L’attimo in cui Ranieri si accorge dell’ovazione di 63mila persone ci ricorda perché tutti lo amano
Claudio Ranieri non s'era nemmeno accorto che sul tabellone dello stadio Olimpico era comparso il suo volto. Non aveva capito che quell'ovazione improvvisa, spontanea, ecumenica per aver coinvolto i tifosi della Roma e del Leicester, fosse rivolta a lui. Nemmeno immaginava, così preso dalla partita anche se accomodato in tribuna, che quello scroscio di mani fosse una testimonianza d'affetto. È perso nella lettura della partita perché è difficile resistere alla passione per il "mestiere" e la deformazione professionale ti frega sempre sul più bello.
L'ex tecnico di giallorossi e inglesi se ne accorge quasi distrattamente, volta di scatto la testa verso il maxi-schermo e gli occhi si fanno subito lucidi. Sorride senza far rumore, serra le labbra, prova a dissimulare quel groviglio di sentimenti che gli esplode nel cuore per la gratitudine dell'omaggio ricevuto poi si lascia andare. Agita la mano, si alza piano piano e lo fa con grande compostezza. Accenna appena a mettersi in piedi, quasi fosse un inchino per rendere grazia dinanzi a una tale attestazione di stima.
Romano di Testaccio e romanista fino al midollo. Tifoso da ragazzo poi calciatore e allenatore della ‘magica' nell'età della maturità e in diversi momenti della carriera. Icona in Premier League per aver condotto alla vittoria del titolo una squadra – il Leicester – sulla quale solo pochi pazzi e incalliti giocatori avrebbero scommesso a inizio stagione. La quota era di 5000 a 1 che, tradotto in termini sportivi, significava nessuna chance di successo realisticamente possibile.
Ranieri rese possibile l'impossibile: trasformò Vardy in un bomber implacabile, Riyad Mahrez e N'Golo Kante in due gioielli che avrebbero presto spiccato il volo. Le parole di José Mourinho alla vigilia della semifinale di Conference League chiariscono bene cosa abbia significato allora (e quale valore abbia anche oggi) quell'impresa. E perché lo stesso Brendan Rodgers, adesso sulla panchina delle Foxes, abbia condiviso il tributo dedicato a Ranieri nonostante il campo e il risultato (sotto per 1-0 dopo il gol di Abraham) lo tenessero incollato con lo sguardo sul terreno di gioco. "È un mito. In Premier c'è gente che ha vinto più di lui – spiegò Mou in conferenza -, ma il suo titolo è il più speciale di tutti".
La riprova è anche nel gioco di soprannomi che la stampa inglese gli ha cucito addosso: dal poco edificante Tinkerman (che gli avevano affibbiato ai tempi del Chelsea per i tentennamenti sulla formazione da schierare) a Thinkerman (tecnico che riflette bene e raramente sbaglia le scelte tattiche) fino a King Claudio per uno storico titolo. "Ho un forte legame professionale con il Leicester ma la fede calcistica è un'altra cosa, è legata alla mia infanzia – ha chiarito Ranieri -. E non posso tradirla". Lui vuole essere solo Sor Claudio. E va bene così, senza parole.