità di poter attingere a veri e propri vivai, di giovani che non solo vantino numeri e tecnica ma anche che possano arrivare in Nazionale con esperienza, giocando nei rispettivi club. La Federcalcio aveva provato ad ovviare con l'inserimento delle seconde squadre in Serie C per dare minuti e campo ai più giovani. Il risultato – anche in questo caso – è stato fallimentare con la sola Juve ad aver cavalcato l'onda. Si è cercato di lanciare appelli su appelli, soprattutto dalla Nazionale maggiore, ma anche qui il risultato è stato devastante con la convocazione di giocatori chiamati unicamente per mancanza di alternative concrete (il buon Retegui ne è specchio). E quando il talento arriva – vedi Zaniolo, Zaccagni o Kean per gli esempi più recenti – si riscontrano enormi difficoltà nel gestirlo.
Insomma, il ko dell'Under 21 è solamente la punta dell'iceberg che ancora galleggia incontrastato devastando le acque azzurre. Sarebbe bastato uno squillo di tromba, anche in assolo, per dare seguito alle parole e invece bisognerà attendere ancora, a lungo per rivedere un'Italia nel posto che storicamente le spetta. Non prima del 2026, se tutto andrà bene.