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Guerra in Ucraina

L’angoscia di Kravets, dal calcio al fronte: “Voglio andare in guerra anche se non so sparare”

Vasyl Kravets è pronto a tutto pur di aiutare la sua Ucraina nella guerra contro la Russia. Il giocatore partirebbe anche subito per combattere per il suo Paese.
A cura di Marco Beltrami
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Sono ore terribili per il popolo ucraino. Chi è rimasto in patria deve far fronte e cercare rifugio dopo l'invasione e i bombardamenti delle truppe russe, mentre chi per vari motivi vive ormai lontano dalla sua terra segue con estrema preoccupazione l'evolversi delle vicende relative alla guerra. Sono tanti a tal proposito i calciatori ucraini che a mezzo social, o con iniziative in campo (vedi Malinovskyi che ha mostrato una maglia con un invito a cessare le ostilità) hanno fatto sentire la propria voce. C'è chi sarebbe pronto a tornare subito in patria per combattere e difendere la patria.

Si tratta di Vasyl Kravets terzino sinistro ucraino in forza allo Sporting Gijon, formazione che milita nella Serie B spagnola. Il classe 1997 dopo i messaggi a sostegno del suo Paese sul suo profilo Instagram, in un'intervista alla stampa iberica, ad A Diario su Radio Marca, ha esternato tutta la sua preoccupazione per le sorti dei suoi connazionali. Dito puntato contro il presidente russo Putin: "Stanno uccidendo persone, civili, negli ospedali… è tutta colpa di Putin , non voglio dire che è colpa della Russia, ma di Putin. Siamo un Paese che vuole vivere in pace. Non vogliamo attaccare chiunque, vogliamo vivere bene e con calma".

Kravets, che ha effettuato tutta la trafila nelle nazionali ucraine senza però collezionare presenze in quella maggiore, è pronto a mettere da parte il pallone. Il grande amore per la sua terra non lo fa tentennare, e Kravets sarebbe pronto anche a combattere in trincea: "Dico la verità: voglio andare in guerra e aiutare il mio popolo . Ma non posso aiutare perché non so sparare, come muovermi, come ricaricare una pistola… ma la verità è che voglio aiutarli. È d'obbligo per il cuore degli ucraini".

Il calciatore che alla luce del suo stato d'animo ha ricevuto uno speciale permesso dal suo club per non allenarsi, partirebbe anche subito se dipendesse da lui: "Quasi tutti i nostri aeroporti sono bloccati. Se il mio Paese ha bisogno di tutti per difendersi, parto. Parlerò con lo Sporting e partirò". Meglio combattere per Vasyl che restare a chilometri di distanza dai suoi affetti: "Non dormo affatto. Mia madre mi chiama, sente degli spari… Mi sto allenando ma penso solo al mio Paese, alla mia famiglia… Mia moglie piange 8 o 10 volte al giorno, è incredibile. Stanno bene ma sono spaventati a morte".

E non manca anche un appello agli altri Paesi affinché non lascino sola l'Ucraina e la difendano anche militarmente dalla Russia: "Qualche Paese deve entrare in Ucraina con le sue armi. Siamo forti ma abbiamo bisogno di aiuto. Non vogliamo morire e non vogliamo uccidere".

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