L’arbitro Benevenuto fa coming out: “Sono gay, non siete migliori di me perché vi piacciono le donne”

Infermiere e volontario in ospedale. Arbitro per passione anche se il mondo del calcio, con i suoi pregiudizi e un maschilismo imperante, è quello che più ha odiato. Igor Benevenuto, 41 anni, brasiliano, è il primo direttore di gara internazionale della Fifa a dichiarare pubblicamente di essere gay.
"Adesso mi sento finalmente libero", ha ammesso in un podcast per la rete Globo squarciando il velo su una vita di ‘bugie bianche', quelle dette a fine di bene per proteggere se stesso e per il timore del giudizio della famiglia molto religiosa, e quelle che servono per sopravvivere in un ambiente nel quale l'orientamento sessuale è un tabù molto forte.
‘Dottor Gravatinha' è il nome di battesimo in corsia quando, truccato da pagliaccio e con al collo una cravatta molto colorata, dona un po' di felicità ai bimbi che sono ricoverati per diverse patologie nel nosocomio di Belo Horizonte. Arriva e porta loro il sorriso. Nel periodo più nero per l'emergenza Covid in Brasile, con il calciatore paralizzato, non ha esitato a fare ciò per il quale ha studiato: ha lavorato in prima linea nell'Unità di Pronto Soccorso nella città di Sete Lagos (Minas Gerais).

Cos'altro dovrebbe spaventare una persona che, quotidianamente, sta a contatto con la sofferenza? Perché continuare ad avere paura quando ha imparato a combattere la paura (quella che legge negli occhi dei pazienti) e lo smarrimento delle persone? Perché dovrebbe sentirsi diverso, sminuito, non ‘normale' rispetto a chi è etero? La migliore risposta è nelle sue parole: "Gli altri, quelli che si dicono ‘normali', non sono migliori di me solo perché a loro piacciono le donne. Sono cresciuto con calcio, uno sport pieno di machismo e per starci dentro ho dovuto nascondermi".
Benevenuto ha scelto di fare l'arbitro dopo Usa '94. La folgorazione gli è venuta in quell'edizione del Mondiale che per l'Italia è ancora un ferita aperta. La figura del direttore di gara e la rinnovata colorazione delle divise, passate dal nero a sfumature più vive, furono una sorta di illuminazione. Ma al tempo stesso hanno rappresentano a lungo anche la sua nota di dolore.

"Sono consapevole di essere gay fin dall'adolescenza ma ho dovuto mostrarmi diverso da come sono per proteggermi da violenza fisica ed emotiva nel calcio e nella vita privata. Recitavo una parte ma per me era un'autentica tortura".
Ora non ha più bisogno di mentire, nemmeno a se stesso e del mondo del calcio racconta una amara realtà. "Ci sono molti omosessuali ma la maggior parte preferisce non rivelarsi e magari vivere una doppia vita pur essendo sposati. Ma noi meritiamo il diritto di vivere normalmente". Come tutti, con amore.