L’anatema di Calhanoglu sui milanisti dopo lo scudetto: “Dio ha voluto così, non meritavo quello che ho subito”
La vendetta è un piatto che va servito freddo. Hakan Calhanoglu lo aveva già pronto e lunedì sera, dopo la vittoria nel derby col Milan che è valsa la conquista matematica dello scudetto, l'ha messo in tavola con tanti saluti a chi, sotto l'altra metà del cielo di Milano, lo aveva definito traditore. Aveva lasciato i rossoneri a parametro zero per dire sì alla proposta dell'Inter e due anni fa, quando a conquistare il titolo fu il ‘diavolo', divenne il bersaglio preferito dei tifosi e perfino di Zlatan Ibrahimovic che, a bordo del bus scoperto per le celebrazioni, impugnò un microfono e aizzò la folla urlando "mandategli un messaggio".
Adesso è il turco a rispedire tutto al mittente. Gode per il trionfo in campionato (è il primo della carriera) ma non si lascia avvelenare dal rancore che pure fa capolino. Rischierebbe di rovinare tutto, non vuole. Meglio esultare per la gioia e le proprie fortune che per i rovesci degli altri, quelli tinti di rosso e di nero. Ma non dimentica.
"La vittoria per me è stata una grande rivincita", dice nell'intervista a Il Giornale. È un concetto che ci tiene a rimarcare, chiarire, spiegare perché il momento giusto è adesso. Ora può togliere qualche sassolino dalla scarpa e scagliarlo contro i suoi detrattori. Ora può prendersi la soddisfazione di urlare la propria rabbia e lasciare che con essa scorrano via cattivi pensieri, altri taciuti, parole non dette, sfoghi bloccati e quella voglia matta di zittire chi lo ha avversato nell'unico modo opportuno: coi risultati del campo.
"Ho sempre sognato di conquistare lo scudetto con un grande club – ha aggiunto . Farlo con l'Inter per me ha avuto un valore speciale. Anzitutto, perché mi ripaga della sofferenza che provato quando sono arrivato qui e il titolo è andato al Milan. Come faccio a non pensare a tutto quello che è stato fatto a me e alla mia famiglia, alle cose che abbiamo subito? Ho fatto l'unica cosa giusta: stare in silenzio e concentrarmi solo sul lavoro. Sapevo che sarebbe arrivato il momento del riscatto. Così è stato e questo successo mi ripaga di tutto".
Negli occhi e nella testa ha ancora le immagini della partita, lo spettacolo delle coreografie, il boato del pubblico di fede interista esploso ai gol di Acerbi e di Thuram, il finale incandescente con adrenalina e sangue caldo che hanno scandito gli attimi tensione in pieno recupero, poi il triplice fischio e la felicità, le lacrime per l'emozione più bella provata in carriera. "Era tutto scritto. Dio voleva così perché lui sa che io non ho meritato quello che mi hanno fatto".