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“L’anno scorso ho detto no a Guardiola”: Bonucci racconta la telefonata che ha infranto il sogno

A 34 anni Leonardo Bonucci è destinato a terminare la sua carriera con la maglia della Juventus, di cui è tornato ad essere un perno dopo la breve ed infelice parentesi col Milan. Ma la storia sarebbe potuta andare diversamente qualora il difensore viterbese avesse ceduto alla corte insistente di Pep Guardiola: assalti ripetuti, l’ultimo recentissimo.
A cura di Paolo Fiorenza
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Stasera la Juventus sarà impegnata in Champions League contro il Chelsea all'Allianz Stadium: una sfida tra le due capoliste del girone, vittoriose all'esordio rispettivamente contro Malmoe e Zenit. Al centro della difesa bianconera ci sarà come sempre nelle partite importanti Leonardo Bonucci, che avrà il suo bel daffare nel cercare di contenere lo spauracchio Lukaku, affrontato l'anno scorso in Serie A quando il belga indossava la maglia dell'Inter.

"Lukaku ha dimostrato di essere un attaccante completo, può vincere le partite da solo – racconta il difensore viterbese a The Athletic – Quando ti scontri con lui devi restare concentrato per 100 minuti a partita. Sfortunatamente per noi difensori, non possiamo liberare il cervello nemmeno per 10 secondi perché quei 10 secondi potrebbero essere letali. Non devi mai ingaggiare Lukaku in una battaglia fisica o giocare a stretto contatto con lui. Se gli lasci prendere posizione e ti supera, non sarai in grado di uscire e anticipare quello che sta per succedere".

Sentire parlare Bonucci significa ascoltare un professore della difesa, il 34enne evidenzia le cose che dall'esterno non si vedono se non si è competenti della materia: "Le persone che ci giudicano, come i giornalisti, spesso trovano difficile individuare i piccoli dettagli che differenziano un difensore dall'altro. Un intervento in scivolata attirerà l'attenzione più di me che grido a un compagno di squadra di fare un aggiustamento. Ma il mio urlo è più importante perché aiuterà il mio compagno di squadra a prendere una decisione migliore. Lui può quindi evitare di dover effettuare quella scivolata,  perché io l'ho avvertito del pericolo che prima non vedeva. Questo è il genere di situazioni che le persone che vivono e respirano quotidianamente il calcio sanno leggere. Forse è più difficile per quelli all'esterno che non possono guardare l'allenamento tutti i giorni e gli sfuggono i dettagli più fini. Molte delle persone che ci giudicano e parlano di calcio non hanno mai giocato prima e questo ha l'effetto di cambiare il giudizio di un giocatore".

Questa lezione di difesa spiega perfettamente perché un grande studioso della materia calcistica come Pep Guardiola abbia fatto di tutto, a più riprese, per portare Bonucci al Manchester City: "Ho avuto questo sogno di essere allenato da Pep. Il momento in cui siamo stati più vicini è stato nel 2016. Ero sul punto di andare al City. Eravamo agli ultimi dettagli, poi la Juventus ha deciso di non vendermi. Abbiamo deciso di restare insieme. Poi quando sono andato al Milan sarei potuto andare al City, ma molte cose dovevano andare a posto perché succedesse. E avevo dato la mia parola al Milan. L'anno scorso ho parlato di nuovo con Pep. Mi voleva ma gli ho detto: ‘La Juventus è casa mia. Sono felice qui, mi sento a casa'. Volevo recuperare il terreno perduto andando al Milan per una stagione. Tornare ad essere un simbolo della Juventus è la cosa più eccitante che potessi fare nella mia carriera in questo momento". Una sfida che l'avvio di stagione disastroso dei bianconeri rende ancora più complicata: sono questi i momenti in cui Allegri ha bisogno di gente come Bonucci.

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