Lazio, Acerbi rivela: “Arrivavo alticcio agli allenamenti. Ho anche pensato di smettere”
Per un uomo come lui, che ha saputo resistere ed uscire da un problema ben più grave, l'infortunio rimediato prima della partita con il Genoa è una ‘passeggiata di salute'. Francesco Acerbi, classe '88, pedina fondamentale della Lazio di Simone Inzaghi e ormai nel giro della Nazionale di Roberto Mancini, ha raccontato il suo percorso ‘ad ostacoli' prima di arrivare ad essere uno dei centrali difensivi più forti della Serie A.
L'alcool e gli allenamenti
"Non avevo rispetto per me e per il mio lavoro, non avevo la testa da professionista – ha rivelato in una lunga intervista concessa a ‘L'ultimo uomo' – Spesso arrivavo alticcio al campo, dopo aver bevuto superalcolici la sera prima. Mi andava bene perché fisicamente sono sempre stato forte. Mi bastava dormire qualche ora e poi in campo rendevo comunque. Anche quando sono arrivato al Milan volevo solo giocare e divertirmi, non mi importava della pressione. Ero un po' ignorantello, non pensavo a fare una vita da professionista anche fuori dal campo".
I consigli dell'amico Paloschi
"Ho anche pensato di smettere. Non mi interessava più, non trovavo più stimoli. Lo dicevo al telefono a mia madre e anche a Paloschi (dopo il suo ritorno al Chievo, ndr). ‘Palo voglio smettere, non ce la faccio più. Dai Ace che cazzo dici? Tieni duro!', mi rispondeva lui. Io giocavo per mio padre. Ci teneva molto, forse troppo. Sicuramente più di me. Forse a volte puntava talmente tanto su di me che volendo farmi bene arrivava a farmi male. A farmi perdere la passione. Fatto sta che una volta che lui non c’è più stato io non avevo nessuno per cui giocare".
Il nuovo Acerbi
A far cambiare drasticamente la vita e la carriera di Francesco Acerbi arrivò una brutta malattia: "Il tumore è stata la mia fortuna e ringrazio Dio per averlo avuto. Ho scoperto di averlo nel luglio 2013, appena arrivato al Sassuolo. A tre settimane dall’operazione ero già in campo. Continuavo a comportarmi come prima, da non professionista, ma un giorno mi accorsi che qualcosa stava cambiando e alle serate cominciai a preferire gli allenamenti. Senza la malattia sarei finito in Serie B, o forse avrei smesso. Per fortuna però ho passato tutto questo, niente mi avrebbe potuto salvare. Nonostante i miei difetti, oggi sono felice della persona che sono diventato".